E' uscito il primo dei tre volumi che compongono "Black Metal Compendium", la storia di un genere musicale ricostruita attraverso i suoi dischi più significativi
di Massimo Longoni© dal-web
La storia della musica è fatta di una serie di grandi sottostorie. Il rock’n’roll degli anni 50, la psichedelia, la rivoluzione punk, l’ondata new wave, il grunge dei primi anni 90. Storie forti che hanno cementato attorno a un genere musicale e a una serie di dischi divenuti pietre miliari artisti che avevano in comune la passione per un determinato tipo di musica ma anche (e forse soprattutto) una certa visione della vita e del mondo. La storia del black metal si inserisce in questo quadro. Quasi mai considerata dai libri che si occupano del rock con la R maiuscola, derubricata da molti a divagazione estrema di un genere già di per sé di nicchia.
In ambito metal e settoriale non sono certo mancate le ricostruzioni storiche di quella vicenda. Anzi. Ma il merito di "Black Metal Compendium", opera in tre volumi scritta da due esperti della materia come Lorenzo Ottolenghi e Simone Vavalà, è quello di cambiare il punto di vista. A partire dalla decisione di astrarsi dalle vicende di cronaca (spesso nera) che hanno coinvolto molti dei protagonisti della scena, già trattate doviziosamente in altri libri e che sovente hanno messo in ombra la dimensione musicale. Fino ad arrivare all'abbandono del classico schema dei "100 migliori" dischi, a dispetto di quello che potrebbe sembrare dalla struttura del libro, per seguire invece la via di un racconto organico, in cui ogni album analizzato è il tassello di un puzzle che una volta completato ricostruisce una scena complessa e variegata, dove spiccano certo gli esponenti più celebri e "ortodossi", ma anche quei gruppi che ai più intransigenti possono apparire eretici al sistema. E che invece qui hanno pieno diritto di cittadinanza.
© ufficio-stampa
Il merito di Ottolenghi e Vavalà è di maneggiare la materia da esperti ma al tempo stesso senza un linguaggio (ma soprattutto un approccio) da iniziati. Senza avere così timore di fare scelte impopolari al momento di decidere chi inserire e chi escludere dalla narrazione, e allo stesso tempo mettere in evidenza le caratteristiche che fanno del black metal una storia unica e importante, più sfaccettata di quello che si potrebbe pensare da fuori. Per questo l'opera può essere godibile da chi è cresciuto a pane e Mayhem, ma soprattutto da chi invece, pur amando il rock duro, il punk o l'industrial, dal black si è sempre tenuto distante per una sorta di pregiudizio.
Un genere nato per germinazione naturale e passaparola, con registrazioni clandestine su cassette passate di mano in mano in maniera spontanea. Un genere che ha nel suo fondamento la dissacrazione totale, che si declina sovente in tematiche scomode (satanismo, blasfemia, filonazismo), ma che non va associato univocamente a queste. Non a caso i due autori mettono in secondo piano i contenuti lirici rispetto a quelli musicali. Se il cantato urlato e luciferino, la produzione volutamente sporca e lo-fi, le atmosfere gelide e buie e le ritmiche a velocità impossibili sono costanti che hanno contribuito a connotare la maggior parte delle opere, ci sono variabili che in ambito classicamente metal sarebbero impensabili, come l'uso sistematico di tastiere e batterie elettroniche o persino l'introduzione di componenti all'apparenza estranei come canti gregoriani o inserti di partiture classiche. Nell'universo black qualunque mezzo è lecito per creare "l'atmosfera" (solitamente disturbante e con un ché di malvagio), elemento fondante in perenne equilibrio con la violenza sonora.
Questo primo volume si occupa di quanto accaduto in Scandinavia e nelle terre del nord, inizio obbligato visto che da lì tutto è partito. La scelta, per molti discutibile ma con un suo solido fondamento, è quella di fissare il punto zero con l'uscita dell'album "A Blaze In The Northern Sky" dei Darkthrone (1992). Da lì si snoda il racconto che non può che passare da capisaldi come Mayhem, Burzum, Satyricon o Carpathian Forest, ma include anche band meno note che hanno magari lasciato ai posteri un unico lavoro. Ma significativo. E mano a mano che la narrazione procede si può vedere come il black metal più ortodosso (ma sarà il caso di definire così un genere che l’ortodossia voleva farla a pezzi?) venga affiancato e spesso scavalcato, soprattutto in termini commerciali, da evoluzioni più melodiche e accessibili al grande pubblico, come il black metal sinfonico, dove le voci si fanno ogni tanto pulite e i tastieroni trasformano la violenza sonora bruta in pomposità magniloquente. Per qualcuno un tradimento, per altri un'evoluzione.
Sin dall'inizio il black metal non è nato per piacere a tutti. Anzi. Ma la sua è una storia che merita di essere conosciuta e rivalutata nella sua portata complessiva. Una storia che continua nei prossimi volumi dedicati al resto dell’Europa e al resto del mondo.
Lorenzo Ottolenghi - Simone Vavalà
Black Metal Compendium - Scandinavia e terre del Nord
ppgg 197 - 18 euro
Tsunami edizioni