Nelle stanze dell’Appartamento di Riserva a Palazzo Reale la serie più recente delle creazioni dylaniane
Bob Dylan a Palazzo Reale © Ufficio stampa
”Per gran parte della mia vita ho scarabocchiato: su quaderni o tovagliolini, su cartaccia o cartone, su piatti o tazzine. E dunque per me non è una novità. Disegno ciò che interessa a me, e poi lo dipingo. File di case, ettari a frutteto, le linee di tronchi d’albero, potrebbe essere qualsiasi cosa. Posso prendere una ciotola di frutta e raccontare della vita o del dramma della morte. Le donne sono figure di potere, ed io le ritraggono così…”. Bob Dylan
A Milano Palazzo Reale ospita la prima mostra in Italia dei dipinti di Bob Dylan, ossia Robert Allen Zimmerman (Duluth, 24/05/1941).Nelle stanze dell’Appartamento di Riserva la serie più recente delle creazioni dylaniane, New Orleans Series, realizzata dall’artista nel 2012.
La mostra, promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura Moda Design e da Palazzo Reale, è curata da Francesco Bonami.
Tutti conoscono Bob Dylan come musicista, poeta della canzone e autore di testi entrati nella storia della musica come colonna sonora della vita di intere generazioni. A coronamento di questa carriera, nell’aprile del 2008 gli viene assegnato il Premio Pulitzer “per il profondo impatto sulla musica popolare e sulla cultura americana, grazie alle liriche composte e alla straordinaria forza poetica dei suoi testi”. Pochi però sanno che Dylan è da sempre anche un artista visivo, che disegna fin da quando era molto giovane e che verso la fine degli anni ‘60 ha iniziato a dipingere. La prima collezione di bozzetti e disegni, nata in un tour che lo portò dall’America in Europa e Asia tra il 1989 e il 1992, fu pubblicata nel 1994 in un libro dal titolo Drawn Blank ed esposta per la prima volta al Kunstsammlungen di Chemnitz in Germania nel 2007, rielaborata per la mostra in versione di acquarelli e gouaches con il titolo The Drawn Blank Series. Una seconda serie di tele vede la luce nel 2010, in occasione di una personale in Danimarca, alla National Gallery di Copenhagen, per la quale Dylan crea The Brazil Series. Il set dei 23 dipinti esposti nelle sale di Palazzo Reale è invece New Orleans: non la città del passato recente devastata dall’alluvione, bensì la New Orleans impregnata nell’atmosfera un po’ losca ma cool degli anni ‘40 e ‘50.
La mostra è una narrazione personale, dove ogni opera è un frammento di una storia più grande e ogni immagine vive a metà fra sogno e ricordo.
Per l'assessore Stefano Boeri: "Bob Dylan non è il primo musicista che dipinge. Penso che sia proprio questo il tratto interessante perché qui in mostra c'é un immaginario che ognuno di noi potrà riferire al Dylan musicista che già conosce".
Abbiamo intervistato il Curatore e Ideatore della mostra Francesco Bonami.
Perché Bob Dylan e perché Palazzo Reale?
Avevo visto una sua mostra, non di questi quadri, da Gagosian a NewYork. All'inaugurazione era lì e davanti ad un mito, ho preso il coraggio a quattro mani e ho utilizzato i pochissimi strumenti che avevo dicendo che ero un curatore italiano e che se avesse voluto fare una mostra in Italia, sarei stato felice di curarla, pensando che la cosa cadesse nel vuoto, essendo lui un tipo molto schivo, molto scorbutico. Invece dopo una decina di giorni mi è arrivata una telefonata del suo manger che mi diceva che lui aveva apprezzato molto l'invito e che se avessi voluto fargli una mostra in Italia lui l'avrebbe considerata e fatta e io ho proposto qui a Milano e pensavo che negli appartamenti di riserva di Palazzo Reale, che sono così connotati i dipinti un po' cupi di Bob Dylan avrebbero funzionato molto bene ed avrebbero fatto vedere un lato di Dylan che non è molto conosciuto in Italia.
Passiamo dalla prima parte della mostra che è molto scura, dura, acerba a quella sognante dell'ultima sala.
