E' uscita l'autobiografia del rocker americano. Dove la storia di una carriera straordinaria si intreccia alla vita (con alti e bassi) di un uomo della provincia americana
di Massimo LongoniE’ stato definito “il futuro del rock”. Da quella definizione sono passati 41 anni e il futuro si è fatto storia. Che Bruce Springsteen ha ora racchiuso di suo pugno nelle oltre 500 pagine di “Born To Run”, l’autobiografia appena pubblicata. Un libro nel quale Springsteen racconta la sua straordinaria carriera ma soprattutto offre ampio spazio agli aspetti umani e privati della sua storia, senza nascondere debolezze o fragilità.
Per i fan di Springsteen la sua autobiografia è stata per anni il Santo Graal. Per questo, mesi fa, l’annuncio della pubblicazione di "Born To Run" ha scatenato un’attesa spasmodica. Libri sulla vita del Boss ce ne sono stati, uno su tutti il corposo “Bruce” di Peter Carlin, biografia minuziosa e ricca di dettagli. Ma sentire la storia raccontata dal protagonista principale è tutto un altro paio di maniche. E l'attesa non è andata delusa. Per almeno due motivi. Il primo di forma. Il rocker ha preso su di sé tutto il peso dell’impresa, senza affidarsi a scrittori più o meno occulti. E misurandosi sulla lunga distanza dimostra di saper maneggiare le dinamiche di un Paese e dei suoi protagonisti bene come ha fatto per 40 anni nelle canzoni realizzando un'opera che va oltre la classica bio a uso e consumo del fan accanito. Anche perché "Born To Run" è tutto fuorché un'agiografia.
E qui si arriva al secondo motivo di interesse, quello di sostanza. Prima ancora di essere la storia della rockstar Bruce Springsteen, "Born To Run" è la storia dell’uomo Bruce Springsteen. Dall’infanzia a Freehold al salto a New York, dai primi tentativi di trovar fortuna a Los Angeles al trasferimento in anni recenti con la famiglia, fino al ritorno a casa (o quasi), sulla costa Est. Ne esce lo spaccato di 50 anni di storia della provincia (e non solo) americana e la vicena di un uomo che ha dedicato alla musica tutta la propria vita riuscendo a realizzare il proprio sogno. E' così che è uscito da “una città piena di perdenti per andare a prendersi la propria vittoria”. Ma non è tutto oro quello che luccica. E i lati bui Bruce non solo non li nasconde ma li mette in grande evidenza, tanto che il suo sembra un deliberato tentativo di demolizione del “santino” che milioni di fan, ma anche i media, hanno fatto di lui, per presentarsi nudo con tutti i suoi difetti, fragilità e debolezze.
Una volta assurto al ruolo di rockstar planetaria, Springsteen ha dovuto convivere con la contraddizione, da molti sottolineata e brandita come una clava, tra essere il cantore degli umili e degli esclusi e al contempo un miliardario appagato con le sue residenze da sogni e i cavalli comprati per la figlia. Springsteen usa il libro per dimostrare che non è tutto oro quello che luccica e che il buio si può nascondere anche dietro la più dorata delle esistenze. Quindi se cercate la descrizione di come è nata questa o quella canzone o bramate l’aneddoto del tal concerto o tour, il rischio è di rimanere delusi. In compenso Bruce vi farà entrare nei recessi più intimi del suo animo. Con un ampio spazio degli ultimi capitoli dedicato alla depressione che lo ha colto negli ultimi anni. Lui che per tutti da sempre è “Il Boss”, ne esce come una persona costretta ad affidarsi agli psicofarmaci per tenere saldo il contatto con la realtà, spaventata dal tempo che passa, insicura e inaffidabile di fronte ai legami affettivi.
Tolta la velina del mito, molti passaggi della sua carriera assumono così un significato diverso. Per esempio i mitologici concerti da 4 ore e passa diventano il personale antidoto contro vecchiaia e depressione, il mezzo per sentirsi vivo. Mentre nel parlare del ritorno con la E Street Band dei primi anni 2000, lo definisce "revival" e non una reunion. Si percepisce che lui ne avrebbe fatto forse a meno o l'avrebbe condotto diversamente, ma in fondo anche il pubblico ha le proprie esigenze... E la stessa E Street Band entra nel sincero gioco del disvelamento. Il chiaro-scuro di alcuni caratteri emerge più di altri, così come le tribolazioni personali. Ma è soprattutto il binomio tra Bruce e il gruppo, per molti fan inscindibile, a essere messo in qualche modo in discussione. Perché se il musicista sottolinea più volte il carattere imprescindibile di una band fatta di amici e compagni per la vita, decisiva ai fini del suo successo, allo stesso tempo svela le crepe in un gruppo di musicisti "alle dipendenze", che non lesinano mugugni e scontentezze e battono cassa per avere un compenso più robusto. Una band che Bruce non esita a lasciare fuori dalla porta nel momento dell'ammissione alla Rock'n'Roll Hall of Fame. Una scelta lacerante e deludente per qualcuno, ma che lui rivendica e racconta senza reticenze. Tutto in un gioco di ruoli la cui chiarezza è sempre stata alla base del rapporto tra Springsteen e i propri musicisti: "io il Boss, voi la mia band". Ma insieme una macchina da guerra del rock.
Perché a volte non serve la perfezione, la giusta alchimia tra talenti e difetti può dare qualcosa di straordinario. Come la vita racchiusa in questo libro.
Bruce Springsteen
“Born To Run”
Mondadori
536 ppgg
23,00 euro