Bill Bernbach, il genio che rivoluzionò la pubblicità e ne fece un'opera d'arte
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Gli scritti del mad man "umanista" statunitense raccolti per la prima volta in un libro a cura di Giuseppe Mazza
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“La pubblicità è fondamentalmente un modo per convincere. E convincere non è una scienza. Convincere è un'arte”. Così Bill Bernbach, il genio che ha rivoluzionato la pubblicità negli anni Cinquanta, scriveva nella lettera di dimissioni dalla agenzia pubblicitaria Grey Advertising. "Mi dispiace vedere che ormai adoriamo sempre più la tecnica e non i contenuti. Io non voglio scienziati. Io non voglio gente che faccia la cosa giusta. Io voglio gente che faccia cose ispirate".
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Il primo giugno 1949 Bernbach, ribellandosi al modo di fare pubblicità dei tecnici (definiti medecine men, stregoni), che sacrificavano la scintilla creativa in nome dei calcoli dei mercati, fondava la Doyle Dane Bernbach, la sua agenzia, in Madison Avenue, la strada di New York dove avevano sede le agenzie pubblicitarie più influenti del mondo. La Ddb, che in molti dissero votata a un sicuro fallimento per la concorrenza dei colossi del settore, era invece destinata a un duraturo successo e soprattutto a rivelare il suo talento: con il “pubblicitario umanista” l'advertising abbandona la propaganda dei “matematici” per applicarsi “a una profonda conoscenza dell'animo umano”, cioè per conversare con il suo pubblico.
Facendo della verità un'invincibile arma retorica, condita con un po' di sagace umorismo, Bernbach ha creato le campagne pubblicitarie più famose della storia. Si pensi al bambino imbronciato con l'headline che recita: “Siamo spiacenti di informarti che il tuo materiale scolastico è pronto da Orhbach”. Oppure quella di una coppia di contadini in posa davanti a un maggiolino Volkswagen, col titolo che dice: “Era la sola cosa che potevamo fare dopo la morte del mulo”.
Ma Bernbach ha lasciato un'importante eredità al mondo della comunicazione nel suo complesso. Sì, perché il suo messaggio è stato così potente da valicare i confini dei supermercati, per farsi portatore di un discorso più ampio: “Ho visto troppe buone cause fallire per carenza di competenza nella comunicazione e troppe cause cattive avere successo per avere tale competenza in gran quantità. Tutti quelli tra noi che professionalmente usano i mass media sono i formatori di questa società. Possiamo volgarizzarla. Possiamo brutalizzarla. O possiamo aiutarla a raggiungere un livello più alto”, scriveva nel 1980.
Parole lungimiranti, che hanno la forza di un testamento. E che sicuramente sarebbero comparse in un libro che non ha fatto in tempo a scrivere prima di morire. Da qui l'idea di un tributo al mad man, da parte di un pubblicitario italiano, Giuseppe Mazza, che ha raccolto i suoi scritti in un libro (Franco Angeli editore, 16 euro). Dal mondo della comunicazione, Bernbach è andato ben oltre, con un salto nel cuore della democrazia moderna, ovvero la costruzione del consenso. “Il mondo è progredito fino al punto che l'opinione pubblica è la sua forza più potente. Dobbiamo allearci con le grandi idee e portarle al grande pubblico. Non dobbiamo solamente credere in quello che vendiamo. Dobbiamo vendere ciò in cui crediamo".