Storie di moda

Alberto Bresci, l’inventore del Luxury Sportswear

Hydrogen, il brand con il teschio, conquista il mercato dell’abbigliamento sportivo di lusso

di Elena Misericordia
17 Gen 2018 - 07:57
 © ufficio-stampa

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Alberto Bresci, classe 1977, è lo stilista e la mente creativa del brand Hydrogen, icona del luxury sportswear a livello internazionale. Pioniere del settore, amante dello sport e dei motori, ha introdotto per primo sul mercato un concetto di eleganza-casual, unico nel suo genere e rigorosamente Made in Italy.

Nell’universo creativo di “Mr. Hydrogen”, lo stile è disinvoltura, volontà di stupire e sperimentare, trasformando la moda in divertissement, attraverso gli accostamenti più inconsueti ed originali, in grado di esaltare con ironia e carattere la personalità di chi li indossa. 
Vulcanico, eclettico e carismatico, Alberto Bresci si muove sempre “un passo avanti”, proponendo un look informale, divertente e spiazzante, che prevede la capacità di saper mixare con naturalezza una giacca doppiopetto con i pantaloni della tuta.

Hydrogen è un marchio sportivo ma di lusso, che assume le distanze dai grandi players del mercato squisitamente sportswear, puntando sull’alta qualità manifatturiera, la ricercatezza del dettaglio e il massimo pregio dei materiali.
È così che il teschio con il cuore capovolto ha conquistato in breve tempo le vetrine delle boutique fashion più rinomate, sia in Italia che all’estero, affiancandosi alle grandi firme e agli abiti sartoriali.

Alberto, quali sono le tue origini? Qual è stato il tuo percorso di formazione umano e professionale?
Sono nato a Cittadella, in provincia di Padova, da una normalissima famiglia di lavoratori, mio padre era un piccolo imprenditore e mia madre una rappresentante di moda. Da bambino avevo due grandi passioni: il tennis e le automobili. A undici anni ho iniziato a giocare a tennis e mi sono distinto per il mio talento. Ho frequentato una scuola in Italia che prevedeva tre mesi all’anno di allenamenti negli USA, a Miami. Mi sono così ritrovato ben presto, a soli quindici anni, nel circuito dei giocatori Junior più promettenti…il mio sogno era quello di diventare un campione. Allo stesso tempo, però, ero molto portato per il disegno e dicevo sempre che da grande avrei fatto il disegnatore di Porsche! A causa di un infortunio, ho dovuto archiviare la mia carriera agonistica in campo sportivo e mi sono trasferito a Londra per frequentare la European Business School, laureandomi in marketing internazionale con una tesi sulle sponsorizzazioni in Formula 1. Il tennis e il motorsport hanno da sempre segnato il mio cammino. In particolare il legame sport-design ha rappresentato il caposaldo nella definizione della mia identità, come uomo e come imprenditore.

Esiste un episodio della tua vita che ti abbia portato a decidere di diventare imprenditore e designer nel settore moda?
Tutto è nato da una porta sbattuta in faccia…Terminata l’università, il mio desiderio, come per tanti studenti, era quello di diventare un manager affermato all’interno di una grande azienda. Volevo entrare nel mondo della Formula 1, in particolare in Renault, che in quel periodo aveva la necessità di reclutare giovani e intraprendenti neo-laureati. Fui contattato dal direttore marketing della casa automobilistica che aveva sentito circolare il mio nome negli ambienti londinesi più esclusivi. Partendo da zero, grazie al mio carattere estroverso e alla mia intraprendenza, ero riuscito infatti a creare una fitta rete di relazioni nel jet-set più elitario della city. La persona che mi aveva selezionato, tuttavia, cambiò lavoro e la decisione aziendale fu quella di stravolgere il team. Ero molto demoralizzato: avevo 24 anni e per me, in quel momento, fu una vera sconfitta. 
Soltanto a distanza di tempo, mi sono reso conto che quella porta, apparentemente chiusa, sarebbe invece stata l’occasione della mia vita. Ero giovane e avevo tutte le carte in mano per mettermi in gioco. Ho così tirato fuori grinta e creatività e mi sono finalmente dedicato a ciò che davvero mi apparteneva.


