Sotto l’ombrellone

Estate: quante “bufale” in riva al mare

Sfatiamo alcuni falsi miti legati alla vita di spiaggia e alle vacanze: assolutamente infondati, ma duri a morire

10 Lug 2020 - 05:00
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© Istockphoto  | La spiaggia e il mare sono da sempre oggetto di bufale e falsi miti, duri a morire
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Stagione che vai, bufala che trovi. L’estate non fa eccezione, con false credenze e imposizioni “della nonna” che ci sentiamo ripetere da sempre e ai quali siamo portati a prestare ascolto, anche se ci creano qualche disagio. Dalle fatidiche tre ore da lasciar passare dopo i pasti prima di poter fare il bagno, al miglior utilizzo della crema solare, ai modi di curare i postumi di un incontro ravvicinato con una medusa, ecco le più comuni false credenze sotto l’ombrellone, di cui liberarsi perché fastidiose e prive di fondamento scientifico. 

DOPO PRANZO, NON SI FA IL BAGNO PER ALMENO TRE ORE – Di tutti i divieti, questo è uno dei più odiosi, che ogni bambino ha sempre percepito come un vero e proprio supplizio. La causa di un diktat così perentorio viene dalla convinzione che fare il bagno mentre è in corso la digestione può causare una congestione: in effetti, l’acqua, soprattutto se è fredda, crea uno sbalzo di temperatura che può arrestare il processo digestivo, causando malessere e, al limite, lo svenimento. Perdere i sensi mentre si è in acqua fa rischiare l’annegamento: la cautela è dunque d’obbligo, soprattutto con i bambini, ed ecco scattare il divieto di nuotata. Bisogna ricordare però che il pericolo è legato solo ai tempi di digestione: se abbiamo fatto uno spuntino e l’acqua non è molto fredda, si può fare il bagno, prestando semmai attenzione ai segnali di disagio e tornando all’asciutto senza esitare al primo segno di qualcosa che non va. Per non correre rischi, è opportuno immergersi gradualmente e rispettare le eventuali sensazioni di freddo che possiamo provare. Le canoniche tre (o più) ore vanno rispettate solo nel caso di un pasto molto abbondante e con cibi laboriosi da digerire, come le carni rosse. Lo dice anche la International Life Saving Federation. 

CON LA CREMA SOLARE NON CI SI ABBRONZA – Sbagliato: la crema solare ci protegge da scottature ed eritemi, ma non impedisce l’abbronzatura. È semmai vero il contrario: se ci scottiamo, la nostra pelle, una volta superato l’eritema, tenderà a squamarsi e a staccarsi, lasciandoci di nuovo pallidi e costringendoci a ricominciare tutto da capo. Meglio procedere con gradualità e con il fattore protettivo più adatto al nostro fototipo, riducendolo dopo che la nostra pelle ha cominciato ad abbronzarsi, ma senza mai abbandonarlo del tutto.

AL SOLE SI FA SCORTA DI VITAMINA D – La vitamina D è una molecola preziosa per la salute delle nostre ossa, ma, purtroppo, non si può farne scorta: non solo il nostro organismo non la produce, costringendoci ad assumerla dall’esterno, ma non sa neppure immagazzinarla: quella in eccesso viene semplicemente eliminata. Meglio dunque esporsi al sole, prima fonte di approvvigionamento, in modo contenuto e costante durante tutto l’anno, che trasformarsi in lucertole, cuocendo per ore sotto i raggi. 

 
PER NON SCOTTARSI BASTA STARE SOTTO L’OMBRELLONE – Sbagliato: i raggi del sole ci raggiungono lo stesso perché si riflettono sulla sabbia o sull’acqua: se vogliamo riposare all'ombra, meglio cercare un angolo fresco in una pineta o in un luogo diverso dalla spiaggia. .Un riparo più efficace è offerto da un indumento, ad esempio una camicia con le maniche lunghe. L’efficacia di questa protezione si riduce però se l’indumento è bagnato o ci troviamo nell’acqua. Lo stesso vale per le giornate nuvolose: quando il sole si nasconde dietro le nubi, i raggi Uv filtrano lo stesso anche se in misura minore e, se non ci siano spalmati di crema, rischiamo di scottarci. 

LE PUNTURE DI MEDUSA SI CURANO CON LA PIPÌ – In caso di incontro ravvicinato e sgradevole con le meduse occorre rimuovere delicatamente gli eventuali resti di tentacoli, sciacquare la pelle con acqua di mare e applicare un prodotto ad hoc acquistato in farmacia, meglio se in formulazione gel. Sono da evitare tutti gli altri rimedi, dall’acqua dolce al succo di limone, alla pipì: nel migliore dei casi non servono a niente, neppure a lenire il dolore. Teniamo la lesione ben pulita e asciutta per qualche giorno, senza esporla ai raggi solari. Se invece abbiamo avuto la sfortuna di essere stati punti da una tracina (pesce ragno), immergiamo la parte dolorante nell’acqua più calda che riusciamo a sopportare: il veleno è termolabile e il calore lo distrugge, portando sollievo. 

LE ZANZARE PUNGONO CHI HA IL SANGUE DOLCE – Il fatto che gli insetti tendano ad accanirsi contro alcune persone risparmiandone altre non ha nessun legame con il sapore del sangue di questi sfortunati: sono determinanti invece alcuni batteri presenti sulla pelle, che attirano di più gli insetti e la profumazione dei cosmetici che indossiamo. Altro fattore di rischio-pizzicata è il peso corporeo: le persone obese producono maggiori quantità di sostanze che le zanzare trovano “attraenti”.  Sembra invece che il lievito di birra le allontani perché cambia l’odore del sudore. 

GLI OCCHIALI DA SOLE SONO SOLO UN VEZZO – Anche questo è sbagliatissimo. Difendere gli occhi dai raggi UV è fondamentale quando proteggere la pelle. Le radiazioni solati possono danneggiare il cristallino e persino la retina, causando alla lunga danni gravi e irreversibili. Sì agli occhiali da sole, anche per i bambini, con lenti di qualità certificata e realmente filtranti.
 

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