In mostra fino al 16 luglio a Palazzo Ducale di Genova dipinti, disegni e fotografie che raccontano il genio bohemienne di Modì
di Lorella GiudiciLa leggenda di Modigliani inizia il giorno dopo la sua morte (24 gennaio 1920), quando Jeanne, a soli 21 anni e incinta di otto mesi, si toglie la vita gettandosi dalla finestra. Si erano incontrati tre anni prima all'Accadémie Colarossi, dove lei, appena 19enne, studiava pittura e posava come modella. Gli occhi color del cielo, i capelli come Venere e il collo lungo come quello delle Madonne di Duccio e di tanti pittori senesi, la dolce e paziente Jeanne diviene la compagna e la musa ideale per l'irrequieto Modi e presto anche la madre della loro prima bimba.
Una storia avvincente e appassionante, che si consuma nella Parigi della Belle Époque e delle avanguardie artistiche, tra Montmartre e Montparnasse, nei caffè e negli studi fatiscenti di quegli artisti che avrebbero scritto la storia di un secolo: Pablo Picasso, Chaïm Soutine, Max Jacob, Moïse Kinsling, Constantin Brancusi, Diego Rivera, Maurice Utrillo.
Modigliani li ha ritratti tutti e molti di loro li ritroviamo nella mostra che si è da poco aperta a Palazzo Ducale di Genova (fino al 16 luglio): dall’amico Kisling (in mostra un ritratto del 1915 e un disegno su carta del 1916, oltre a una piccola sezione con opere realizzate a quattro mani) a Soutine (in mostra un olio del 1917), dalla giornalista suffragetta inglese Beatrice Hastings (dipinta nel 1915), con la quale il livornese ebbe una tormentata storia d’amore, alle amiche Lunia Czechowska (in un disegno a matita del 1919) e Hanka Zborowska, moglie quest’ultima del poeta polacco, divenuto poi suo mercante.
Modì, come lo chiamavano a Parigi, era arrivato nella capitale francese nel 1906. Bello, sciupafemmine e dall’indole poco accomodante, si era subito fatto notare per il temperamento, le colossali sbornie e la grande cultura letteraria (declamava poesie dei grandi autori italiani e interi canti della Divina Commedia) e artistica. Era giunto giusto in tempo per vedere la grande retrospettiva di Cézanne al Salon del febbraio del 1907. Per lui è una folgorazione che lo porta ad abbandonare le figure della tradizione macchiaiola, apprese a Firenze, alla scuola di Guglielmo Micheli (ex allievo di Fattori), per una sintetizzazione del corpo e del volto in forme nuove, che non avrebbero però mai dimenticato i secoli e le origini toscane.
Ossessionato dalla figura umana, in particolare da quella femminile ("dipingere una donna è possederla", diceva) Modigliani ne tratteggia i corpi con linee sottili e semplificate, li riassume in volumi nitidi, in lineamenti volutamente asimmetrici e che hanno negli occhi il loro punto di forza: introspettivi, enigmatici o stupefatti, dalle orbite vuote e luminose oppure nere e profonde come gli abissi.