Pasquale Chessa indaga i diari riemersi dall'ombra e attribuiti al Duce. Perché l'errore del falsario è sempre da individuare
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L'era delle fake news parte da lontano, dal Dopoguerra, e viene indagata ne "Il romanzo di Benito. La vera storia dei falsi Mussolini" (Utet) del giornalista e storico Pasquale Chessa. L'autore, nella sua ultima fatica letteraria, indaga la vicenda di quei diari attribuiti al Duce che di tanto in tanto riemergono dal passato e nei quali va individuato l'errore, che è il marchio del falsario. L'insegnamento seguito è quello di Renzo De Felice, storico del fascismo.
Così emerge che quelle agende non solo tracciavano l'improbabile ritratto di un Mussolini pacifista e antitedesco, persino contrario alle leggi razziali, ma erano anche piene di goffe incongruenze. Eppure queste pagine non rappresentano che uno dei tasselli che compongono le leggende mussoliniane che hanno attraversato carsicamente l'Italia del Dopoguerra.
Fake news come le molte morti del Duce, i suoi mille possibili assassini, ognuno con almeno due o tre vere identità, e gli innumerevoli segreti e complotti, dal malfamato oro di Dongo al famigerato carteggio con Churchill.
Pasquale Chessa racconta queste narrazioni una a una, ne intreccia genesi e filiazioni, rivela scoop storici, distribuendo meriti e colpe tra una degna schiera di comprimari e comparse: gerarchi redivivi e partigiani fedifraghi, spie fasciste, sedicenti nobili e veri baronetti inglesi, signore di provincia dalla grafia dannunziana, giornalisti d'assalto, storici incauti, mafiosi e "dongologi" di ogni risma.
"Il romanzo di Benito" mette così ordine in una trama intricata dove resoconti fantasiosi intessuti di piccole verità si sovrappongono a racconti verosimili che ingarbugliano il quadro, tra giornali e rotocalchi, pamphlet più o meno clandestini e pseudo-testamenti morali.