L'appuntamento è dal 9 maggio al 24 settembre alla Fondazione Prada di Milano
Foto di Ugo Dalla Porta © ufficio-stampa
Si intitola "Tv70: Francesco Vezzoli guarda la Rai" la mostra allestita alla Fondazione Prada di Milano dal 9 maggio al 24 settembre. L'artista bresciano ricostruisce un decennio della nostra storia attraverso l'arte, la cronaca e il costume di quel tempo mediati dall'occhio della tv di Stato, all'epoca unica televisione a entrare nelle case degli italiani. Opere originali, installazioni moderne, foto e tanti filmati presi dalle Teche Rai, attraverso un dialogo costante tra media diversi, ricostruiscono un momento topico del nostro Paese
Questa è una mostra "di convergenze non parallele e di parallele non convergenti. La storia della mia infanzia, della mia adolescenza e della mia educazione sentimentale" spiega Vezzoli, il quale ha voluto mettere insieme l'educazione ricevuta dai genitori "che mi portavano a vedere le mostre di arte povera" e quella delle nonne che gli facevano vedere "il festival di Sanremo".
Erano gli anni 70. Quelli in cui la tv commerciale era ancora là da venire e c'erano solo due canali, il Primo e il Secondo. Che raccontavano il mondo. Così quella curata da Vezzoli è una mostra che ricostruisce i nostri anni 70 e allo stesso tempo fa vedere come questi sono stati raccontati dalla Rai, attingendo alle Teche della stessa.
Nella prima parte "Arte e televisione", le opere di grandi pittori come Schifano, Guttuso, De Chirico e Burri, dialogano con documentari in cui gli stessi raccontavano la genesi della loro arte. Si passa alla seconda, "Politica e televisione", dove emerge il clima degli anni di piombo negli spezzoni di telegiornali e approfondimenti su fatti che hanno segnato la nostra storia: dalla strage di Piazza Fontana al bomba alla stazione di Bologna, passando per la morte di Feltrinelli, il rogo di Primavalle, le gambizzazioni di giornalisti o gli omicidi degli stessi (Casalegno e Tobagi). E ovviamente il caso Moro. Non manca una sezione dedicata al costume, con il femminismo e le immagini del celebre "Processo per stupro".
La terza parte, "Intrattenimento e televisione", è quella del varietà. Quello di "Milleluci", condotto da Mina e Raffaella Carrà, spettacolo più ortodosso ma comunque rivoluzionario nel suo affidarsi a due prime donne nel ruolo di protagoniste assolute. Ma c'è anche il varietà folle e provocatorio di Enzo Trapani, "Stryx" e "C'era due volte", che invece sarebbe impensabile persino oggi in prima serata. In qualunque canale, pubblico o commerciale che sia.
Nel corso della mostra saranno organizzate alcune maratone che proporranno integralmente dei programmi che hanno sperimentato nuove modalità di racconto televisivo: dal documentario d’autore al varietà femminile, dallo sceneggiato di genere al teatro d’avanguardia. Il pubblico contemporaneo potrà constatare come la carica innovativa e le capacità di intrattenimento e approfondimento di queste produzioni Rai siano rimaste intatte a quarant’anni di distanza e siano in grado di innescare una stimolante dialettica tra passato e presente.