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Oltre un centinaio le opere esposte a Palazzo Reale (di cui 47 dipinti, 16 di Tiziano, sculture, gioielli, libri e grafica) fino al 5 giugno
di Lorella Giudici© Ufficio stampa
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Veneri prosperose, giovani dalle lunghe chiome dorate, donne dallo sguardo altero o dai decolté sensuali, spose promesse, sante o ninfe, sono tante le donne a cui Tiziano ha dato voce nella sua straordinaria pittura e tutte sono incantevolmente belle nei loro incarnati luminosi, nei corpi generosi e negli sguardi suadenti.
Come nessun altro pittore del Cinquecento, il geniale veneziano ha saputo infondere intensità e eleganza a un nutrito popolo di dame, tanto che fu presto etichettato come un indefesso donnaiolo. Così come si diceva che per la Fornarina Raffaello avesse fatto posare la sua amante, si sparse voce che tanti dipinti di Tiziano – dalla Violante a La Bella – raffigurassero sue amanti o mantenute. Poi, però, quando la differenza di età cominciò a diventare troppo grande, si ipotizzò che si trattasse delle figlie – Lavinia e Emilia –, come nel caso della Giovane donna con ventaglio di Dresda. Alla fine anche la critica si è dovuta arrendere, l’interrogativo sull’identità delle modelle di Tiziano, in particolare quelle che ha raffigurato nude, come la ninfa del Baccanale degli Andrii, uno dei dipinti realizzati per il camerino di Alfonso d’Este intorno al 1522-1524, non ha che queste risposte possibili: se non erano dipinti eseguiti per soddisfare i suoi committenti e le loro future mogli, erano i volti delle mogli – Cecilia che morì presto e la seconda, di cui non si sa nulla –, delle sorelle – Dorotea e Orsa –, ma più spesso erano visi immaginati, sogni a cui il suo audace ed elegante pennello ha saputo dare corpo con la forza del colore.
A tutte loro è dedicata la mostra coprodotta dal Comune di Milano, Palazzo Reale e Skira Editore (che per l’occasione non pubblica un catalogo, ma un volume ricco di saggi e di immagini di approfondimento) e intitolata Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento veneziano, allestita nelle sale di Palazzo Reale fino al 5 giugno.
Oltre un centinaio sono le opere esposte (di cui 47 dipinti, 16 di Tiziano, sculture, gioielli, libri e grafica) in un percorso che racconta la magia della pittura di Tiziano, ma che vuole anche riflettere sul ruolo dominante della donna nella pittura veneziana del XVI secolo, cosa che non ha eguali nella storia europea.
Grazia, dolcezza, potere di seduzione, eleganza innata sono le componenti fondamentali che accomunano le immagini femminili della Scuola Veneta, che ha in Tiziano il protagonista indiscusso. E nella carrellata dei ritratti le “belle veneziane” sono donne reali ma fortemente idealizzate. Non sono cortigiane, come per troppo tempo sono state tramandate, ma spose, doni dei futuri mariti per preparare le loro fidanzate al proprio ruolo e Amor sacro e Amor profano è da collocare in questo contesto. Esse si presentano con vesti scollate, ma il mostrare il seno non è simbolo di spregiudicatezza bensì apertura del cuore, gesto sincero e vero a suggello delle nozze. La prima “bella” nell’opera di Tiziano è Violante, così chiamata per la viola che spunta dal suo décolleté, magnifica nella suo prosperoso splendore. Questi quadri nella Venezia del
Cinquecento prendono il posto dei ritratti di patrizie o di borghesi, una tipologia fortemente avversata dal sistema oligarchico cittadino che rifiutava il culto dell’individualità. Anche Tiziano si era adeguato al precetto e quando doveva ritrarre donne reali le prendeva fuori dai confini, come nel caso di Isabella d’Este, marchesa di Mantova, o di sua figlia Eleonora Gonzaga, duchessa di Urbino.
Un capitolo interessante è riservato alle cortigiane (tutte rigorosamente censite in un apposito catalogo "segreto”), donne spesso colte e argute, note per la maestria nel recitare versi accompagnate dal liuto o nello scrivere, come per esempio Veronica Franco, che in una lettera ringrazia Tintoretto per averla ritratta. C’è poi un vasto campionario di eroine, come Lucrezia, Giuditta e Susanna, che rappresentano l’onore, la castità, il coraggio e il sacrificio, oppure raffigurazioni di Maria Maddalena nella sua fase spirituale di penitenza e infine le figure mitologiche, come Venere che nasce dal mare per personificare la città di Venezia.
E se non sempre Tiziano si basava sull’osservazione personale delle dame da dipingere perché in molti casi partiva da ritratti eseguiti da altri artisti integrandoli sulla base di descrizioni verbali, su alcuni soggetti non osò mai posare lo sguardo, come nel caso della moglie dell’imperatore Carlo V.