Lo sceneggiatore e regista racconta a Tgcom24 il libro da cui è tratto il film nelle sale in questi giorni: "Le differenze ci rendono unici, sono armi con cui sconfiggere il grigiore e la mediocrità..."
di Antonella Fagà“Credo nelle storie e nella capacità che ha il racconto di cambiare le nostre vite...”. Così a Tgcom24 Ivan Cotroneo racconta "Un bacio", al cinema in questi giorni, ma anche e prima di tutto un libro. Un volumetto di 96 pagine, edito da Bompiani con cui lo sceneggiatore e regista, torna al suo primo amore: la letteratura. Ispirato ad un fatto di cronaca, l'omicidio, nel febbraio del 2008, di Larry King, studente quindicenne di un liceo californiano, "colpevole" di aver corteggiato un compagno di classe, Cotroneo racconta di omofobia e diversità, solitudine e inadeguatezza sociale, in una parola di adolescenza.
Protagonisti sono Lorenzo e Antonio, due sedicenni e la loro professoressa di italiano Elena Valente. Ma anche un bacio e un colpo di pistola. Lorenzo, che si dipinge le unghie e mette il rossetto, ama Antonio, ma Antonio ha "paura" di questo amore, che non capisce e non "vede", e quindi disprezza. Elena è una sorta di testimone silenziosa e impotente, che cerca di infondere nei ragazzi il coraggio di essere se stessi, che lei tuttavia non dimostra di avere, inadeguata e “generazionalmente” in crisi. Tutti e tre non riescono ad essere "felici", a trovare le loro strade, tutti e tre sono vittime di schemi e modelli soffocanti ed ingiusti in una società,che stenta a comprendere i sentimenti delle persone.
Un bacio è un libro (e un film) sull’adolescenza... sugli adolescenti.. ma l’adolescenza che cos’è secondo te? Molti psicologi e sociologi sono concordi nell’affermare che si tratti di un concetto coniato ad hoc per un’età di mezzo e che il concetto è stato “inventato” di recente...Tu cosa ne pensi?
Io penso che sia l'età delle prime volte, quella in cui le gioie assumono un sapore epico, e le sconfitte si sentono sulla pelle come mai nella vita. Un'età in cui il primo bacio, il primo innamoramento, ma anche il primo insulto e il primo tradimento rischiano di forgiare quello che saremo da adulti. E' un'età di trasformazione, fisica e psicologica, in cui le discriminazioni e le spinte all'omologazione assumono una forza terribile, perché fanno leva su ragazzi che sono, forzatamente, ancora confusi su chi sono e cosa vogliono diventare.
Che adolescente eri Ivan?
Silenzioso, solitario, un po' pessimista. E' in adolescenza che ho iniziato a osservare con attenzione gli altri, un'abitudine che mi è rimasta e che probabilmente mi aiuta a svolgere il mio lavoro di raccontatore di storie. Non ho subito episodi di bullismo, ma forse solo perché sono stato fortunato. Certo, la tensione, anzi l’aspirazione, come quella di molti miei coetanei era verso l'invisibilità: attraversare quegli anni in fretta cercando di difendersi, di non farsi notare.
Omofobia, bullismo diversità... i protagonisti si “difendono”, ognuno a modo proprio,da un sistema, quello della scuola soprattutto e dell’universo adolescenziale, che tende a creare categorie e a imporre etichette. L’accettazione nel gruppo è l’obiettivo... ma qual è il messaggio del tuo libro?
E’ necessario farsi accettare per forza? Come valorizzare la propria diversità trasformandola in valore aggiunto? Il messaggio, se messaggio c'è, è quello di dire ai ragazzi di non avere paura, né delle loro differenze, né di quelle altrui. La paura nasce quando si teme un’etichetta, quando si pensa che l’insulto che ti piove addosso sia capace di definirti agli occhi degli altri. Io credo che bisognerebbe mostrare ai ragazzi, anche attraverso la creazione di una società adulta più inclusiva, che le differenze ci rendono unici, sono positive, sono delle armi con cui sconfiggere il grigiore e la mediocrità. Solo così il gruppo viene smantellato, rendendolo capace di accettare le differenze con consapevolezza.
Il libro nasce da una storia realmente accaduta, ma tu ti sei ispirato comunque a persone e situazioni del tuo vissuto o di quello di persone a te vicine? Ti sei mai sentito diverso? E cosa significa sentirsi diversi?
