In occasione della pubblicazione dell'ottava edizione del “Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione” il docente fa il punto su norme e diritti in materia di Rete e news
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Diritti in Rete, quale futuro? A questa domanda risponde l’ottava edizione del “Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione” di Ruben Razzante (ed.Cedam-Wolters Kluwer), che in 662 pagine raccoglie le ultime novità normative, giurisprudenziali, deontologiche e dottrinali, nazionali, europee ed extraeuropee, in materia di diritto all’informazione, pluralismo, giornalismo, editoria on-line, privacy e diritto di cronaca, diffamazione a mezzo stampa e a mezzo internet, diritto d’autore, par condicio, etica e minori, informazione economica e finanziaria, commistioni tra pubblicità e informazione, organizzazione delle strutture di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, authorities, Rai e tv commerciale, digitale terrestre e servizi di media audiovisivi, Agenda digitale, blockchain, internet delle cose e intelligenza artificiale.
L’ottava edizione del Manuale del professor Razzante verrà presentata venerdì 7 giugno, alle ore 17,30, a Palazzo Cusani, in via Brera, 15, a Milano, in occasione di un dibattito sul tema: “Tutela dei diritti e qualità dell’informazione in Rete”. Intervengono con l’autore: Cesare Avenia - Presidente Confindustria Digitale, Roberto Bichi - Presidente Tribunale di Milano, Marcello Foa - Presidente Rai, Alessandro Galimberti - Presidente Ordine Giornalisti Lombardia, Vinicio Nardo - Presidente Ordine Avvocati di Milano. Modera: Sandro Neri - Direttore "Il Giorno".
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Tgcom24 ha intervistato il professor Ruben Razzante, Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma, sui principali temi affrontati nel volume e sulle loro implicazioni.,
Quali nuovi strumenti legislativi ha messo a punto il nostro paese e la Ue per la lotta alle fake news?
La strategia di contrasto alle fake news non può che essere europea. Infatti l’Ue ha varato l’anno scorso un codice di autoregolamentazione in materia, che è stato sottoscritto dai principali colossi del web, che si impegnano a combattere il fenomeno rimuovendo, autonomamente o su segnalazione degli utenti, contenuti fake. Il codice era stato pensato soprattutto in vista delle elezioni europee del 26 maggio scorso, al fine di evitare manipolazioni del consenso. Tuttavia, i vertici di Bruxelles non avevano escluso di emanare una norma molto più vincolante, sotto forma di regolamento o di direttiva, per combattere il fenomeno delle fake news, che rischia di minare alla radice il diritto all’informazione dei cittadini europei e quindi la democrazia. Nella legislatura europea appena iniziata il tema tornerà tra le priorità da affrontare. Oltre ai rimedi giuridici vanno potenziati quelli tecnologici, vale a dire gli algoritmi in grado di stoppare alla radice la diffusione di notizie palesemente false. Infine, occorre incentivare l’educazione digitale affinchè gli utenti siano maggiormente consapevoli dei rischi che corrono se approcciano la Rete con leggerezza e superficialità, non vagliando criticamente i contenuti nei quali si imbattono.
Le istituzioni Ue che vedranno la luce dopo il voto di maggio cambieranno atteggiamento nei confronti dei giganti del web?
Già con il Gdpr, il nuovo Regolamento sulla privacy, e con la direttiva sul copyright, l’Unione europea ha dimostrato di voler imporre ai colossi del web maggiori vincoli a tutela della libertà e dei diritti degli utenti. Più che cambiare atteggiamento bisognerà applicare lo stesso approccio negli altri ambiti dell’economia digitale, vale a dire le transazioni on line, i diritti dei consumatori in Rete, la tassazione dei giganti del web e altri.
La deontologia giornalistica è ancora un argine sufficiente a tutelare la correttezza e l'indipendenza dell'informazione?
La deontologia è l’unico argine possibile per salvare l’informazione di qualità prodotta professionalmente. In questo sforzo di rispetto della deontologia, però, i giornalisti non possono essere lasciati soli. Gli editori devono valorizzare gli esempi di buon giornalismo e i colossi del web, che indicizzano prodotti giornalistici altrui, devono cooperare per rendere sempre più riconoscibili gli articoli scritti da professionisti del settore che applicano con correttezza i principi del diritto di cronaca. Tutti devono contribuire, altrimenti si finisce per mettere sullo stesso piano giornalismo professionale e pseudogiornalismo dilettantesco e a perdere sono tutti, non solo i giornalisti, ma anche i cittadini, che ricevono un’informazione scadente.
Le minacce del governo contro Odg e alcune testate che godono del finanziamento pubblico costituiscono davvero una minaccia per il pluralismo dell'informazione?
Il governo ha deciso di affrontare in modo nuovo i problemi del giornalismo, ma secondo me ha sbagliato impostazione. Alcune delle questioni poste dall’attuale esecutivo vanno giustamente nella direzione di svecchiare un sistema di finanziamento pubblico che ha dimostrato di non funzionare perché non ha responsabilizzato le testate e gli addetti ai lavori. Abolire l’Ordine, però, non è la soluzione. Azzerare in tre anni i contributi indiretti non è la soluzione. La strada da seguire è quella di mettere attorno a un tavolo tutti i soggetti della filiera di produzione e distribuzione delle notizie e di trovare insieme soluzioni condivise che consentano a tutti di lavorare con profitto senza farsi la guerra l’un l’altro. Mi riferisco a giornalisti, editori, colossi del web, inserzionisti pubblicitari, edicolanti, associazioni di tutela dei consumatori. Senza uno sforzo corale le politiche in materia di informazione saranno sempre mosse da istinti di rivalsa nei confronti di chi c’era prima e l’approccio puramente ritorsivo finirà per impoverire sempre più quella filiera. Occorre azzerare i preconcetti e le visioni ideologiche e affrontare con logiche di mercato e professionalizzanti tutti i nodi che attanagliano il mondo dell’editoria tradizionale e on line. C’è da sperare che gli Stati generali dell’editoria, convocati dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria Vito Crimi, ai quali peraltro porterò un contributo scientifico nei prossimi giorni, possano soddisfare proprio tale esigenza.