Il romanzo, scritto dalla critica e giornalista Bruna Magi, è una favola struggente in bilico tra il dolore e un gioco fantastico
Una favola per grandi che si consuma tutta d'un fiato. "Vietato al padre" (Bietti Edizioni, euro 14, 166 pp), scritto da Bruna Magi, critica cinematografica e penna di Libero, è un romanzo tragico e commovente in bilico tra il dolore e un gioco fantastico, una storia di affetti familiari che sconfiggeranno la morte per confermare la forza della vita.
Barbara e Rodrigo, sorella e fratello, sono uniti da un vincolo magico in cui l'affetto trova nell'immaginazione e nella fantasia i suoi naturali complementi. La morte, tragica e inaspettata, si scaglia su questo legame, obbligando Barbara ad affrontare il dolore della perdita, in un drammatico percorso che la porterà a ricostruire la vita segreta del fratello.
Costretto in un matrimonio ambiguo, stregato da una donna possessiva, subdola e calcolatrice, Rodrigo lascia alla sorella un testamento sussurrato di sogni e di ricordi. Sono indizi sospesi tra realtà e immaginario, tracce, forse, di una verità occultata per troppi anni. Per scoprirla Barbara dovrà dar fondo a tutte le sue risorse emotive, scontrandosi con la freddezza di una donna che ha eletto l'egoismo a ragione di vita, in una lotta dagli esiti inaspettati.
Anche questa, come tutte le favole, insegna. A riconoscere il valore dei propri affetti. Ad appagare, sfidando il destino, il bisogno di ricerca della verità, anche quando il fallimento sogghigna dietro le spalle. E che le radici, per quanto intricate o, talvolta persino celate, ricordano sempre l'origine perché "il sangue, non è acqua, è scritto nel destino e nel nostro Dna".