E se il sovrano perde il suo cucciolo adorato, allora si assiste a vere e proprie opere di devozione: Carlo VI di Francia si fa confezionare guanti con la pelle del suo insostituibile levriero e Pietro il Grande, padre del grande impero russo, impaglia i suoi cuccioli per tenerli sempre con sé (oggi esposti in un museo). Ma anche storie a lieto fine, come quella di Ludovico Gonzaga, marchese di Mantova, che fa battere palmo a palmo il suo feudo affinché si ritrovi l'amato Rubino, splendido cane che si è meritato perfino l'onore di essere ritratto dal Mantegna. E ancora i viziatissimi carlini di Maria Antonietta o Madame de Pompadour, il sofisticato gatto persiano bianco di Luigi XV a cui i cortigiani dovevano inchinarsi, i mici del cardinale Richelieu, i cagnetti che Enrico III di Francia teneva amorevolmente in una cesta portata appesa al suo collo con ricchi nastri, fino agli imperatori della lontana Cina che dalla Città Proibita trafficavano cagnetti di alto rango con l'Occidente. E commuove davvero quella foto in bianco e nero che mostra il piccolo Cesar, il cagnolino amatissimo di re Edoardo VII d'Inghilterra, seguire il feretro di quello che un paese intero piangeva come sovrano ma che per lui non era altro che il suo baffuto padrone. Cani per terrorizzare: li usavano i Visconti a Milano, il cui palazzo venne chiamano "Ca' di can", costringendo la popolazione a prendersene cura sfamandoli.