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Il festival "Le Vie dei Tesori"

Dopo 60 anni riapre la chiesa di Santa dello Spasimo a Sciacca con una mostra di Franco Accursio Gulino

08 Ott 2021 - 15:31
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È rimasta chiusa per sessant'anni. Ora, la chiesa di Santa dello Spasimo a Sciacca è pronta a riaccogliere i saccensi e chiunque voglia respirarne la storia. Si tratta di uno dei tredici siti che hanno aperto le porte per il festival "Le Vie dei Tesori", in corso nel comune agrigentino ancora per due weekend.

Per l'occasione, l'artista Franco Accursio Gulino ne ha fatto la cornice di "Domus", una personale in stretto colloquio con l'ambiente che la ospita e le sue parti: dalle pareti scrostate e gli affreschi scomparsi fino all'altare e alle cappelle ormai inesistenti.

L'esposizione, a cura di Laura Anello e Anthony Francesco Bentivegna, si inaugura sabato 9 ottobre, alle 18.30, nella Chiesa di Santa dello Spasimo. Saranno presenti, con l’artista e i curatori, il sindaco di Sciacca Francesca Valenti, il Prefetto di Agrigento Maria Rita Cocciufa, l’assessore alla Cultura Gisella Mondino, il vicario del Prefetto Giovanna Termini e il sovrintendente ai Beni Culturali di Agrigento Michele Benfari.

La clandestinità urbana, le transumanze, la memoria e il dialogo tra culture diverse sono i punti focali su cui poggia il pensiero artistico di Franco Accursio Gulino, che in "Domus" si articola in un percorso di 17 opere tra installazioni site-specifiche, tele, poesie e una videoproiezione. L'artista rompe i confini dei singoli linguaggi artistici, mescolando pittura e scrittura in un'unica "essenziale necessità espressiva".

Il risultato è un "cortocircuito straordinario" tra la chiesa dello Spasimo e le opere dell'artista. "È l'ambiente che cercavo: dovevo rispettare la storia e la struttura architettonica della chiesa, ma nello stesso tempo non farmi fagocitare. Con questi angeli che mi hanno aiutato - riferendosi ai giovani che hanno contribuito a liberare gli interni della chiesa dalle tonnellate di rifiuti che si erano accumulati nei decenni -, siamo riusciti a ricucire una ferita della città. Abbiamo trovato una montagna di numeri civici, targhette in cementizio di due colori. È nata un’installazione per raccontare la perdita del senso dell'accoglienza: questi numeri segnano luoghi che non esistono”, ha spiegato l'artista.

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