Lo stimolo a creare una tua casa di abbigliamento è nata da un regalo speciale di Lapo Elkann, è così? 
Durante il primo anno di università condividevo con Lapo la mia casa a Londra. Avevamo entrambi la stessa passione per la moda e “rubavamo” gli abiti dall'armadio del grande Gianni Agnelli. Una sera Lapo indossava una camicia in denim del nonno e, siccome mi piaceva molto, decise di regalarmela. Quella notte ebbi un'illuminazione e l’indomani, al mio risveglio, ero già a Gatwick pronto per tornare in Italia: puntando su una qualità tutta Made in Italy, la mia idea fu quella di riprodurre la "Camicia Avvocato", ancora oggi capo-icona delle mie collezioni, usando un tessuto invecchiato ad arte, rotta e lisa negli stessi punti dell’originale, con le medesime caratteristiche, tra cui ad esempio il porta-penna sul taschino. In pochi giorni registrai il mio brand e da lì ebbe inizio la mia avventura. 

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Di preciso quando e com’è nato il brand Hydrogen? Come mai la scelta di questo nome? L’idea del logo-teschio da dove deriva?
Hydrogen è nato nel 2003. Ho scelto questo nome spinto dalla convinzione che l’idrogeno sarebbe stato il combustibile del futuro. Volevo così augurarmi un avvenire vincente e al tempo stesso suggerire un’idea di moda più audace, con l’intenzione bonaria di "canzonare" i grandi marchi del distretto Veneto, ad esempio Diesel e Gas, che a quei tempi imperavano nel settore dell’abbigliamento casual e con i quali non potevo competere. Il lancio del brand prevedeva tre soli capi: una camicia in denim, un paio di jeans bianchi e una felpa “Chill Out in Paris”, realizzata per il Buddha Bar di Parigi. Il teschio è arrivato 3 anni dopo, traendo ispirazione dai miei molteplici viaggi: questo simbolo mi appariva ovunque, con significati e semantiche diverse. Da un input esterno è nata quindi la volontà di creare un logo che diventasse un'icona di design. Come per tutte le mie collezioni la parola d’ordine è stata "destrutturare", ho infatti voluto decontestualizzare l’immagine del mio marchio, privandola di qualsiasi connotazione negativa e posizionando un cuore capovolto in corrispondenza del naso. Il teschio così inteso, come immagine pulita, ben lontana dal concetto nefasto radicato nella cultura italiana, rappresenta un’ottima base su cui giocare creativamente. Per esempio, quando ho lanciato la linea tennis, ho utilizzato soltanto l’icona senza il lettering “Hydrogen”. Di solito la divisa del tennista è sempre molto classica…prima di allora non si era mai visto scendere in campo un giocatore con un teschio! Ho creato un effetto sorpresa che mi ha molto divertito: tutti si domandavano chi fosse quel tennista così fuori dagli schemi da indossare un completo camouflage con un teschio in bella mostra…quello per me è stato già un primo successo.

A proposito di tennis… Hydrogen è sponsor ufficiale di grandi campioni a livello mondiale. Possiamo dire che attraverso un’altra via sei comunque riuscito a realizzare il tuo sogno di bambino?
La linea tennis Hydrogen, ispirata al mio amore per la racchetta, è al terzo posto per riconoscimento al mondo, dopo Nike e Adidas. Dal 2016 Fabio Fognini è entrato nella scuderia dei nostri testimonial, insieme ad altri tennisti come Simone Bolelli, Filippo Volandri, Jozef Kovalic, Nicoloz Basilashvili tutti tra i primi 100 al mondo. Sono personaggi “da teschio”, con una presenza ed un carattere che ben rappresentano la filosofia e la brand-identity di Hydrogen. Il mio marchio, che proviene dal fashion, in ambito sportivo deve attenersi a regolamenti molto ferrei in fatto di divise: tutti i miei disegni devono essere infatti approvati dall’ATP, l’associazione dei tennisti professionisti. E’ tuttavia un mondo che conosco in prima persona e che mi permette di sbizzarrirmi con disinvoltura e consapevolezza, raffigurando stelle, tigri, palme, tattoo, fantasie camouflage e, naturalmente, l’immancabile teschio. I nostri capi permettono agli atleti la massima libertà di movimento, sono realizzati in poliammide-effetto seta traspirante, imbattibili per leggerezza e resistenza. Siamo i più cari sul mercato perché l’eccellenza sofisticata è la nostra mission, il nostro punto di forza per distinguerci dalla concorrenza. Senza diventare un tennista sono comunque riuscito a scendere in campo con i più grandi campioni!

