L'occupazione femminile rimane sempre un passo indietro rispetto a quella maschile, sia che si tratti di mamme lavoratrici che di ragazze al primo impiego, con pesanti effetti sui trend di natalità, mai così bassi
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Gli ultimi dati Istat raccolti dal 2008 al 2013 ritraggono un'Italia del lavoro che pende sempre in favore degli uomini. A cominciare dalle giovani in cerca del primo impiego: nella fascia d'età 15-34 anni il tasso di occupazione è al 34,7% tra le donne e raggiunge il 45,5% tra gli uomini.
Quando poi arriva una gravidanza le cose si complicano e peggiora la situazione di conciliazione dei tempi di vita delle donne: il dato peggiore è che cresce la quota di donne occupate in gravidanza che non lavora più a due anni di distanza dal parto (22,3% nel 2012 dal 18,4% nel 2005), con punte drammatiche nel Mezzogiorno dove arriva al 29,8%. Inoltre, aumenta la quota di occupate con figli piccoli che lamentano le difficoltà di conciliazione (dal 38,6% del 2005 al 42,7% del 2012).
L'ambito che paga maggiormente le spese di questa incertezza lavorativa è la natalità. Nel nostro Paese persistono livelli di fecondità molto bassi, in media 1,42 figli per donna nel 2012 (contro una media europea di 1,58). Dal 1995, anno che registrò il minimo storico delle nascite, si è invertito il trend positivo: nel 2013 si stima che saranno iscritti in anagrafe per nascita poco meno di 515 mila bambini, circa 64 mila in meno dal 2008 e 12 mila in meno rispetto alle nascite registrate nel 1995. "Siamo una società rigida, e la conciliazione non è mai stata perseguita con forza mentre nei paesi nordici l'ingresso delle donne nel mondo del lavoro fin dagli anni 50 ha visto un impegno forte nelle politiche sociali e dei servizi" afferma Linda Laura Sabbadini, direttrice del dipartimento Statistiche sociali dell'Istat. "Noi abbiamo avuto la legge sui congedi parentali e sui servizi innovativi dell'infanzia solo nel 2000, un momento particolarmente effervescente che non ha avuto un'adeguata continuità."
L'unico trend positivo di occupazione femminile è purtroppo figlio della crisi: l'occupazione è diminuita di 984.000 unità (delle quali 973.000 uomini e 11.000 donne). In pratica a fronte della forte riduzione dell'occupazione maschile, le donne occupate sono diminuite solo dello -0,1%. L'occupazione femminile tiene rispetto a quella maschile grazie al contributo delle occupate straniere (aumentate di 359.000 unità), alla crescita delle occupate over 50 e con l'incremento di quante entrano nel mercato del lavoro per sopperire alla disoccupazione del partner. Aumentano, infatti, i nuclei familiari dove la donna è l'unica ad avere una fonte di reddito: sono il 12,2% delle famiglie (erano il 9,4% nel 2008).