Lasciamo stare il passato

La coppia e la sindrome di Rebecca: i paradossi della gelosia

È chiamata anche “gelosia retroattiva” e riguarda gli ex del partner rispetto ai quali non ci si sente all’altezza

16 Set 2022 - 05:00
 © Istockphoto

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Il passato a volte non concede tregua, neppure alla gelosia. Quando sappiamo che il nostro compagno (o compagna) ha avuto delle storie precedenti, può capitare che il loro semplice ricordo agiti le acque di un ménage altrimenti tranquillo. Può accadere che uno dei due non si senta all’altezza di quello che un precedente compagno ha rappresentato per il proprio lui o lei, e che questo confronto si trasformi in vera ossessione. Si parla perciò di “sindrome di Rebecca”, richiamando un romanzo di Daphne du Maurier, pubblicato nel 1938 e dal quale il regista Alfred Hitchcock ha tratto un film, in cui una giovane donna è schiacciata dal confronto con la figura di Rebecca, prima moglie del ricco vedovo di cui la ragazza si è innamorata. Questa forma di gelosia retroattiva impedisce di vivere serenamente la relazione ed è un problema più comune di quanto non si immagini, da combattere con ogni mezzo. 

LA STORIA DI REBECCA, LA PRIMA MOGLIE – Nel romanzo, intitolato appunto “Rebecca: la prima moglie” e nel film omonimo, la narratrice è una giovane ingenua e di umili origini, neosposa di un ricco vedovo: la ragazza viene condotta nel palazzo di famiglia, dove tutto conserva l’impronta di Rebecca, prima moglie del nobiluomo. La servitù, ancora dominata dal ricordo della prima padrona, accoglie malamente la nuova arrivata e la sottopone a vessazioni di ogni tipo, tanto da condurla sull’orlo del suicidio. In realtà l’anziano signore non amava affatto la prima moglie e non mostra di gradire i tentativi della nuova sposa per assomigliarle il più possibile, e da inferocirsi quando si veste come lei a un ballo in maschera: la ragione sta nel fatto che è stato lui stesso a uccidere Rebecca in un delitto mascherato da suicidio e quindi rimasto impunito. I fatti comunque congiurano per un finale drammatico. 

SENTIRSI ALL’ALTEZZA – Proprio come la protagonista di questa oscura storia, sono molte le persone che in qualche modo si sentono inadeguate nei confronti degli ex del proprio partner e temono il confronto con loro, specie se si tratta di figure di valore o che comunque sono percepite come superiori rispetto a sé. Nel Regno Unito esiste addirittura un British Second Wives Club, il club britannico delle seconde mogli; questo curioso circolo ha commissionato un sondaggio dal quale è emerso che il 78% delle donne sposate con vedovi è convinta di vivere nell'ombra della moglie defunta. Il 63% ha dichiarato poi di sentirsi rifiutato dalla famiglia e dagli amici del marito.

I “SINTOMI” – La Sindrome di Rebecca ha caratteri leggermente diversi per gli uomini e per le donne, anche se alla base c’è sempre il timore di non reggere il confronto con i precedenti partner del proprio amato bene. Le donne, generalmente, temono di non essere "la migliore" e comunque di non reggere il confronto che le compagne precedenti; gli uomini rifiutano l’idea di aver condiviso anche sessualmente una donna con altri, anche se questi ex non ci sono più. In ogni caso, la presenza di questi “fantasmi” può complicare realmente i rapporti tra i due partner e minare in modo anche grave la serenità della relazione. Per questo è opportuno contrastare con ogni mezzo il sorgere di confronti molesti e di pensieri tossici.  

PER NON CASCARCI Miglioriamo la nostra autostima: abbiamo tutto quello che serve per essere amati e apprezzati così come siamo.
-    Ciascuno di noi è unico: proprio come nel romanzo, la stessa Rebecca era così insopportabile da essere uccisa dal marito: noi avremo forse i nostri limiti, ma anche l’ex doveva averne (altrimenti non sarebbe stato lasciato).
-    Non indaghiamo troppo sulle precedenti relazioni del nostro partner: il passato è passato e non può più tornare.
-    Superiamo il timore dell’abbandono.  
-    impariamo ad avere fiducia nel nostro partner perché senza questo sentimento una relazione sana non può reggere.  

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