Lui ha queste due dimensioni. L'ultima sala e quella a cui lui paradossalmente tiene di più, perché credo che siano i quadri che lui costruisce su dei disegni che lui fa di questi cortili, dal vero, in un modo quasi naïf. Ci tiene molto tanto che ci ha chiesto di mettere uno di questi quadri sul manifesto. Gli altri vengono ripresi, come per altri artisti contemporanei, da fotografie, da film, da immagini che vede su delle riviste. Però hanno un tono, un'atmosfera più da cinema muto che da attualità. Bob Dylan paga il fatto di essere Bob Dylan quando fa il pittore perché tutti lo giudicano molto più severamente, sono quasi contenti di dire che è un cattivo pittore. In realtà, per me questa è una sfida che avevo fatto e anche un po' una leggera provocazione perchè io che ho conosciuto tanti artisti contemporanei, ce ne sono tanti molto ma molto famosi, invitati a Documenta e alla Biennale che non dipingono in modo molto diverso da Bob Dylan, sia tecnicamente che come ispirazione, però hanno dei nomi che non sono Bob Dylan, si potrebbero fare vari nomi di artisti che anche alle aste vengono comprati a cifre molto, molto alte, ma che secondo me non sono molto superiori a Bob Dylan.
Ma lui come è?
L'ho conosciuto a Los Angeles, sono andato due volte a trovarlo per vedere i quadri. La prima volta era molto intimidito, perché tutti dicono che sia molto molto schivo e quindi temevi sempre di dire la parola sbagliata, anche di guardarlo, lui è uno che non vuole assolutamente farsi fotografare, se uno guarda anche i film di Scorzese su di lui, anche quando era giovanissimo era così schivo, riluttante a farsi fotografare. La seconda volta l'ho visto molto più rilassato, siamo stati a chiacchierare per tre ore lì davanti a un caffè, intorno a questi quadri, e quando è venuto qui ieri era molto gentile, voleva sapere se i quadri erano piaciuti alle persone che avevano allestito la mostra. A lui non interessa piacere ai critici ma alla gente, per questo ha voluto accertarsi che la mostra fosse totalmente gratuita.
Bisogna dire che e se noi fossimo Bob Dylan, che ci importerebbe di farci fotografare, intervistare… Bob Dylan è un dato di fatto. Bob Dylan è Bob Dylan, punto.
© Gianni Marussi
Bob Dylan
L’evento espositivo sarà accompagnato da una rassegna cinematografica dedicata a Bob Dylan, organizzata da Fondazione Cineteca Italiana in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura, Moda, Design del Comune di Milano, che si svolgerà dall’1 al 3 marzo 2013 presso la Sala Alda Merini, Spazio Oberdan della Provincia di Milano.
Sei i titoli in programma, fra lungometraggi e documentari: il classico Rinaldo e Clara (1978), diretto dallo stesso Dylan, in cui la musica si intreccia con interviste e divagazioni filosofico-esistenziali; il bellissimo Io non sono qui (T. Haynes, 2007), vincitore alla Mostra del Cinema di Venezia 2007 del Premio speciale della giuria e della coppa Volpi per la miglior attrice a Kate Blanchett, che intrepretò lo stesso Dylan in modo stupefacente con un eccezionale lavoro sui gesti, le movenze e la voce dell’artista; il grande ritratto di Scorsese No Direction Home: Bob Dylan (2005), con inediti materiali di repertorio e interviste realizzate per il film; poi Pat Garrett e Billy the Kid (1973), certo uno tra i film western crepuscolari più belli di sempre, firmato dal maestro Sam Peckinpah e ricordato anche per la celeberrima canzone “Knockin' on Heaven's Door”; il documentario di Alan Pennebaker Dont Look Back (1967), il primo dedicato ad un artista del folk-rock e selezionato nel 1998 per la preservazione da parte del National Film Registry della Library of Congress statunitense come opera significativa sotto l'aspetto culturale, storico ed estetico.
L’ultimo titolo della rassegna è un’opera tutta da scoprire, mai distribuita in sala in Italia. Si tratta di Masked and Anonymous, realizzato nel 2003 da un regista di grande talento come Larry Clarke, con Bob Dylan nei ruoli di sceneggiatore e interprete protagonista e con uno stuolo davvero significativo di grandi attori: da Jeff Bridges, John Goodman e Jessica Lange, a Penelope Cruz, Luke Wilson, Angela Bassett, Ed Harris, Val Kilmer.
Ingresso mostra: gratuito
Orari: Lunedì: 14:30-19:30; da martedì a domenica: 09:30-19:30; Giovedì e sabato apertura prolungata fino alle 22:30.
Palazzo Reale
Piazza del Duomo, 12
20100 Milano
Tel. 02 8846 5236