Percorsi Stellati

Marco Sacco: "la mia cucina è divertente, giovane e colorata"

28 Apr 2016 - 09:53
 © ufficio-stampa

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Lo chef Marco Sacco racconta di essere cresciuto nella zona di passaggio tra la sala e la cucina del ristorante: niente di più vero, infatti Marco Sacco, classe 1965, è figlio d’arte, quella culinaria, s’intende. Sono stati i genitori ad aprire, più di 40 anni fa, il Piccolo Lago, ristorante che oggi, sotto la guida dello chef, vanta due stelle Michelin, conquistate rispettivamente nel 2004 e nel 2007.

Un'esperienza non comune quella del “Piccolo”, come lo chiamano affettuosamente gli habitué, a partire dalla location, che si affaccia come la prua di una nave sulle acque trasparenti del lago di Mergozzo. In questo luogo, si dice, ci si innamora facilmente: dei piatti, dell'eleganza, della calda atmosfera che si respira tra i tavoli, del placido silenzio del lago, della vista delle montagne.

Viaggiatore instancabile, Marco Sacco è un uomo per cui il cibo è la chiave per comprendere, conoscere e amare la vita. Ingredienti attenti al valore delle materie prime, non solo italiane, si mischiano contaminati da luoghi e storie vissute nel territorio e all'estero. La sua seconda casa è il mondo, in particolare l'Estremo Oriente, dove si reca spesso in qualità di ambasciatore della grande cucina Italiana.

Qual è la prima cosa che fai la mattina quando ti alzi?
Rivolgo subito lo sguardo a mia moglie accanto a me, assicurandomi ci sia ancora, così comincio la giornata con un sorriso. Poi mi alzo e punto le montagne della Val D'Ossola e il lago di Mergozzo: sono i miei punti di riferimento, la mia bussola. Mi fanno sentire a casa e mi danno serenità.

Quando inizia la tua giornata tipo e quando finisce?
Ogni giornata segue precisi rituali: comincia alle 9 e finisce in verso l'1, o le 2 di notte. Parto sempre con caffè e riunione lo staff del Piccolo Lago. Il primo pensiero va alla cucina, il secondo è invece rivolto alla gestione del mio lavoro: la serata al ristorante e gli impegni esterni. Verso le 17, mi concedo un'ora di relax, perché poi fino alle 24 regna la massima concentrazione e organizzazione, comincia lo spettacolo: c'è il mio pubblico, gli ospiti del ristorante, e con i miei ragazzi cerco di creare per loro un'esperienza difficile da dimenticare. Scarico la tensione solo verso mezzanotte: ogni sera mi concedo un gin diverso, al peperoncino, al lime, al curry malese, al pepe lungo che viene dal Sud dell'Asia.

Qual è il primo piatto che ti ricordi di aver cucinato?
Il risotto con i funghi, avevo 9 anni. Rappresenta il mio rito di iniziazione in cucina. Mio padre mi mise a disposizione una cassetta dell'acqua come gradino. Mi sono sentito importante: potevo finalmente controllare cosa stesse succedendo sui fuochi. Io giravo quel risotto in continuazione. Che caldo! Indimenticabile.

E quale ha avuto più successo?
La Carbonara au Koque, senza dubbio. Dimentica la classica ricetta: questo è un piatto che nasce per incuriosire, far divertire, ma soprattutto far godere il palato del mio ospite. Ho sostituito il classico guanciale con il prosciutto “Vigezzo Marco Sacco 42”, prodotto eccezionale stagionato per 30 mesi e lavorato per 42 volte prima di essere mangiato, i tajarin all'uovo al posto dei bucatini. Infine ho osato con un tocco ardito: una salsa al gin in un ovetto rotto, che i commensali versano direttamente sulla pasta.

Descrivi la tua cucina in tre aggettivi.
Divertente, giovane e colorata. Coinvolgente.

Se fossi un film, che film saresti?
Indiana Jones! Sono un esploratore di indole, per me la cucina è avventura, un percorso di scoperta, sempre alla ricerca dell'Arca Perduta.

Se fossi una canzone, che canzone saresti?
Un jazz senza spartito, pieno di ritmo e swing: musica improvvisata, viscerale, ogni volta diversa a seconda dell'ispirazione e dell'umore.

Qual è il giudice che temi di più?
Non ho dubbi: i giudici supremi sono i clienti che vengono al ristorante, che devono decidere se tornare o no. Non le recensioni su Trip Advisor né il parere di un critico del settore, perché questo fa parte del gioco delle parti, del mio mestiere.

Qual è il tuo ristorante preferito?
Ogni luogo ha un punto di riferimento culinario. Se sono a Verbania “Il Fior di latte”, che fa una pizza ottima, a Copenaghen il “Geranium”. Se sono ad Hong Kong invecenon posso non andare all'”Isola”; in Sud America da “Elena”, ristorante dell'Hotel Four Seasons a Buenos Aires.

Qual è un tuo difetto?
La testardaggine, ci vuole tanto tempo prima che mi convinca a cambiare idea. Devo sbattere la testa più volte.

E un tuo pregio?
La generosità. Mi piace esser d'aiuto agli altri.

Cosa avresti fatto se non avessi fatto il cuoco?
Il viaggiatore. In parte lo sono già, ma vorrei avere la totale libertà di girare il mondo senza meta e senza obblighi. Oppure l'architetto: mi piace ideare, progettare, creare. Quello che già faccio con i miei piatti.

PICCOLO LAGO
Via Filippo Turati, 87
28924, Verbania (VB)
T 0323 586792
info@piccololago.it

Aperto tutte le sere da martedì a domenica, sabato e domenica anche a pranzo.

Di Indira Fassioni per nerospinto.it
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