IMPATTI ECONOMICI

Pastifici in crisi per rincari di energia e materie prime

Anche se da Russia e Ucraina arriva meno dell’1% del fabbisogno di grano duro per la pasta italiana, gli aumenti straordinari mettono a rischio la sopravvivenza di un settore

04 Mar 2022 - 07:00
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In questi giorni stiamo assistendo impotenti alle tragiche immagini che ci arrivano dall’Ucraina nell’invasione russa iniziata il 24 febbraio 2022. In un mondo globalizzato, e ce lo ha già insegnato la pandemia, nessun Paese può sentirsi escluso, in quanto coinvolto nell’apparato di conseguenze sociali ed economiche.

Una di queste è l’aumento del costo dell'energia per la produzione di beni necessari come pasta e pane. La guerra tra Russia e Ucraina non ne intacca la produzione secondo i pastai di Unione Italiana Food, i quali ricordano che dall’Ucraina non è stato importato grano duro nel 2021, mentre quello arrivato dalla Russia nello stesso periodo rappresenta meno del 3% delle importazioni e meno dell’1% sul fabbisogno totale dei pastai.

Il Paese che in questi giorni sta vivendo una terribile sofferenza è tra i principali produttori di grano tenero, materia prima da cui si ricava la farina utilizzata come ingrediente di pane, dolci, pizza o mangimi per animali. 

La confusione tra queste due materie prime ha alimentato un flusso di informazioni contraddittorie nei giorni scorsi. Era necessario fare chiarezza per non creare preoccupazione e allarmismo tra i consumatori”, spiega Luigi Cristiano Laurenza, Segretario dei Pastai Italiani di Unione Italiana Food.

Oltre al grano tenero, ricorda Unione Italiana Food, ad essere interessati dal conflitto sono anche altre materie prime agricole come mais o soia. “In un’economia globale le oscillazioni di una commodity trascinano inevitabilmente le altre, per questo non possiamo purtroppo escludere che il conflitto possa avere effetti indiretti anche sulla pasta”, afferma Laurenza. 

Il settore della pasta, fiore all’occhiello della nostra produzione, conta 120 aziende, molte di tradizione centenaria, che danno lavoro a oltre 10.000 persone, e oggi si trova a fare i conti con una crisi senza precedenti, a causa dei cambiamenti climatici, della speculazione internazionale e della corsa all’accumulo di beni essenziali da parte di alcuni Stati. Ad aggravare maggiormente la situazione è l’aumento del costo del petrolio e dei materiali da imballaggio, che ha costretto le aziende a fronteggiare l’inflazione più alta dal 1995. 

Inoltre, per lo sciopero dei trasportatori, a febbraio alcune aziende sono state costrette a chiudere temporaneamente le proprie linee di produzione per mancanza di materie prime o per impossibilità di consegnare il prodotto finito, causando danni per milioni di euro non solo alle imprese ma a tutto il tessuto sociale che ruota attorno a esse.

Anche se voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti.”

Oggi più che mai quel celebre verso di Fabrizio De Andrè risuona con sincerità disarmante e profetica, soprattutto in un villaggio globale (per dirla alla McLuhan) in cui sembra sempre più evidente come l’equilibrio di ogni nazione sia legata a un filo sottile, in una complessa rete di interdipendenze

Di Indira Fassioni 

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