Il buon paese

Pane Carasau: il lato croccante della Sardegna

20 Set 2016 - 09:52
 © ufficio-stampa

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La storia e l'etimologia - Il colore del granito e i monti di Oliena, le valli, i pascoli montani e i boschi di leccio e ginepro decidono i tratti di una vasta regione all'interno della Sardegna. I discendenti delle popolazioni nuragiche e prenuragiche hanno abitato per millenni questi luoghi tanto difficili da conquistare quanto affascinanti. È la Barbagia (in sardo Barbaza), una regione storica che si appoggia ai fianchi del massiccio del Gennargentu e che ora ha la città di Nuoro come capoluogo. In questa regione è nato uno dei prodotti tipici più riconoscibili della regione. Un pane la cui storia risale, secondo alcuni ritrovamenti, addirittura all'età del bronzo e che, benché originario della Barbagia, è ora diffuso in tutta l'isola. Non solo; conosciuto in tutta Italia è stato riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tipico italiano (PAT).

Questo pane viene chiamato anche carta musica o carta da musica, per il suono che la sua croccantezza produce durante masticazione. Il suo curioso nome deriva dal verbo "carasare" che indica la tostatura finale che dà al pane la sua particolare friabilità. Croccante e fine, è prodotto con pochi semplici ingredienti: lievito, acqua, sale e farina di grano duro. Nonostante questa apparente semplicità la sua preparazione non è affatto facile e, anche se prodotto con pochi ingredienti, ne esistono molte diverse varianti sparse per tutta la Sardegna. Il pane 'e fressa di Ovodda, come quello di Austis e quello prodotto a Tiana sono particolarmente celebri per la finezza. Anche se esistono delle ricette che si possono seguire, preparare il Pane Carasau in casa non è affatto semplice, anche a causa della lunghezza particolare della preparazione. Gustare questo pane, comunque, non è difficile poiché è ormai diffuso e commercializzato in tutta Italia.

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Come si prepara - Il ciclo intero di lavorazione in dialetto sardo viene chiamato "Sa Cotta": un vero e proprio rito familiare che anticamente veniva praticato dalle donne. Nella prima fase (s'inthurta), che tradizionalmente avviene prima dell'alba, il lievito precedentemente sciolto viene unito alla farina setacciata. L'impasto viene quindi lavorato a mano su un tavolo (cariare), coperto con teli, fatto riposare (Pesare) e quindi suddiviso in parti più piccole, chiamate sestare od orire, che vengono a loro volta lasciate levitare. Con l'aiuto di piccoli mattarelli (canneddos) e con le nocche delle mani la pasta è quindi ulteriormente lavorata fino a farne dei dischi che vengono appoggiati su appositi panni (Illadare). La fase del Kokere è quella della cottura la forno in cui il pane si gonfia per il calore e si divide in due strati che, una volta sfornati, vengono divisi con un coltello (fresare o calpire). Una seconda cottura, chiamata Carasare, conclude la preparazione e dona al Pane Carasau la sua caratteristica croccantezza.

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In cucina - Può essere mangiato in molti modi differenti e si presta a diverse interpretazioni. Oltre a poter essere gustato al naturale, secco, uno dei modi più diffusi in cui viene consumato lo vede ammorbidito dall'acqua e accompagnato da salumi, così come da formaggi o da verdure. Con l'aggiunta di semplici ingredienti, però, il Pane Carasau sa donare gusti inaspettati. Citiamo qui le due preparazioni tipiche più conosciute: il pane guttiàu (bagnato con alcune gocce d'olio e leggermente cotta in forno o alla griglia) e il pane frattàu che, una volta pronto, ha quasi l'aspetto di una lasagna. Le sfoglie di pane, dopo essere state leggermente bagnate in acqua bollente, vengono infatti intervallate da strati di sugo e formaggio pecorino grattuggiato.

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