Il saggio, scritto dal giornalista Miska Ruggeri, affronta il tema del recupero delle due lingue nelle scuole italiane
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"Il versante umanistico - letterario e linguistico - della cultura nazionale, considerato ormai da parecchi (che follia!) superato e improduttivo, è dunque allo sfascio". È così che esordisce il giornalista Miska Ruggeri nel saggio Giù le mani dal Liceo classico. Un manifesto reazionario (ed. BookTime, 56 pp., 6 euro), ponendo al centro di uno scenario apocalittico il liceo classico, "la scuola d'eccellenza della nostra tradizione fin dall'Unità d’Italia, "sempre più snaturato e sempre meno frequentato".
Nel pamphlet l'autore affronta il tema del recupero nelle scuole del greco e del latino, dalla sintassi alla letteratura, dalla grammatica alla filosofia. Rispondendo a un libro del filologo classico Maurizio Bettini (A che servono i Greci e i Romani?), Ruggeri sottolinea l'importanza dell'antichità classica nella nostra memoria culturale e critica la modernizzazione e lo svecchiamento del latino e del greco nelle scuole italiane, comprese quelle a indirizzo umanistico: "Se perdiamo Virgilio, perdiamo inevitabilmente anche Dante".
Per il giornalista la perdita dei classici si innesta poi in una questione più ampia, ovvero il modo in cui è stata "maltrattata" l'istruzione in Italia a partire dal Dopoguerra: "dal 1968 a oggi, di riforma in riforma", si legge nel saggio di Ruggeri, "c'è stata la sfilza dei ministri di sinistra che ogni volta avevano la pretesa di cambiare il piano di studi" e, in questo modo, "il livello dell’istruzione è calato drammaticamente".
Per salvare la scuola italiana e il liceo classico, secondo l'autore, "basterebbe, sic et simpliciter, tornare a Giovanni Gentile e al buon vecchio liceo severo e aristocratico nel senso etimologico della parola da lui disegnato: è un dovere improcastinabile, l'unica possibilità concreta per ribaltare la cultura del facilismo, del risultato senza sudore".