Tgcom24 ha intervistato l'autore per approfondire i temi toccati dal testo e fare il punto sullo scenario mediatico italiano
L'avvento di internet e in particolare dei social network sta rivoluzionando il mondo dell'informazione e il panorama editoriale italiano, innescando un effetto domino senza precedenti. Il nuovo volume del professor Ruben Razzante “Informazione: Istruzioni per l’uso. Notizie, Rete e tutela della persona”, da poco uscito per Cedam (Gruppo Wolters Kluwer), fornisce un quadro completo in materia di giornalismo, web e tutela dei diritti. Il testo si propone come guida in grado di fornire un quadro aggiornato delle normative, della giurisprudenza e della deontologia in materia di notizie. Tgcom24 ha intervistato l'autore per approfondire i temi toccati nel manuale e fare il punto sullo scenario mediatico italiano.
Perché un "Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione"? A chi si rivolge il volume?
L'idea del Manuale è di offrire un supporto giuridico a tutti gli operatori del settore ma anche quello di garantire a un pubblico generalista, esteso e diversificato, alcuni strumenti fondamentali per capire i molteplici fenomeni del mondo dell'informazione. In altre parole, il "Manuale" non si rivolge solo agli addetti ai lavori ma a tutti gli appassionati del mondo dei media e alle persone comuni che intendono difendere i propri diritti in Rete.
Quali novità introduce il nuovo "Testo Unico della deontologia giornalistica"?
Il "Testo Unico della deontologia giornalistica", entrato in vigore il 3 febbraio quest'anno, risistema e attualizza i principi deontologici contenuti nelle carte deontologiche che l'Ordine nazionale dei giornalisti ha prodotto negli ultimi 25 anni. La principale novità introdotta da questo documento è senza dubbio il riferimento ai social network, sia come fonti di informazione sia come strumento di manifestazione del pensiero anche per i giornalisti, che pure sono chiamati a utilizzarlo con cautela e nel rispetto dei diritti della personalità altrui.
Come si conciliano le nuove indicazioni giuridiche sulla privacy con il diritto di cronaca?
Il bilanciamento tra privacy e diritto all'informazione deve compiersi sul terreno dell'essenzialità, che significa pubblicare solo particolari di interesse pubblico in grado di soddisfare il diritto dei cittadini a essere informati. Il trattamento dei dati personali e sensibili da parte dei giornalisti deve ispirarsi ai principi contenuti nel codice deontologico del 1998, che è diventato il primo allegato al "Testo unico della deontologia".
L'avvento dei social media sta cambiando la deontologia professionale dei giornalisti? In che modo? Quali sono i rischi e gli errori più frequenti nei quali il giornalista può incorrere con un uso non corretto dei social?
I giornalisti devono usare correttamente i social network e non considerarli zone franche nelle quali poter sfogare i propri istinti verso i colleghi o verso il proprio datore di lavoro. I giornalisti devono sempre ricordare che la loro notorietà si lega anche al loro ruolo giornalistico e che, anche quando si trovano sui social network, quel ruolo condiziona la loro visibilità.
Come si configura adesso la diffamazione a mezzo stampa e a mezzo internet? Le nuove norme rischiano di limitare la libertà del giornalista?
Le più recenti sentenze in materia di diffamazione online realizzano una sostanziale equiparazione tra diffamazione a mezzo stampa e diffamazione in Rete, inquadrabile come "diffamazione con altro mezzo di pubblicità", a norma dell'art. 595 del codice penale. Significa che offendere a mezzo internet è altrettanto grave quanto offendere su un giornale o una televisione. Anzi, in una sentenza della Cassazione del 2014 è stato sancito un principio ancora più innovativo: in ragione dell'indicizzazione dei motori di ricerca, le notizie in Rete possono diffamare in maniera ancora più devastante rispetto a quelle pubblicate nei media tradizionali.
Si parla di diritto all’oblio, ma spesso in modo errato: in che modo tutela l'individuo e quali sono i falsi miti al riguardo?
Al diritto all'oblio dedico un capitolo specifico nel mio nuovo manuale. Si tratta, infatti, di una nuova frontiera della tutela dei diritti in Rete. Il tema del diritto all'oblio si pone in maniera diversa sui siti sorgente e nei motori di ricerca, che si limitano a indicizzare contenuti prodotti da altri. In generale, diritto all'oblio non vuol dire diritto al colpo di spugna, diritto a costruirsi una propria identità digitale sulla base delle proprie convenienze. Diritto all'oblio significa diritto a una corretta contestualizzazione delle notizie che ci riguardano, affinché dalla consultazione del web possa emergere di noi un ritratto veritiero e conforme alla realtà.
Il giornalismo istituzionale degli uffici stampa e quello online sono sempre più protagonisti: in che modo stanno cambiando il panorama informativo?
Gli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni, in base alla legge n.150/2000, devono essere gestiti professionalmente da giornalisti iscritti all'Albo. Anche in ambito privato esistono lodevoli esempi di buon giornalismo degli uffici stampa. Quanto all'online, il panorama informativo annovera siti di altissimo valore professionale e l'equiparazione tra giornalismo tradizionale e giornalismo in Rete si sta gradualmente realizzando, anche attraverso una crescente sensibilità della politica verso la Rete e un riconoscimento giuridico-contrattuale sempre più esteso per i giornalisti che producono e diffondono notizie via internet.
Nuove norme riguardano il servizio pubblico radiotelevisivo: in che modo lo cambieranno? Avremo una Rai più indipendente, trasparente ed efficiente?
La Rai sta combattendo una sfida decisiva per il suo futuro. La riforma della governance della tv pubblica mira a sganciare la Rai dai condizionamenti politici e a conferirle un'impronta manageriale. Gli attuali vertici si stanno impegnando con tenacia su questo versante, rilanciando e declinando in forme nuove il concetto di servizio pubblico e creando i presupposti per la creazione di una media company, che consenta ai cittadini di fruire dei contenuti Rai attraverso molteplici piattaforme. L'importante è che i vertici abbiano l'effettiva autonomia di poter gestire le risorse a disposizione dell'azienda, senza doversi assoggettare in maniera estenuante a quelle procedure burocratiche che rischiano di frenarne l'azione e di ritardare o vanificare il conseguimento di quei risultati. Altrettanto importante è che il governo non pretenda di sostituirsi al Parlamento nel controllo della tv pubblica, che in questa fase ha la straordinaria opportunità di rinnovarsi venendo incontro alle sacrosante aspettative degli abbonati.
Le concentrazioni editoriali (online e offline) sono una minaccia al pluralismo informativo? Qual è la sua visione al riguardo?
Le concentrazioni editoriali sono pressoché inevitabili in un sistema dei media in profonda crisi di identità e di modelli di business. Le testate che si uniscono e decidono di sfruttare le sinergie non hanno altra scelta per sopravvivere. L'alternativa sarebbe la chiusura. D'altronde in Italia paghiamo la mancanza di editori puri, cioè dediti in via esclusiva all'editoria e all'informazione.
La crisi dell'editoria è sempre citata dagli editori per non investire in innovazione e talenti. A suo avviso è ancora uno scenario reale o un alibi?
La Federazione italiana editori sta mettendo in campo le intenzioni e le energie migliori per affrontare questa fase critica del mondo dell'editoria. Anche gli accordi stipulati dalla Fieg con i colossi della Rete come Google vanno nella direzione della valorizzazione dei contenuti editoriali e delle professionalità consolidate.