Molti rinunciano a iniziare una relazione pur di non rischiare di essere respinti, ma si tratta di un timore che si può affrontare e sconfiggere
© Istockphoto
Nella vita di coppia, il timore di essere rifiutati è un’esperienza comune, tanto che praticamente ciascuno di noi l’ha sperimentata almeno una volta nella vita. Può trattarsi di un rifiuto in ambiente lavorativo, oppure tra amici, ma che diventa particolarmente doloroso quando coinvolge i sentimenti profondi, soprattutto in amore. Così, se ci capita di innamorarci di una persona ma non siamo sicuri di essere ricambiati, preferiamo non uscire allo scoperto e nascondere quello che proviamo, piuttosto che rischiare di perdere anche quelle briciole di affetto che l’altro sembra manifestare per noi. Eppure, non c’è niente di più sbagliato: meglio affrontare la propria paura e correre qualche rischio. Per fortuna ci sono strategie che possono aiutarci a uscire dall’impasse.
Uno studio recente ha analizzato con la risonanza magnetica funzionale il cervello di un gruppo di volontari, vittime di una recente esperienza di amore non corrisposto, mentre osservavano alcune foto del proprio innamorato perduto. Gli studiosi hanno notato che le immagini provocavano l’attivazione di alcune aree del cervello in particolare, tra cui la regione tegmentale ventrale (VTA), lo striato ventrale, la corteccia orbitofrontale/prefrontale mediale o laterale e il giro cingolato: tutte queste aree sono di solito coinvolte nella manifestazione di sentimenti di guadagno o perdita, desiderio, dipendenza da sostanze e regolazione delle emozioni. Hanno notato inoltre che l’innamoramento coinvolge le stesse aree del cervello indipendentemente dal fatto che l’amore sia corrisposto o meno: il coinvolgimento di aree connesse con la dipendenza da sostanze spiega invece i comportamenti ossessivi spesso associati al rifiuto in amore.
La paura di essere respinti insorge con maggiore facilità in chi ha una bassa opinione di se stesso e legge nel rifiuto altrui un segnale ulteriore del proprio scarso valore. Allo stesso modo, soffrirà particolarmente per il rifiuto altrui chi vive una dipendenza emotiva dagli altri, ovvero in chi basa la propria felicità e il proprio senso di valore sull’approvazione e sull’attenzione riscossa dagli altri. Non a caso sono spesso vittima di quest’ansia i ragazzi molto giovani e alle loro prime esperienze amorose, le persone insicure o chi ha già vissuto molte esperienze di delusione. Una situazione in cui si cade spesso in queste situazioni è il rifugio nella cosiddetta “friendzone”, ovvero in rapporto amicale che vorrebbe diventare qualcosa di più ma che non riesce a evolversi perché nessuno dei due possibili partner ha la consapevolezza del proprio reale sentimento o il coraggio di farsi avanti per chiedere all’altro qualcosa di più. È la trama su cui è imperniata, ad esempio, la terza della serie di culto “Bridgerton”, in cui i due protagonisti, Colin Bridgerton e Penelope Featherington restano imprigionati per molto tempo in una rete di sentimenti inconfessati e di timori irrisolti, nascosti sotto la facciata dell’amicizia, fino a una felice conclusione. Nella realtà, però, capita anche che l’happy end non riesca a verificarsi, o che sia reso molto più difficile proprio a causa delle paure e dalle ansie dei protagonisti. Ecco perché è importante imparare a gestire la paura di essere respinti perché, senza uscire allo scoperto, l’occasione di amore e di felicità può anche scomparire.
Il timore che paralizza Colin e Penelope appartiene anche a molti giovani della Generazione Z. Lo ha scoperto la App di dating Hinge interrogando i propri utenti: il 56% dei giovani nati tra gli anni Novanta e il Duemila ha dichiarato che la preoccupazione di essere respinti li ha addirittura trattenuti dal coltivare una possibile relazione. Secondo il D.A.T.E. (Data, advice, trend, expertise) Report di Hinge, che ha raccolto le risposte di 15.000 utenti a livello globale riguardo i più giovani e la ricerca dell’amore, i ragazzi della Gen Z preferiscono evitare la comunicazione diretta per non sembrare sdolcinati o troppo ansiosi. Piuttosto che condividere sentimenti o intenzioni autentiche, preferiscono nascondersi dietro meme e battute scherzose. Hinge ha quindi interpellato Moe Ari Brown, Love and Connection Expert dell’App, che suggerisce quattro passi per spostare l’attenzione dalla paura e dalla necessità di allontanarla per concentrarsi sui benefici che si possono ottenere, a cominciare dalla creazione di un nuovo legame. Ecco i suoi tips:
- Interroghiamoci su che cos’è per noi il rifiuto: se dovessimo analizzare il rifiuto che abbiamo eventualmente incontrato, dobbiamo assicurarci che i nostri pensieri siano positivi e comprensivi verso noi stessi, sostituendo eventuali affermazioni dannose con altre nuove e più benevole. Ad esempio, invece di “nessuno mi sceglie” potremmo dire a noi stessi: “biò che è per me non mi sarà negato”.
- Siamo comprensivi verso noi stessi: non dobbiamo incolparci o criminalizzare l’altra persona. Possiamo ripetere a noi stessi: “Non sono per tutti. La persona giusta sarà per me.” Meritiamo di incontrare una persona che ci scelga proprio come noi scegliamo lei. Quando si vive un rifiuto, è più facile dare la colpa a se stessi piuttosto che accettare di non avere alcun controllo su ciò che le persone fanno nella propria vita.
- Le relazioni non devono essere affrontate con troppe aspettative: meglio stabilire degli standard - Se ci concentriamo solo su quello che ci aspettiamo da un possibile partner, perderemo di vista la situazione reale. Ad esempio, aspettandoci un nuovo rifiuto, potremmo non accorgerci dei segnali di interesse che l’altro cerca di inviarci. Oppure, al contrario, se ci attendiamo che ogni persona con cui usciamo sia "quella giusta", potremmo non renderci conto che invece non siamo compatibili. Stabilire uno standard ci aiuta invece a focalizzare l’attenzione sui nostri bisogni e a valutare un nuovo amico in modo obiettivo e consapevole.
- Smettiamo di pensare "scegli me" e diventiamo "reciprocamente selettivi": la scelta o il rifiuto non devono essere vissuti in modo unidimensionale, ovvero nella semplice prospettiva di essere quello che rifiuta l’altro o che ne è rifiutato. Consideriamolo invece come un processo reciproco di valutazione della compatibilità.