Accanto al diritto alla maternità, forse bisognerebbe ripensare a tempi e modi di lavoro più vicini alla famiglia
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Donne e lavoro continua ad essere un binomio esplosivo. Cresce la quota di donne occupate in gravidanza che non lavora più a due anni di distanza dal parto (22,3% nel 2012, dati Istat). Ma cosa potrebbe aiutare le donne a non abbandonare il posto di lavoro? Forse, più dei congedi di maternità e parentali, sarebbero utili più flessibilità negli orari di lavoro per permettere una buona conciliazione con i tempi della famiglia, tasto dolente per la maggior parte delle neomamme.
In Italia, il tasso di occupazione femminile non raggiunge lo standard europeo fissato al 60%: le donne occupate tra i 15 e i 64 anni è pari al 46,5%. La percentuale mancante è sicuramente da ricercare nelle problematiche legate alla maternità. In Italia l'occupazione femminile cala del 6,8% con l'arrivo di un figlio e arriva al 15,7% in caso di due figli. Percentuale molto diversa nel resto d'Europa: una mamma olandese lascia il lavoro nel 2,1% dei casi con l'arrivo di un figlio e 2,9% con due figli. In Francia l'occupazione cala solo del 2,8% con un figlio e 3,6% con due, dati meno significativi e che incidono poco nella percentuale di occupazione femminile generale (dati Eurostat).
In Italia continuano ad essere troppo radicate le differenze di genere con gravi ripercussioni sul mondo del lavoro femminile. La cura dei bambini è spesso appannaggio esclusivo della donna che dopo la maternità deve incastrare orari di lavoro, nido, baby sitter o nonni con una precisione millimetrica, sempre sul punto di incrinarsi al minimo inconveniente. A dimostrazione di questa mentalità diffusa arrivano i dati sul congedo parentale: secondo l'Istat solo l'8% dei padri italiani ha usufruito del congedo nel 2005, contro una media europea del 30% (con punte del 69% in Svezia!).
I congedi di maternità obbligatoria e parentale sono sicuramente un aiuto per le neomamme e l'Italia non è certo il fanalino di coda dell'Europa. La maternità obbligatoria in Italia è infatti pari a 22 settimane, contro le 16 della Francia, 18 del Regno Unito e 14 della Germania. Di contro però, questi paesi non hanno un'uscita così massiccia delle donne dal mondo del lavoro dopo la maternità. Perché? I dati sembrano voler suggerire un'ipotesi: se le donne in Italia sono supportate nel primo anno di vita del bambino, non lo sono quando devono tornare al lavoro. Orari più flessibili, part time e telelavoro influirebbero sulla scelta in modo più incisivo rispetto al congedo. Basti pensare alle mamme olandesi: solo il 2,1% lascia il lavoro con l'arrivo di un figlio... forse perché i tre quarti (76,7 %) di tutte le donne occupate nei Paesi Bassi lavorano a tempo parziale?