dal 13 settembre al 24 novembre

A Venezia le parole cancellate di Emilio Isgrò

Alla Fondazione Cini una mostra sulle pagine annerite dell'artista siciliano conosciuto a livello internazionale

di Lorella Giudici
12 Set 2019 - 11:44
 © ufficio-stampa

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Artista concettuale e poeta - ma anche romanziere, drammaturgo e regista - Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) è uno dei nomi dell’arte italiana più prestigiosi e conosciuti anche a livello internazionale (diverse sono le sue partecipazioni alla Biennale di Venezia - 1972, 1978, 1986, 1993 -; nel 1977 vince il primo premio alla Biennale di San Paolo e nel 1992 è al MoMA di New York).

Iniziatore negli anni sessanta delle “cancellature” di testi su enciclopedie, manoscritti, libri, mappe e anche su pellicole cinematografiche, Isgrò ha fatto di questa pratica il perno di tutta la sua ricerca. Con un lavoro certosino, l’artista ha annerito pagine e pagine, trasformando quelli che erano i racconti più classici della letteratura, della cartografia e del cinema in forme nere e bitorzolute, sostituendo al linguaggio alfabetico quello artistico, alla parola la forma. Riempiendo le superfici di tanti piccoli segmenti dalla geometria irregolare, ma fedeli al ritmo della stesura iniziale, ha trasformato la lettura in uno spartito di cadenze armoniche, anche se, di tanto in tanto, qualche parola viene risparmiata e, leggendole una dopo l’altra, come un gioco enigmistico, emergono frasi che hanno tutta l’aria di essere aforismi di vita, pensieri profondi e inaspettati.

Alcuni di questi volumi aprono la sua mostra alla Fondazione Cini di Venezia: “Il tema che affronto per questa mostra alla Fondazione Cini di Venezia, città dove nel 1964 nacquero le prime cancellature, non può che essere quello del linguaggio. Per questo mi è parso necessario ricorrere alla tradizione biblica filtrata dal Moby Dick, il meraviglioso romanzo di Melville - spiega Emilio Isgrò - Sarà l’opera cancellata di Melville a contenere quindi tutte le altre e chi entra alla mostra si lascerà accompagnare nel ventre della balena, ovvero il ventre del linguaggio mediatico che copre con il rumore il proprio reale e disperante silenzio”.

La mostra si avvale poi della presenza di lavori provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, tra cui Il Cristo cancellatore (1968), un’installazione di 38 volumi cancellati, dal Centre Pompidou di Parigi; Carta geografica (1970) dal MART di Rovereto; Storico, un libro cancellato del 1972 ora nelle collezioni dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma; la monumentale carta geografica cancellata Weltanschauung (2007), lunga nove metri, del Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato; quattro preziose opere dalla Collezione Gallerie d’Italia; Poesia Volkswagen (1964), dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma; la Storia rossa La corsa di Alma (1969) dal Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno e il Corpus Iustinianeum, in sei volumi, del 2018.

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