Questioni di testa

Placebo e nocebo: l'effetto suggestione che fa star bene o male

Sono studiati da tempo: il primo è più noto del secondo, suo esatto contrario, ma entrambi hanno un'incidenza reale sul nostro benessere (e sulla nostra salute)

03 Ott 2024 - 05:00
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Tutti noi conosciamo l’effetto placebo: se siamo convinti di assumere un farmaco nel quale abbiamo fiducia, ci sentiremo meglio anche se la compressa che abbiamo ingerito non conteneva nessun principio attivo. Al contrario, se ingeriamo qualcosa che pensiamo possa farci male: il cosiddetto effetto nocebo ci farà sentire peggio realmente, anche se abbiamo inghiottito un falso medicinale privo di principi attivi.  I due effetti sono studiati scientificamente da molto tempo, anche se non ne sono state ancora comprese perfettamente tutte le sfaccettature.

EFFETTO PLACEBO E NOCEBO: CHE COSA SONO- Con questi due termini, vengono indicate le reazioni rispettivamente positive o negative che un soggetto manifesta dopo la somministrazione di un finto farmaco, completamente inerte, ma percepito dal paziente come utile o nocivo. In entrambi i casi, si tratta di parole che derivano dal latino: il verbo nocere significa nuocere e “nocebo” è la forma verbale declinata al futuro con il significato di “nuocerò”. Placebo viene dal futuro del verbo “placere” con il significato esattamente opposto di “piacerò”, ossia ”porterò benefici”. Il placebo è quindi, per estensione, una sostanza che non contiene in sé principi attivi specifici, ma che viene somministrata come se avesse proprietà curative, ad esempio nei gruppi di controllo degli studi in cui si sperimenta l’efficacia di nuovi farmaci: gli studi hanno confermato che in alcuni casi lo stato di salute del paziente che riceve un placebo può effettivamente migliorare, se il paziente è convinto di assumere un vero farmaco e ha fiducia nella terapia. Il nocebo, è il suo esatto opposto: si è visto, ad esempio, che nel caso in cui vengano scambiati per errore due referti, il paziente a cui viene diagnosticata per sbaglio una malattia che in effetti non ha, tende a manifestare i sintomi di quella stessa malattia.  Allo stesso modo, se sappiamo che un certo farmaco ci fa male, perché lo abbiamo assunto in passato e abbiamo avuto degli affetti avversi, e ci viene prescritta una medicina identica per aspetto, anche se priva di principi attivi e quindi inerte, potremmo avere gli stessi effetti collaterali sperimentati in passato.  

L’EFFETTO NOCEBO – Tutti sappiamo che cos’è l’effetto placebo, dato che se ne parla spesso, specie quando si parla di ricerca in campo medico e farmacologico. Meno noto è invece il suo opposto. Il termine “nocebo”, invece è stato scelto da Walter Kennedy nel 1961 per indicare l'effetto contrario a quello del placebo. Le reazioni negative o indesiderate che un paziente può sperimentare, in questo caso derivano dalla suggestione creata dalla poca fiducia nel farmaco, nel medico che lo ha prescritto, e dal timore di subire gli effetti avversi della sostanza. Uno studio, condotto su circa 10mila soggetti dall’Imperial College di Londra e pubblicato dalla rivista scientifica "The Lancet", ha messo in evidenza come i pazienti più informati sui possibili effetti collaterali di un farmaco sono quelli che lamentano maggiormente quegli stessi disturbi.  Anche se l'effetto nocebo è dovuto in gran parte all'auto-suggestione, i suoi effetti sulla salute possono essere reali: un paziente convinto che un certo farmaco gli farà male o avrà certi effetti collaterali, oltre a essere più esposto alle reazioni avverse a causa del suo auto-convincimento, sarà meno propenso a seguire con puntualità la cura o a interromperla addirittura, riportandone quindi un danno per la sua salute.  È utile quindi che il medico non si limiti a informare il paziente dei possibili effetti collaterali di una terapia, come l’etica impone, ma che li discuta con lui e che lo metta in guardia dal potenziale “effetto nocebo” che può derivare dalla sua ritrosia. In questi casi può essere utile che medico e paziente concordino su una terapia alternativa, ugualmente efficace ma meno sgradita al paziente.

L’EFFETTO NOCEBO È UNA QUESTIONE DI TESTA… IN TUTTI I SENSI – Come è possibile che la semplice autosuggestione faccia avvertire sintomi avversi del tutto reali anche se non privi di una causa chimica derivante dal farmaco? Un paziente che non accetta a livello psicologico la terapia a cui è sottoposto tende ad attivare una serie di meccanismi legati all'ansia, che portano il cervello a registrare uno stato di allarme e stimolare la produzione di alcuni ormoni e neurotrasmettitori da cui consegue una risposta biologica dell’organismo: ad esempio, un maggiore produzione di colecistochinina può provocare nausea, aumento della sensibilità agli stimoli dolorifici e rifiuto del cibo, mentre un aumento degli ormoni dello stress può avere effetti importanti sul funzionamento del sistema immunitario.

COME COMBATTERE L’EFFETTO NOCEBO – I due effetti, placebo e nocebo, sono stati molto studiati negli ultimi anni, ma non sono stati ancora compresi pienamente. Si sa che, in entrambi i casi, oltre alla natura della cura, contano molto il modo in cui essa viene proposta e somministrata, e la fiducia riposta nei sanitari a cui ci si affida. Un altro fattore importante è il condizionamento derivante dall’esperienza diretta che il paziente ha già avuto in precedenza, magari con una terapia simile, ricevuta in prima persona o osservata in un familiare o amico. Si tratta comunque e sempre di effetti molto soggettivi, tanto che un preparato che ha un effetto nocebo su una persona può rivelarsi un placebo per qualcun altro. Per questo è indispensabile che ogni cura venga prescritta da un medico in cui nutriamo la massima fiducia e che tra medico e paziente si instauri un rapporto di dialogo e collaborazione.

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