fino al 26 marzo 2023

La forza del colore e il dolore dell'amore: Van Gogh a Roma

A Palazzo Bonaparte 50 capolavori provenienti dal Museo Kröller Müller di Otterlo in esposizione fino al 26 marzo 2023

di Lorella Giudici
15 Nov 2022 - 15:01
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Il 26 giugno 1888, in una lettera all'amico artista Émile Bernard, Van Gogh ammette che quello dell'artista è "un mestiere quasi impraticabile su questo pianeta così ingrato". Oggi, dopo che alcuni ambientalisti hanno imbrattato una delle sue più belle tele, esposta a Palazzo Bonaparte di Roma con altri 49 capolavori provenienti dal Museo Kröller Müller di Otterlo (fino al 26 marzo 2023), quelle parole trovano una triste conferma. Il dipinto oltraggiato è Il Seminatore al tramonto, un'opera che l'artista aveva realizzato nel giugno 1888 ad Arles. Al centro della tela, un contadino incede con passo deciso su un campo che è un tappeto di pennellate azzurre e ocra. Apparentemente solo e con il braccio teso, ad ogni passo l'uomo getta i semi che daranno vita al futuro raccolto.

La forza del colore e il dolore dell'amore: Van Gogh a Roma

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Un solco tracciato in primo piano porta lo sguardo dello spettatore a pochi passi da lui e lo rende partecipe di quel rito di fecondazione. Intanto, il disco del sole disegna all'orizzonte una raggiera di segni, un'esplosione di energia che conferisce sacralità e vitalità a quella promessa di vita. Van Gogh ha guardato a Millet, è lui stesso a dirlo, ma in quelle pennellate c'è qualcosa in più: c'è la voglia di scoprire il Sud (lui che era nato nel freddo Nord), perché "è maledettamente utile vedere il Midi, dove si vive di più all'aria aperta, per capire meglio i giapponesi. E poi, quel non so che di altero e nobile che hanno certi posti di qui", racconta a Bernard (cfr. Lettere a Émile Bernard, Abscondita 2022), ma soprattutto c'è il desiderio di inseguire un sogno: fondare una comunità di artisti i quali, lavorando fianco a fianco, avrebbero condiviso idee, luoghi e passioni. Idealmente, dunque, il seminatore diviene colui che sparge l'amore per l'arte (e per la natura che l'alimenta) e che lascia dietro di sé i germogli che porteranno a un nuovo raccolto.

Il gesto dissacratorio, quindi, non solo ha colpito il quadro sbagliato (fortunatamente il vetro di protezione ha evitato il peggio), ma è anche doppiamente riprovevole perché ha inferto l'ennesima crudeltà a un uomo il cui disperato bisogno di dare e di ricevere amore e approvazione (a partire dalla famiglia) è stato troppo spesso scambiato per "follia". Così scrive nel 1885 al fratello Theo: "C'è in casa una tale ripugnanza nei miei confronti, come se fosse entrato un grosso cane ispido". Quella di Van Gogh è stata una vita impregnata di tragedia, di rifiuti di derisioni. Nonostante ciò, ha sempre coltivato la speranza di imbattersi in uomini migliori ai quali poter donare ciò che di più prezioso poteva avere: la sua arte.

Il percorso espositivo della mostra romana ha un filo conduttore cronologico e segue i periodi e i luoghi dove il pittore ha vissuto: da quello olandese, al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove a soli trentasette anni, con un colpo di pistola, il 29 luglio del 1890, nel silenzio dei campi di Auvers, ha messo fine alla sua tormentata vita. Dagli scuri paesaggi della giovinezza, segnati dalla pittura olandese di Rembrandt, allo studio sacrale del lavoro della terra, scaturiscono figure che agiscono in una severa quotidianità come il seminatore, i raccoglitori di patate, i tessitori, i boscaioli, le donne intente a mansioni domestiche o affaticate a trasportare sacchi di carbone o a scavare il terreno in atteggiamenti di goffa dolcezza, con un'espressività che fa intendere come la fatica sia un ineluttabile destino.

Particolare enfasi è data al periodo parigino in cui Van Gogh, sulla scia dell'impressionismo e del postimpressionismo, scopre il colore che gli permette di mettere nel dipinto "le terribili passioni umane", il pulsare dell'esistenza, perché l’arte deve smuovere i sentimenti, deve colpire lo spirito. Van Gogh vede un paesaggio, un volto, un oggetto prima di tutto come un algoritmo cromatico, un contrappunto di accordi e di toni in grado di scuotere i sensi, di far vibrare l'anima e di far affiorare la carne viva. È di questo periodo anche l'Autoritratto a fondo azzurro con tocchi verdi del 1887 (che fa da copertina al bel catalogo edito da Skira), dove l'immagine dell'artista si staglia di tre quarti. Uno sciame di pennellate sottolineano lo sguardo penetrante e magnetico, da cui traspare un'insolita fierezza, ma anche l'ardore di un animo arroventato.
 

Van Gogh 
Palazzo Bonaparte
Piazza Venezia 5, Roma
dall'8 ottobre 2022 al 26 marzo 2023
Informazioni e prenotazioni: + 39 06 87 15 111

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