"Il regista più importante di quest’epoca" ha voluto raccontare la sua vita. Per farlo si è avvalso dell'aiuto della penna di Kristine McKenna, sua amica e giornalista
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"Ci sono un mucchio di stronzate su di me, sui libri e su internet. Ho deciso di mettere tutte le informazioni corrette in un posto solo". E' per questa ragione che David Lynch ha voluto scrivere la sua autobiografia, ma non l'ha fatto da solo. Ad aiutarlo la penna di Kristine McKenna, sua amica e giornalista. E' così che è nato "Lo spazio dei sogni"(ed. Mondadori, pag. 563, euro 25): un'autobiografia a quattro mani dedicata a colui che stato definito "Il regista più importante di quest’epoca".
Una biografia personale e creativa pensata per ricreare un dialogo tra i due scrittori. E nata così: McKenna scriveva un capitolo con gli strumenti della biografia, tra cui interviste ad amici, ex mogli, collaboratori, Lynch leggeva il capitolo e lo correggeva se c’erano eventuali imprecisioni nei nomi, nella cronologia degli eventi e poi “rispondeva” con un suo capitolo come fosse un memoir, col consueto stile aneddotico e amante delle divagazioni.
"Il secondo dopoguerra era un periodo perfetto per essere bambini negli Stati Uniti. All'epoca, pur essendo la capitale dell'Idaho, Boise manteneva un clima da cittadina di provincia, dove i figli della classe media godevano di libertà oggi inimmaginabili", scrive Kristine McKenna a proposito dell'infanzia e della città natale di David Lynch. Il quale, da parte sua, conferma ma aggiunge: "Quando giravo in bici la sera, al buio, da certe case provenivano luci calde, accoglienti. In altre le luci erano basse. Ecco, io avevo la sensazione che dentro quelle case non succedessero cose belle".
Nel libro da un lato ci sono le oltre cento testimonianze di parenti, amici, attori, produttori, sceneggiatori e collaboratori che hanno lavorato con Lynch e che parlano di lui come di una persona dolce e affabile e di un cineasta geniale, dall'altro la viva voce del protagonista che rivisita, talora con occhi diversi, gli stessi episodi e le stesse esperienze. Il flusso corale di ricordi, sentimenti e riflessioni, reso in un linguaggio colloquiale che ne esalta la spontaneità, chiarisce la natura di quello sguardo eccentrico e visionario che guida in modo coerente la cinematografia di Lynch.
“Lo spazio dei sogni” è impreziosito da tantissime foto in bianco e nero che vanno da ritratti presi dagli album di famiglia di Lynch agli scatti sui vari set, da Eraserhead a Twin Peaks – Il ritorno. L’intenzione è quella di dire una volta per tutte “le cose sono andate così” al di là di romanzesche imprecisioni che negli anni possono essere uscite fuori.