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Non tutti sanno che il risotto alla monzese, o risotto con luganega, è legato a una antica leggenda, di cui è protagonista è la perfida strega Giubiana. A questa tradizione si collega anche l'usanza per cui ogni anno, a fine gennaio, migliaia di brianzoli scendono nelle piazze dei propri paesi per appiccare il fuoco a un enorme fantoccio raffigurante la strega. L'usanza è molto sentita, ma pochi sanno che la ricorrenza racconta la nascita di uno dei piatti più squisiti della cucina lombarda: il risotto alla monzese, o risotto con luganega.
Se, come me, siete cresciuti in Brianza, avrete probabilmente dei sentimenti contrastanti nei confronti di questo piatto: da un lato è talmente gustoso che si può non amare, dall'altro probabilmente lo associate alla spaventosa figura della Giubiana, protagonista, grazie ai racconti delle nostre nonne, di tanti incubi.
Secondo la tradizione, la Giubiana era una strega mostruosa dotata di gambe sproporzionatamente lunghe. Girava per i boschi camminando di albero in albero, senza mai toccare il suolo. Una delle sue occupazioni predilette era quella di rapire i bambini per cibarsene. Si nascondeva sugli alberi e quando un bambino ignaro percorreva il sentiero sottostante, lei lo ghermiva con le sue mani artigliate e lo issava fino a sé.
Questa era la spaventosa storia che tante nonne (fra le quali la mia) raccontavano ai bambini per non farli avventurare troppo nei boschi. Quando era particolarmente affamata, la Giubiana si spingeva fuori dal bosco, dove, sempre grazie alla sua altezza, riusciva a raggiungere anche le finestre più alte per catturare i bambini che dormivano pacificamente nei propri letti.
E cosa c'entra il risotto con la salsiccia? Ci siamo quasi. Un giorno una madre, spaventata per il possibile rapimento del figlio, decise di ingannare la Giubiana. Cucinò un enorme pentolone di riso allo zafferano, cui aggiunse la salsiccia, così da rendere gusto e aroma assolutamente irresistibili. Al calar della notte, la strega, attirata dal profumo, finì per dimenticarsi dei bambini, e si concentrò sul risotto. Il pentolone era talmente grosso (come un bambino), che la Giubiana impiegò tutta la notte per mangiarlo e, presa dalla gola, non si accorse dell'alba che sorgeva alle sue spalle. Fu così che la strega fu colta di sorpresa dai raggi del sole che la uccisero. Tutto questo deve essere accaduto una notte di gennaio, perché è in quel periodo che in decine di paesi della Brianza l'evento è commemorato con un enorme rogo della strega, seguito spesso da una discreta abbuffata di risotto con la salsiccia.
Crescendo, ho scoperto che ci sono alcune ragioni molto più razionali all'origine di questa tradizione, che probabilmente affonda le sue radici in alcuni riti precristiani antichissimi. La Giubiana, il cui nome deriva forse da Giunone, l'antica dea della terra, rappresenta il suolo povero dell'inverno che, con questo rituale, è fertilizzato simbolicamente dalle sue stesse ceneri, preparandosi a donare frutti durante la bella stagione. Io però continuo a preferire la versione della storia raccontatami da mia nonna, nonostante evochi le mie paure di bambino. Il motivo è molto semplice: c'è il risotto.
In collaborazione con Lorenzo Vinci