Il couturier presenta a Tgcom24 il primo libro "I'm not a tailor" scritto con il giornalista Matteo Persivale
di Santo Pirrotta"Un bel libro da tenere in salotto". Un volume illustrato che racconta la vita da film di Alessandro Martorana e il suo grande gusto. Martorana non è un sarto, ma un couturier come tiene a precisare già dal titolo "I'm not a tailor" (Rcs, 49 euro), scritto con il giornalista Matteo Persivale. Un designer che impiegato a 24 anni in una multinazionale torinese decide di seguire la sua passione. Quella per la moda e l'eleganza. Investe la piccola liquidazione e dopo mille porte in faccia incontra Lapo Elkann che gli apre gli armadi del nonno Gianni Agnelli. Da allora Alessandro è il protagonista indiscusso degli abiti sartoriali Made in Italy. Veste capi di Stato e star di Hollywood, ma la sera torna ad essere il ragazzo di sempre, con "i piedi per terra". Come gli raccomandava il padre barbiere tutti i giorni.
Alessandro, come nasce l'idea del libro?
All'inizio non ero molto d'accordo perché non sono né Armani né Valentino. Alla Rizzoli però piaceva molto la mia storia, così è nato questo volume con tante foto, ma anche molto raccontato. Per far capire la mia storia, che non tutti conoscono. C'è la mia vita, la mia filosofia.
Come è cominciata la tua avventura?
Per scherzo. Facevo l'impiegato in una multinazionale tedesca a Torino. I miei colleghi sono stati i primi a spingermi a fare questo lavoro, mi dicevano sempre che ero fin troppo elegante. Ma io mi sentivo sempre a mio agio. Ed era una forma di rispetto per il mio lavoro, avevo 24 anni ed ero il capo di persone che di anni ne avevano 50.
La svolta quando arriva?
Ho cominciato a vendere le camicie fatte su misura. Durante la pausa andavo dalle sartine. Mi toglievo i panni da perito meccanico e diventavo stilista. Anche l'amministratore delegato voleva le camicie da me. Così un bel giorno mi sono licenziato e ho investito tutta la liquidazione, seimila euro, in tessuti. Lapo Elkann firma la prefazione... Mio cugino era il suo autista, gli parlava di me ma non aveva mai tempo per me. L'ho incontrato nell'aprile del 2004 nel privè del famoso Tweega. Mi bloccarono e Lapo venne da me e mi fece entrare. Era un sabato, il lunedì ero già in ufficio da lui per fargli le camicie. Subito mi disse che dovevo passare agli abiti sartoriali, e mi affidò la rivisitazione dei vestiti del nonno, l'avvocato Gianni Agnelli. Una grande emozione ma anche una grande responsabilità.
Vesti star di Hollywood e capi di Stato, come è cambiata la tua vita?
Io mi sento sempre uguale, la gente intorno cambia. Ho i soliti amici, ma giro il mondo. Mio padre che è mancato due anni fa a ogni telefonata mi ripeteva 'mi raccomando, piedi per terra'. Dopo l'incontro, la cena di lavoro, me ne torno a casa e mi rilasso con i miei affetti, la mia compagna.
Come hai scelto il titolo del libro “I'am not a tailor”?
Sono un designer che disegna abiti sartoriali. Poi mi affido ai miei sarti. Mi è venuto spontaneamente. Pensavamo ad Italian elegant...
Cosa consigli ai giovani che voglio fare il tutto stesso mestiere?
Mi scrivono in tanto sui social. Mi chiedono consigli. Ma rispondo sempre alla stessa maniera. Passione e dedizione, a me nessuno ha mai regalato niente. Lavoro da quando avevo 15 anni. Era già indipendente. Se hai passione arrivi dove vuoi.
Potrebbe diventare un film la tua vita?
Nel 2007 Andy Garcia mi disse che potrebbe essere la trama di un film la tua vita. E dopo un anno è uscito “Il sarto di Panama”. Ecco non mi dispiacerebbe. Anche perché anche io conservo tanti segreti....
Chi ti piacerebbe vestire ancora?
Brad Pitt, lo conosco. E' molto divertente, con tutti. Ha sempre lo stesso atteggiamento con i camerieri come con i colleghi. Lo vedrei con uno smoking classico. Alla mia maniera.