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Sei giovane e non vuoi accontentarti di uno stage? Crea una startup vincente

Il professore Marco Arcari spiega come trasformare in realtà la propria idea di business e superare le difficoltà che l'Italia pone a chi vuole innovare

03 Mag 2018 - 10:22
 © ufficio-stampa

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A fare impresa si impara perché l'improvvisazione non porta da nessuna parte. Tanto più quando si mette in piedi una attività da zero, da una idea così innovativa da essere vicina alla follia. Ne è convinto Marco Arcari, docente a contratto dell'Università degli Studi di Milano, che ha dedicato un intero volume a "La startup di maggior successo" (Aiep Editore, 178 pagine, 19 euro). Dedicato a studenti, appassionati, neoimprenditori, lettori curiosi che sentono l'ispirazione di poter fare qualcosa di rivoluzionario o al quale semplicemente nessuno ha ancora pensato. In un percorso completo, Arcari porta per mano il lettore alla scoperta di tutto quello che c'è da sapere sull'argomento: dalla compilazione di un business model alla redazione del business plan, dal piano economico finanziario all'accesso al credito, dal particolare quadro normativo alla tutela della proprietà intellettuale. Tutti abbiamo in mente nomi di startup che sono diventati casi di successi miliardari: Facebook, Amazon, Yoox. A Tgcom24 l'autore spiega come un giovane ambizioso e con una buona idea di partenza possa navigare nelle agitate acque dell'economia italiana e portare a casa risultati e soddisfazioni.

Le startup godono di molta fortuna in questo momento: sono davvero un'opportunità? Quali sono i principali rischi quando si crea un'azienda da zero?
Il maggior pregio che può avere uno startupper è la “capacità di resistere” a più elementi. Innanzitutto alla percezione di solitudine: all’inizio la quasi totalità delle persone dirà che non può funzionare. E poi ai “no” dei finanziatori. La motivazione deve essere il vero perno dell’iniziativa per muoversi in un mare molto agitato. Le startup sono la più grande opportunità disponibile per chi, pur non facendo parte delle “élite”, voglia affermarsi: spesso l'alternativa nell'età dei 23-27 anni in Italia è lo stage. Consiglio a tutti i miei studenti (vocati) un’esperienza da startupper con un’unica accortezza: durata massima dell’iniziativa non superiore ai 18 mesi per verificarne il successo. Alla fine di questo percorso si apriranno due vie: la continuazione dell’esperienza imprenditoriale o l’ingresso nel mondo del lavoro, ma dopo aver acquisito competenze ambitissime.

Spesso si dice che l'Italia non è un paese per giovani e per innovatori: qual è la situazione reale per gli startupper?
Il nostro è un paese in cui è difficile penetrare contesti imprenditoriali e relazionali strutturati. Ma è altrettanto vero che l'Italia offre una legislazione sulle startup all'avanguardia rispetto al sistema Europa e con tantissime agevolazioni capaci di incrinare le resistenze anche più strenue dell'establishment. Nel libro ho dedicato un capitolo all'istituzione della cosiddetta “startup innovativa” (a partire dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221 cosidetto DL Crescita 2.0) e “PMI innovativa”. Una vera opportunità per la neoimpresa e un risparmio per gli investitori. Il nostro paese vanta delle eccellenze, dei veri e propri “giacimenti auriferi” (food, cultura, turismo, moda, etc.) per la nuova impresa perché ancora non completamente innovati, si pensi al canale e-commerce tra gli altri.

La difficoltà è certamente quella di partire, ma per molte startup poi la vera sfida è sopravvivere alla fase di lancio. Quali sono i suoi consigli al riguardo?
Rimanere fortemente focalizzati sul cliente e non farsi assorbire dalla cura maniacale del prodotto/servizio. Si può avere il miglior prodotto del mondo ma se lo si porta sul mercato senza l’adeguato tempismo e supporto comunicativo il risultato sarà disastroso. In merito, nel mio libro, suggerisco il metodo “lean startup” sviluppato da Ries: “partire leggeri” con un approccio immediato al mercato anche se con un prodotto/servizio non completamente sviluppato. Il secondo aspetto della sfida è sopravvivere ai finanziatori. Trovare gli investitori è molto importante, ma bisogna essere consapevoli che il loro ingresso nel capitale comporta una “governance” nuova per la società, irta di insidiosi pericoli. Infine la capacità di essere elastici, attenti agli stimoli di clienti, investitori, partner per cogliere opportunità di miglioramento del modello di business.

Qual è la startup di maggior successo a suo avviso? A quali esempi si possono ispirare i giovani italiani che pensano di lanciare una propria azienda?
Due diverse considerazioni, escludendo volutamente esempi d’oltreoceano a mio parere non replicabili in Italia. Dal punto di vista filosofico cito Yoox. Si è posizionata in quello che ho definito uno dei filoni aurei italiani (moda) portando una forte innovazione nel canale di vendita. Lo stesso dovrebbero fare gli startupper negli altri filoni (food, turismo, cultura, etc). Da un punto di vista più pragmatico invece qualsiasi startup che si innesti in settori frammentati e inefficienti potrà avere buone probabilità di successo. Ho seguito fin dalla nascita Sailsquare, startup che grazie a una piattaforma social ha modificato il modus operandi del settore viaggi in barca a vela. Un settore non presidiato, segmentato, che grazie alla passione, all’intuito e alla tenacia dei fondatori ha dato risultati molto interessanti.

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