Da Palazzo dei Diamanti di Ferrara approdano in Germania più di settanta opere per raccontare, per la prima volta in modo completo e esaustivo, un’esperienza tutta italiana: la Metafisica
di Lorella GiudiciA Stoccarda un importante convegno internazionale su un argomento di grande interesse artistico ed economico: il tema delle repliche. Il caso da cui parte la riflessione degli esperti, convocati da tutto il mondo il 21 e 22 aprile, è quello delle Muse di de Chirico, un soggetto su cui l’artista è tornato tutta la vita, sia in pittura che in scultura. C’è dunque da chiedersi: de Chirico è stato spinto esclusivamente dall’esigenza di dare forme diverse alle sue “creature” o è stata una strategia di mercato? E sono molti gli artisti che tra Ottocento e Novecento ad aver seguito questa via (Courbet, Munch, Gauguin, Duchamp, Picasso…), perché?
Ad aprire i lavori, sarà Paolo Baldacci, curatore - con Gerd Roos - dell’esposizione che è in corso alla Staatsgalerie (fino al 3 luglio) e che ha già riscosso un notevole successo di critica e di pubblico.
La mostra, partita dal Palazzo dei Diamanti di Ferrara, approda in Germania con più di settanta opere per raccontare, per la prima volta in modo completo e esaustivo, un’esperienza tutta italiana: la Metafisica. A cominciare dai capolavori dipinti da de Chirico e Carrà nel 1917 a Villa del Seminario (l’ospedale psichiatrico militare di Ferrara in cui i due erano ricoverati), passando per Giorgio Morandi e Filippo de Pisis (il primo e più fedele compagno ferrarese di de Chirico), la mostra documenta la profonda influenza che le opere degli italiani ebbero sulle avanguardie europee del dadaismo, del surrealismo e della Nuova oggettività (esemplificati dalle opere di Man Ray, Raoul Hausmann, George Grosz, René Magritte, Salvador Dalí e Max Ernst).
"La pittura di De Chirico è una nuova visione, nella quale lo spettatore ritrova il suo isolamento e intende il silenzio del mondo", ha scritto Magritte, e come dargli torto? Basta immergersi in quelle stanze segrete, dalle prospettive vertiginose e magiche, che fanno da sfondo agli oggetti più strani o più comuni che l’artista individuava nelle sue esplorazioni tra i vicoli del ghetto ferrarese, per incontrare malinconici e attoniti manichini senza volto, creature aliene, nate dall’incastro di righe, squadre o frammenti di oggetti ormai inutili e dimenticati (Il Trovatore, 1917, Ettore e Andromaca, 1917).
Le tele si accendono di un cromatismo intenso, dai vani delle finestre si intravedono scorci di architetture, i quadri nel quadro propongono l’eterna sfida tra realtà e illusione, mentre gli agglomerati di scatole con carte geografiche, biscotti, strumenti da disegno e di misurazione, anticipano le accumulazioni dadaiste. Ovvero, ancora una volta, oggetti isolati dal loro contesto e riassemblati per evocare nuovi significati e suscitare nello spettatore un senso di straniamento.
DE CHIRICO A FERRARA. Metafisica e avanguardie
Staatsgalerie, Stoccarda
15 marzo – 3 luglio 2016