Quali sono gli elementi distintivi che contraddistinguono le tue collezioni? Come definiresti lo stile Hydrogen?
Hydrogen è un brand attento al cambiamento, che però non perde mai di vista il proprio know how. Quattro anni fa, quando ho inserito il payoff “Luxury Sportswear”, mi hanno dato del pazzo…ho creato una sorta di disorientamento generale: alcuni negozi o department store non sapevano più in quale corner o piano inserire il nostro prodotto. In realtà, quello che io allora ho definito “luxury sportswear” ora si chiama “athleisure” ed è il look di massima tendenza da due anni a questa parte. Tutte le celebrities vestono secondo questo stile e la maggior parte dei brand si sono spostasti in questa direzione. Aver trovato per primi un punto di contatto tra l'universo del lusso e quello dello sportswear è il segreto che ci ha resi riconoscibili a livello worldwide, contando su veri e propri fans e sostenitori del marchio.

E’ vero che il primo spunto per il luxury sporswear è arrivato osservando i tuoi amici che lavoravano nelle banche d’affari londinesi durante il Casual Friday?
E’ proprio così. Terminati gli studi alla Business School, i miei compagni hanno iniziato a lavorare per grandi banche o società finanziarie. Nel Financial District di Londra vedevo che tutti vestivano in modo classico, ma durante il Casual Friday non sapevano cosa indossare. I miei amici mi chiedevano consiglio ed io li accompagnavo a fare shopping. Non trovavo tuttavia nessun capo che rispondesse esattamente al mio gusto. Ho quindi pensato di essere io a creare il primo pezzo per loro. Ho così disegnato e prodotto una felpa dai tessuti pregiati e dall'alta manifattura, che potesse essere indossata anche sotto la giacca ultra elegante e che fosse venduta nelle stesse boutique in cui venivano acquistati gli abiti formali per il resto della settimana.

L’ispirazione in genere da dove arriva?
L’ispirazione arriva dai miei viaggi. Solitamente due volte all’anno vado in Giappone per fare ricerca e comunque, più che guardare gli altri brand, mi diverto a prendere spunto da ciò che vedo indossato e abbinato dai giovani di tutto il mondo. Per questo non vado molto alle fiere, se non per incontrare i miei clienti e fare operazioni di marketing. Mi affido alla mia originalità senza farmi contaminare dalle tendenze di massa. Se vengo colpito da un’idea, me ne approprio per renderla mia, reinterpretandola secondo il mio stile e il mio gusto personali. Mi piace innovare. Per esempio, sono stato il primo, tredici anni fa, a realizzare le scarpe in felpa, nonostante lo scetticismo del mio produttore. Dopo quattro anni sono uscite anche Adidas e Nike…

Qual è il cliente finale a cui Hydrogen si rivolge?
Il pubblico di riferimento è davvero molto variegato perché il brand si articola in quattro diverse linee: uomo, donna, bambino, tennis e eyewear. 
Il nostro core business è comunque rappresentato dall’uomo, in un target che si identifica sia nel ragazzo giovane alla ricerca di un’alternativa all’elegante-classico sia nel tipico business man, che ama lo sportswear senza però rinunciare ad un tocco luxury. 
Ritengo qualità e prezzo uno dei nostri grandi strength: Hydrogen è un brand di nicchia che s’impone sul mercato come un vero e proprio must have. 


Sin dalle origini hai collaborato con importanti marchi come Fiat, Mv Agusta, Lotus, Wally Maxy Yatch, Lamborghini, Alfa Romeo, Gruppo Perfetti…qual è la forza del co-branding?
Il co-branding è frutto di una mentalità tipicamente anglosassone secondo la quale è il team che esalta le potenzialità del singolo, rendendo raggiungibili obiettivi altamente ambiziosi e consentendo la realizzazione di idee vincenti. Anche in questo ambito sono stato uno dei precursori, soprattutto perché sono riuscito ad associare i miei capi di abbigliamento a marchi di eccellenza del tutto estranei al settore moda.

