Avere figli e realizzazione nel lavoro non sono strade incompatibili: un figlio può trasformarle in leader migliori.
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Essere mamme non è necessariamente un ostacolo per la carriera. Al contrario, imparando a sfruttare le doti che si affinano nell’esperienza della maternità, possiamo trasformare il ruolo genitoriale in un vero e proprio plus che sviluppa le doti imprenditoriali e di leadership. Il fatto di avere uno o più figli rende infatti una donna più capace di competenze relazionali, organizzative e d’innovazione. Insomma, maternità e carriera non sono necessariamente due strade separate, tra le quali occorre fare una scelta dolorosa o trovare difficoltosi compromessi, perché avere un figlio può trasformarsi in un’esperienza di vita altamente qualificante, proprio come un master.
Oltre il 50% della popolazione mondiale è di sesso femminile. Anche se l'efficacia del loro contributo alla crescita e al benessere delle famiglie e delle comunità è comunemente riconosciuto, le donne continuano ad essere sottorappresentate nelle posizioni di leadership e a aver maggiori difficoltà di accesso, rispetto ai loro colleghi maschi, alle risorse sociali e finanziarie che potrebbero incrementare i loro successi. Eppure, secondo uno studio realizzato da Ashoka, una tra le ONG più influenti al mondo che riunisce una rete di imprenditori sociali leader del cambiamento, il quadro è differente: tra gli oltre 3.500 imprenditori sociali di 92 Paesi, il 38% è donna; nonostante molte di loro sperimentino in prima persona difficoltà legate al genere, come mancanza di un network che le sostenga, di finanziamenti e di riconoscimenti, in confronto ai colleghi uomini, riescono a superare queste sfide creando soluzioni ad alto impatto sociale. Secondo la Banca Mondiale, le donne-imprenditrici sociali contribuiscono più efficacemente alla crescita economica e alla riduzione della povertà. Insomma, le donne proprio per la loro natura sono portare a migliorare il mondo, a cominciare da quello più vicino a loro, ma anche in senso più ampio.
Uno dei membri della community di Ashoka, Riccarda Zezza, è cofondatrice di un progetto che punta proprio a insegnare ai neo genitori impegnati nel mondo del lavoro, in particolare alla neo mamme, a valorizzare le preziose esperienze di paternità e maternità trasformandole in competenze nel campo delle relazioni, dell’organizzazione e innovazione professionale, preziosa sia per le aziende sia per i dipendenti. Il metodo si chiama “MAAM – Maternity as a Master” e insegna a leggere la maternità come un’esperienza formativa altamente qualificante. Il progetto si rivolge sia ai neo genitori che alle aziende, nella convinzione che la maternità possa essere realmente un master basato sull’apprendimento di vita. A disposizione delle mamme c’è anche un diario con consigli, testimonianze e spazi per annotare il proprio personale cammino.
La maternità provoca nella donna una serie di trasformazioni biologiche che la rendono più forte e preparata, sia dal punto di vita emotivo che mentale, e la rendono più flessibile e pronta al cambiamento. Una neo mamma, inoltre, affina una serie di competenze, oggi molto apprezzate nella sfera sociale e lavorativa, nel campo delle relazioni, della gestione e dell’organizzazione. E’, inoltre, è un esempio unico e prezioso della cosiddetta “leadership generativa”, di cui parlano spesso gli esperti di economia e management, ovvero della capacità di proiettarsi verso il futuro e far cresce un progetto o una persona più forti di sé. Infine, una mamma per sua natura è portata (o costretta) ad assumere tanti ruoli: insomma, è come se si allenasse in più palestre. Le ricerche lo confermano: le persone che hanno più ruoli sono più “ampie”, più in capaci di arricchirsi attraverso ciò che fanno e di trarre maggiore energia da queste esperienze.
Infine, senza rinunciare a un pizzico di auto-ironia, ecco una serie di buone ragioni. per cui una mamma può incarnare il leader ideale.
Perché, volente o nolente, tutte le mattine si sveglia un’ora prima degli altri per giocare nel lettone con i suoi bambini prima del lavoro.
Perché, mentre li porta scuola, riesce a sorridere anche se scopre di essersi dimenticata o di aver sbagliato qualcosa.
Perché arriva in ufficio sollevata e felice di potersi focalizzare su appena tre cose per volta e per dover rispondere solo al proprio capo, molto meno giudicante e oppositivo della propria figlia adolescente.
Perché è allenata a mettere semplicemente le cose in fila una dietro l’altra, nel giusto ordine di priorità.
Perché non farà durare le riunioni neppure un minuto più del necessario e non manderà e-mail inutili.
Perché saprà capire anche le cose non dette.
Perché vede il mondo come è davvero nella vita di tutti i giorni, ma è capace di immaginarlo come sarà per la prossima generazione.
Perché, dopo una giornata difficile in ufficio, tornando a casa troverà problemi differenti che la distrarranno e la porteranno a rimettere tutto in una diversa prospettiva.