Dal “Pan de Toni” al modo corretto secondo il galateo per servirlo e mangiarlo: quante ne sai sul panettone, prelibatezza simbolo di Milano?
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Oggi il panettone si produce dappertutto in Italia e in mille varianti diverse: anche se ha degli antenati risalenti addirittura all’antica Roma, il dolce simbolo per eccellenza del Natale è nato sicuramente a Milano, come dimostrano alcuni antichi documenti. Dietro la sua forma a “tappo di champagne” e alla sua pasta con uvette e canditi si nasconde una lunga storia, ricca di curiosità. Ecco allora verità, miti, leggende e galateo legati a questo dolce amatissimo che gli Italiani preferiscono a tutti gli altri per la tavola delle Feste.
TESTA A TESTA NELLE PREFERENZE – Secondo un sondaggio condotto da SWG per Deliveroo, il 66% degli italiani considera il panettone come il dolce per eccellenza da condividere con la famiglia a Natale. Nella consueta disfida natalizia tra panettone e pandoro, anche quest’anno vince il primo pur se di strettissima misura: il panettone riscuote il 44% delle preferenze, mentre il pandoro si ferma al 43%.
ORIGINI ANTICHE – In epoca romana esisteva già un alimento che potrebbe essere considerato antenato del panettone: si trattava di un lievitato arricchito con miele e frutta secca. Per arrivare al panettone vero e proprio, occorre aspettare il 1495 e il banchetto natalizio alla corte di Ludovico il Moro, signore di Milano. La leggenda racconta che in quell’occasione uno sfortunato cuoco fece bruciare il dolce che doveva essere servito al culmine della festa: per non incorrere nelle ire del signore, uno sguattero di nome Toni ebbe l’idea di recuperare la parte morbida dell’impasto, scampata alla bruciatura, mescolandola con burro, uva passa e canditi. Il dolce “salvato” fu servito a tavola con il nome di Pan de Toni, incontrando il favore dei commensali. Un'altra versione della leggenda vuole che il Pan de Toni sia invenzione di messer Ughetto degli Antellari, detto Toni, il quale per conquistare il cuore della bella Adalgisa, figlia di un fornaio, si fece assumere presso quel forno e inventò per lei un dolce fatto con fior di farina, burro, canditi e uva sultanina. L'origine del panettone ha anche un fondamento storico:. Pietro Verri nella sua “Storia di Milano”, edita fra il 1782 e il 1799, riferisce che a Natale fino alla fine del Quattrocento si usava far ardere nel camino un ciocco ornato di fronde e mele sul quale si spargeva vino e ginepro. Il padre di famiglia spezzava simbolicamente un grande pane da dividere con i familiari. Molto probabilmente sono questi pani grandi, o panettoni, l’origine del dolce omonimo. Il primo riferimento ufficiale al panettone si trova in un documento del 1599: nel registro delle spese del Collegio Borromeo di Pavia è presente un riferimento alle spese per il "Pane di Natale", servito agli studenti ospiti della struttura durante il pranzo natalizio. La parola “panettone” compare invece per la prima volta nel primo dizionario milanese-italiano del 1606, nel quale è descritto come un pane dolce, con uvette e frutta. Per avere il primo esempio di panettone moderno occorre aspettare fino all'Ottocento, con una ricetta alla quale pare abbiano contribuito anche i pasticceri austroungarici.
LA FORMA DEL PANETTONE - La tipica forma del panettone come la conosciamo oggi, con la base cilindrica e il "cappello" che fa assomigliare il dolce a un tappo di champagne è nata nel 1920, quando Angelo Motta si impegnò per migliorare la ricetta per renderla più appetitosa. Per questo utilizzò una guaina di cartone con cui fasciare il dolce: in questo modo, durante la cottura il dolce superava la carta in altezza, assumendo la caratteristica forma a fungo e restando più soffice e con una consistenza più accattivante. Proprio per questa ragione, il dolce, quando esce dal forno, viene capovolto e messo "a testa in giù": in questo modo trattiene l'umidità all'interno del pirottino, conservando la sua stabilità e la struttura. Possono essere messi diritti dopo circa 12 ore di riposo.
COME SI SERVE IL PANETTONE – Come ogni dolce, il panettone si serve al termine del pasto, prima della frutta. Deve essere portato in tavola intero, per apprezzarne l’aspetto e il profumo, su un piatto grande abbastanza per potervi essere tagliato e conservare anche le fette, leggermente aperte a fiore. Se viene servito insieme a una crema, questa deve essere portata in tavola in una salsiera a parte. Ciascun commensale ne riceve una fetta, appoggiata al piatto, insieme a una eventuale porzione di crema servita nello stesso piatto. Il panettone, come tutti i lievitati, si mangia con le mani: la fetta si tiene con la sinistra e si staccano dei piccoli pezzi con la mano destra, portandoli poi direttamente alla bocca. Si usano le posate solo nel caso di un panettone farcito: per il panettone si utilizza una forchetta, mentre la farcitura è raccolta con un cucchiaino.
LE CALORIE DEL PANETTONE – Questa golosità natalizia, purtroppo, è molto calorica: una fetta di panettone contiene circa 375 calorie che possono diventare molte di più se si considerano le creme con cui spesso lo si accompagna, le glassature o le farciture prelibate dei panettoni gourmet. Chi preferisce il pandoro, comunque, non ha miglior sorte: il dolce veronese, anzi, è ancora più calorico (400 calorie circa per fetta) dato che la ricetta contiene maggiori quantità di burro.
GLI ESTIMATORI CELEBRI E IL PANETTONE DI SAN BIAGIO – Tra i personaggi celebri, grandi divoratori di panettoni, la storia ricorda in particolare Giuseppe Verdi e Alessandro Manzoni, i quali amavano questo dolce al punto di non poterne fare a meno e da consumarlo tutto l’anno. La tradizione vuole inoltre che si conservi almeno una fetta di panettone, (ma più spesso si tratta di un dolce intero), per consumarla a digiuno il giorno del 3 febbraio, festa di San Biagio, in osservanza di un rito propiziatorio contro raffreddori e mal di gola. San Biagio è infatti protettore della gola: come dice il vecchio adagio milanese, "San Bias l benediss la gola e el nas” (San Biagio benedice la gola e il naso). Il giorno di San Biagio è, comunque, la data limite in cui il panettone saluta i suoi estimatori fino all'inverno successivo.