Insieme a Lapo Elkann, alcuni anni fa, hai lanciato sul mercato la fortunata linea di felpe FIAT, una limited edition composta da 999 pezzi, vendute addirittura al prezzo di 250 euro. Nel 2017 una nuova collaborazione: il progetto 500byHydorgen. Di cosa si tratta?
Le felpe FIAT sono state la più grande operazione di co-branding ed hanno rappresentato un vero e proprio fenomeno mediatico. L’idea era che fossero un po’ snob, pur con un marchio nazional-popolare, e che venissero vendute nelle boutique di lusso insieme a griffe e ad abiti sartoriali. È stato un successo straordinario, in breve tempo i pezzi sono andati in esaurimento, diventando l’oggetto proibito del desiderio di molti. L’anno scorso si è celebrato il 60° compleanno della FIAT 500, una vera icona del settore automobilistico italiano. Avevo partecipato insieme a Lapo a tutte le fasi di gestazione della nuova 500, a partire dal prototipo. Abbiamo quindi pensato di tornare a collaborare nel progetto 500byHydrogen, una nuova linea di felpe in edizione limitata per celebrare questo anniversario epocale. È stata una grande soddisfazione ed un importante traguardo da aggiungere al mio portafoglio personale. 

E le felpe con lo stemma sabaudo realizzate per Emanuele Filiberto? Com’è nata questa unione d’intenti?
È stato proprio Emanuele Filiberto a contattarmi un giorno al telefono. Era rimasto affascinato dal progetto realizzato con FIAT e mi chiese di confezionare due felpe con lo stemma sabaudo, per lui e per la moglie. In maniera del tutto casuale, a seguito di alcune foto pubblicate su una rivista di gossip, sono diventati i miei testimonial involontari e sono iniziate a fioccare le richieste da parte dei clienti…è così partita la produzione! Tutte queste collaborazioni nascono come progetti one-off, in esemplari unici, eventualmente in edizione limitata, perché la moda deve sempre trovare nuovi spunti per rinnovarsi. 

Chi è Alberto Bresci quando non veste i panni dell’imprenditore di moda? Come ami trascorrere il tuo tempo libero?
Sono un amante dello sport, di tutti i generi, che pratico e seguo in tv. Ultimamente mi sono appassionato al basket che sino ad oggi non avevo mai considerato…anche per essere sempre informato e preparato a livello professionale. Amo trascorrere il mio tempo libero in famiglia, con mia moglie e i miei due bambini. Sono un uomo fortunato. Il mio lavoro, tra l’altro, non ha orari e ritmi ben scanditi. Quest’anno, ad esempio, non ho potuto ritagliarmi un po’ di vacanze durante il periodo natalizio, ma può essere che tra un mese riusciamo a prendere un aereo e a partire tutti insieme…è questo il vero lusso.

E’ appena iniziato un nuovo anno. Cosa sogni per il futuro di Hydrogen? Nuovi progetti in cantiere per il 2018?
Speriamo innanzitutto che Fognini vinca tante partite (…ride…)! Non solo perché è il nostro testimonial per la linea tennis, ma anche perché è il miglior talento italiano che possa ambire ad una costante presenza tra i top 20 del ranking mondiale. Al momento sto lavorando a due progetti. 
Il primo è un contratto con Garage Italia Customs insieme a Lapo Elkann: disegniamo delle mini collezioni di automobili in serie limitata ed io, in particolare, mi occupo di curare tutta la parte sportswear. È appena stata venduta la prima Unique, tra tre mesi uscirà un altro modello…pezzi unici che, una volta venduti, si esauriscono. Il secondo progetto è forse quello più ambizioso e prevede di inserire, accanto alla linea tennis e a quella golf, in uscita il prossimo febbraio, un nuovo mondo fitness e gym, abbigliamento tecnico per lo sport puro, dal running alla palestra…ci vorrà un po’ più di tempo ma stiamo arrivando!

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