Raggiunto l'accordo con il Museo Archeologico Antonio Salinas. Il fregio, raffigurante il piede di una dea e trafugato a inizio Ottocento da un diplomatico britannico, rimarrà otto anni in Grecia
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Dopo due secoli di "cattività" e svariati anni di trattative, il fregio del Partenone conosciuto come "frammento di Palermo" prende il volo dalla Sicilia e torna finalmente a casa, ad Atene. L'accordo tra Italia e Grecia sul cosiddetto "Reperto Fagan", l'unico marmo dell'antico tempio conservato nel nostro Paese, prevede lo "scambio" con due importanti reperti del Museo dell'Acropoli: una statua acefala di Atena (fine V secolo a.C.) e un'anfora geometrica (prima metà VIII secolo a.C.).
Il frammento lapideo VI del fregio orientale del Partenone raffigura il piede di una Dea, Peitho o più probabilmente Artemide, con i meravigliosi drappeggi della sua veste ed era finora conservato presso il Museo archeologico regionale Antonio Salinas. L'accordo culturale assume una straordinaria importanza internazionale e si propone come svolta di una questione ancora aperta: la detenzione presso musei non greci di reperti trafugati dal 1802 al 1812 dal diplomatico britannico Thomas Bruce, conte di Elgin, con il favore delle autorità ottomane.
Frammenti sparsi - La decisione della Sicilia potrebbe rappresentare il tanto sospirato esempio di "lealtà culturale" rivolto alla Gran Bretagna, che detiene la maggior parte dei fregi del Partenone presso il British Museum e che finora si è ostinatamente opposta al rimpatrio. Altri musei detengono frammenti dei fregi del più famoso tempio dell'Antica Grecia, tra cui il Louvre, i Musei Vaticani, il Kunsthistorisches di Vienna e il Museo nazionale di Copenaghen.
Non si tratta però di una restituzione definitiva. Il fregio rimarrà otto anni in Grecia, il limite massimo per il prestito di un'opera appartenente alle raccolte pubbliche italiane previsto dal Codice dei Beni Culturali. Le trattative tra istituzioni italiane e greche avevano preso il via a gennaio 2021.
Prestito precedente - Nel 2008 lo stesso frammento di Palermo era volato in Grecia per un prestito di due anni. La decisione era stata presa dall'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Si trattava della prima volta che uno dei marmi asportati da lord Elgin faceva ritorno ad Atene.
La storia dello smantellamento del Partenone - C'è un motivo preciso per il quale pezzi di Partenone si trovano tutt'oggi sparsi per il mondo.Tra il 1802 e il 1812 il diplomatico britannico Thomas Bruce, conte di Elgin, effettuò una serie di spoliazioni del tempio con il favore dell'Impero Ottomano, che all'epoca controllava i territori dell'attuale Grecia. In epoca napoleonica il Regno Unito si alleò con il Sultano, in realtà imponendo le proprie condizioni di potenza occidentale, e mandò a Costantinopoli il suo ambasciatore: lord Elgin, per l'appunto. Nel suo viaggio il conte passò da Atene e restò profondamente affascinato dalle bellezze antiche dell'Acropoli, decidendo dunque di portarsi a casa qualche "souvenir". Il Sultano fu di fatto costretto ad accettare le condizioni dell'Inghilterra e concesse a Elgin di scavare sull'Acropoli e di portare a casa qualcosa. Andando un po' oltre il permesso concesso, il diplomatico si portò via l'intero fregio del Partenone, conservato ancora oggi presso il British Museum nonostante da anni la Grecia stia tentando di farseli restituire, anche con la mediazione dell'Unesco. Tra questi marmi c'era anche il Frammento di Palermo, che lord Elgin però decise di non spedire in Gran Bretagna. Sempre nel 1816 lo consegnò invece al console britannico in Sicilia, Robert Fagan. Alla morte di Fagan, il frammento fu acquisito dal Museo della Regia Università di Palermo e poi passò al Museo Salinas, erede del più antico museo universitario.