Ho conosciuto molte persone che si sono sentite differenti, o che si sentono ancora differenti dagli altri. Io stesso mi sono sentito diverso, e ho capito invece di essere differente, come preferisco dire, e che la mia differenza mi permette, per esempio di svolgere il mio lavoro. Intorno a me, e nelle scuole che ho frequentato partecipando a corsi contro il bullismo e contro l’omofobia, ho conosciuto ragazzi che si trovavano in grave disagio. E’ per loro, per parlare con loro che ho scritto e realizzato il film.
Chi deve farsi carico dell’enorme peso che gli adolescenti portano su di sé e che da soli non sono in grado di reggere? La famiglia e la scuola in egual misura sarebbe un po’ retorico... spesso i genitori sono del tutto impotenti di fronte ad adolescenti che rifiutano ogni autorità genitoriale. Che ruolo hanno quindi gli insegnanti e la scuola, luogo dove i giovani trascorrono la maggior parte del loro tempo...?
Io credo che insegnanti e scuola abbiano il compito di mostrare ai ragazzi che molto spesso gli schemi imposti, e la scala di valori proposta dalla società, sono fallaci e non si adattano a ciascuno. Ho conosciuto insegnanti meravigliosi, meritoriamente impegnati in una battaglia quotidiana. Certo, li si aiuterebbe molto di più se potessero fare appello, fuori, a una società che racconta di inclusione, piuttosto che esclusione. Invece purtroppo insegnanti e studenti sanno che la radice delle discriminazioni su cui fa leva il bullismo sta in una società che è di fatto omofoba e sessista, e che mette la furbizia su uno scalino più alto dell’intelligenza, il denaro su un livello più alto della cultura, e propone un modello di perfezione fisica irraggiungibile e spaventoso.
Come giudichi il pericoloso diffondersi della realtà virtuale, da Whatsapp a Facebook... rifugio protetto per adolescenti insicuri? Pro e contro secondo te?
Il pro dei social per me sta nella possibilità offerta ai ragazzi di parlare, di confrontarsi, di stare in un’assemblea continua. I lati negativi stanno nel rischio della chiusura in quel mondo, e soprattutto nella possibilità che in quel mondo incontrollato si verifichino atti di bullismo e violenze. E’ bene ricordare sempre ai ragazzi che il cyberbullismo è un reato, e ritrovarsi con una pagina di odio equivale a essere aggrediti sottocasa. E’ una violenza che può essere denunciata, anzi che va denunciata.
Quali sono le differenze inevitabili tra il libro e il film?
Negli adattamenti, io credo che sia inutile anzi deleterio proporre una semplice illustrazione della pagina. Libri e film sfruttano linguaggi diversi, e devono occupare spazi differenti. In questo caso tra libro e film ci sono grandi differenze di costruzione, di personaggi, molti cambiamenti decisi insieme alla mia cosceneggiatrice Monica Rametta, nella convinzione che il film dovesse essere altro dal libro. E credo che così sia stato.
I giovani, poco inclini alla lettura, preferiranno il film al libro... credi nel potere delle parole scritte, nel potere della lettura?
Ci credo fortemente. In questi giorni i ragazzi su internet commentano con lo stesso trasporto sia il libro che il film. Io credo nelle storie, nel potere di identificazione, nella capacità che ha il racconto di cambiare le nostre vite. Sia il racconto letterario che quello cinematografico hanno cambiato i miei pensieri, facendomi entrare in vite che non avrei potuto vivere.
Daniel Pennac ha detto che un insegnante dovrebbe “Imparare a donare agli allievi il desiderio di apprendere, suscitare la loro curiosità. Avere attenzione per loro, per tutti loro, come un direttore d'orchestra che dirige trenta strumenti diversi... gli allievi non sono tutti uguali. Bisogna avere amore e passione, ma soprattutto attenzione reale verso l'altro...” Se tu fossi un insegnante che cosa vorresti trasmettere ai tuoi allievi, come cercheresti di accordare i loro strumenti e dirigere la loro orchestra?
Che bella e complicata domanda. Io sono stato insegnante per anni, ho tenuto un laboratorio di sceneggiatura al Dams di Roma. Ho cercato di insegnare ai miei studenti ad avere fiducia, a trovare una strada personale, ad ascoltare le storie degli altri e a rispettarle, e a imparare da esse. Ho cercato di dire loro di essere originali, di avere fiducia nella loro voce, di non rispettare le regole a tutti i costi, ma di romperle. Spero di essere stato convincente.
Ivan Cotroneo
Un bacio
Bompiani editori
Pagine 96
Euro 9.50