© Matteo De Fina
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L'esposizione, in mostra fino al 26 settembre, ruota attorno al mondo onirico ed esoterico del movimento fondato da Breton
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"La magia è il mezzo per avvicinarsi all’ignoto per vie diverse da quelle della scienza o della religione", scrisse Max Ernst. Oltre venti artisti, circa sessanta opere provenienti da quaranta prestigiosi musei e collezioni private internazionali compongono "Surrealismo e magia. La modernità incantata", prima mostra interamente dedicata all’interesse dei surrealisti per la magia, l’alchimia e l’occulto che la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia propone dal 9 aprile al 26 settembre.
NASCITA DEL SURREALISMO - Con il Manifesto del Surrealismo, pubblicato nell’ottobre del 1924, lo scrittore francese André Breton fondò un movimento letterario e artistico che di lì a poco sarebbe diventato la principale avanguardia dell’epoca. Segnati dagli orrori della prima e seconda guerra mondiale, i surrealisti rifiutano la razionalità, scegliendo di perseguire strade alternative: i sogni, l'irrazionale, l'inconscio, ma anche la magia, la mitologia, l'alchimia e l'occulto. Si tratta di tematiche in grado di stimolare e liberare l'immaginazione da ogni limite, ispirando opere che possano alleviare l'umanità in un momento di turbamento e profondo cambiamento socio-politico.
Per gli artisti che gravitano nell’orbita del Surrealismo la magia diviene il lasciapassare per una rinascita culturale e spirituale post-bellica, che permette loro di raggiungere l’obiettivo di una rivoluzione totale, non solo materiale, ma anche della mente, una trasformazione individuale che diventa il mezzo con cui cambiare il mondo. Nelle loro opere, i surrealisti attingono a piene mani alla simbologia dell’occulto, legato a un sapere arcano e a processi di emancipazione personale, e alimentano la tipica nozione dell’artista come alchimista, mago o visionario, e ancora dea, strega, incantatrice. La mostra "Le Surréalisme en 1947", tenutasi alla Galerie Maeght di Parigi nel 1947 e concepita come un’iniziazione surrealista a una visione di un mondo nuovo enfaticamente magico, denota quanto dominante fosse l’influenza di tali interessi. Nel lungo studio su "L’arte magica" (1957) Breton definisce il Surrealismo come la scoperta della magia in una modernità disincantata e razionalizzata, e così facendo inserisce il movimento come ultima espressione di una lunga tradizione di “arte magica” rappresentata, ad esempio, dal pittore olandese Hieronymus Bosch, la cui fantasiosa iconografia affascina i surrealisti.
LA MOSTRA - All’origine dell’esposizione è il patrimonio di opere surrealiste della Collezione Peggy Guggenheim, opere iconiche che riflettono con grande enfasi il dialogo tra i surrealisti e la tradizione dell’occulto. Molti artisti, le cui opere sono incluse in mostra, vengono esposti da Peggy Guggenheim, che alla fine degli anni trenta del XX secolo è considerata una delle collezioniste più vivaci del Surrealismo. È in quegli anni che la mecenate acquisisce familiarità con il movimento e presto diventa intima amica di Ernst e Breton.
"Surrealismo e magia. La modernità incantata" ruota attorno a temi quali l'alchimia, la metamorfosi e l'androgino, i tarocchi, la sostanza totemica, la dimensione dell’invisibile e quella cosmica, nonché la nozione dell'artista come mago e della donna come essere magico, dea e strega. Da un punto di vista cronologico, l’esposizione spazia dalla pittura metafisica di Giorgio de Chirico, datata intorno al 1915, a dipinti iconici come "La vestizione della sposa" (1940) di Max Ernst, e "Gli amanti" (1947) di Victor Brauner, al simbolismo occulto delle ultime opere di Leonora Carrington e Remedios Varo. Tra le firme del viaggio in mostra troviamo anche René Magritte, Dorothea Tanning, Salvador Dalì, Yves Tanguy, Roberto Matta e molti altri.