la passione per i fumetti

Umberto Eco, intellettuale con la testa tra le nuvole... parlanti

Scrittore, saggista, professore universitario ma anche grande appassionato di fumetti. Fu il primo a "sdoganare" i comics e a inquadrarli nella cultura popolare di massa

di Domenico Catagnano
15 Apr 2016 - 15:30
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Uscito nel 2004, "La misteriosa fiamma della regina Loana" è uno dei romanzi meno conosciuti di Umberto Eco, ma rappresenta una lettura necessaria per chi ama i fumetti. Nel libro si racconta di un antiquario di mezza età -nel quale non è difficile riconoscere lo scrittore- che vive a Milano e che perde la memoria autobiografica (ha cancellato tutto ciò che gli è accaduto nella sua vita) ma non quella semantica (ricorda benissimo chi è Garibaldi e tutti i libri che ha letto in vita sua).

L'uomo torna nella sua casa dove era cresciuto, non a caso in Piemonte, a cercare di riallacciare i fili col suo passato, e sprofonda tra i fumetti della sua infanzia. Il romanzo, l'unico illustrato di Eco, è un "ringraziamento", tra gli altri, a Flash Gordon, a Jacovitti, a Nick Carter, all'Agente segreto X9, a Mandrake e a tutti quegli eroi di carta che avevano colpito la fantasia dello scrittore in gioventù. "La misteriosa fiamma della regina Loana", non a caso, è anche il titolo italiano di una celebre avventura di "Cino e Franco", una serie a fumetti degli anni '30.

Umberto Eco, intellettuale con la testa tra le nuvole... parlanti

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© dal-web  | Il romanzo del 2004 "La misteriosa fiamma della Regina Loana"
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© dal-web | Il romanzo del 2004 "La misteriosa fiamma della Regina Loana"

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Quest'omaggio alla nona arte ha radici profonde, radici risalenti ad almeno quarant'anni prima la pubblicazione di Loana. Nal 1964, nel celeberrimo saggio dedicato alla cultura di massa "Apocalittici e integrati", Eco si occupò ampiamente dei comics. "Sono stato il primo a scrivere seriamente di fumetti", ricordava in una recente intervista, e a lui si deve la catalogazione delle nuvole parlanti come un genere che "rientra in quel gruppo di strumenti comunicativi di cui fanno parte i media più diffusi come la radio, la televisione e i giornali". Una presa di posizione rivoluzionaria, considerato che in quel periodo i fumetti erano considerati un passatempo -mal tollerato- per i ragazzini. Erano i tempi in cui personaggi come Diabolik venivano messi metaforicamente alla sbarra perché "plagiavano" le menti dei giovani.

Un anno dopo "Apocalittici e integrati", nel 1965, nascerà Linus, la rivista di "fumetti e d'altro", che nel primo numero ospita un colloquio tra Eco ed Elio e Vittorini che si apre così: "Oggi stiamo discutendo di una cosa che riteniamo molto importante e seria, anche se apparentemente frivola: i fumetti di Charlie Brown. Vittorini, com'è che hai conosciuto Charlie Brown?".

Eco adorava i Peanuts (scrisse diverse introduzioni ai libri dedicati ai ragazzini di Schulz) ma anche una coppia di personaggi tirata in ballo in due tra le sue citazioni più famose . "Se voglio divertirmi leggo Hegel, se voglio impegnarmi, leggo Corto Maltese", amava dire, o ancora "posso leggere la Bibbia, Omero o Dylan Dog per giorni e giorni senza annoiarmi". Se non abbiamo testimonianze di incontri tra il creatore di Corto Hugo Pratt (al quale si deve una delle più belle e incisive definizioni di fumetto, quella di "letteratura disegnata") ed Eco, abbiamo, per essere stati presenti, memoria di una sua serata con Tiziano Sclavi, "papà" dell'Indagatore dell'Incubo.

Era il 1998 e fino ad allora mai Sclavi si era presentato in pubblico a parlare del suo personaggio, tanto che non esisteva neanche una foto che lo ritraesse in volto ma solo qualche caricatura. Proprio Umberto Eco lo convinse a incontrare il pubblico a Milano in occasione della presentazione di un libro, "Dylan Dog - indocili sentimenti e arcane paure", nel quale è contenuto anche un dialogo tra i due. C'è da dire che Dylan ed Eco si "conoscevano" già: l'autore del "Nome della Rosa" era apparso nel numero 136 dell'Indagatore dell'Incubo nei panni del professor Humbert Coe. L'albo, intitolato "Lassù qualcuno ci chiama", era stato scritto e sceneggiato, chiaramente, da Sclavi.

Durante l'incontro Sclavi chiese a Eco perché amasse Dylan Dog. "Il mio modello - rispose lo scrittore - è un personaggio di Hugo Pratt (non a caso, ndr), un dàncalo o un eritreo, non ricordo più bene, che faceva cose stranissime. Alla domanda che gli veniva rivolta: 'Perché fai questo?", lui rispondeva: 'Perché tale è il mio piacere'. Mi sembra una risposta inattaccabile". Un piacere che, siamo certi, non riguardava solo Dylan Dog ma tutti i fumetti.

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