I pasti erogati dalle mense delle scuole sono spesso motivo di apprensione per i genitori, soprattutto quelli che sono particolarmente attenti all’alimentazione dei piccoli
© ansa
Come sono messe le mense scolastiche di tutta Italia? Cosa mangiano i nostri bambini? Purtroppo quello delle mense scolastiche è un insieme di luci e ombre in cui, per le troppe differenze anche tra mense della stessa città, è difficile generalizzare. I genitori che vivono con apprensione l'esperienza della mensa scolastica sono molti, forse proprio perché a causa di questo enorme caos, le mamme e i papà sono poco consapevoli di quanto e di come mangiano i bambini a scuola.
Attualmente sul territorio nazionale abbiamo una situazione di totale indipendenza di ogni Comune che, autonomamente, decide per conto suo come gestire le mense. Save the Children ha condotto un monitoraggio di 36 comuni italiani evidenziando buone e cattive prassi delle mense scolastiche pubbliche.
Ogni comune si regola diversamente per le tariffe, le eventuali esenzioni o riduzioni e in caso di morosità: Vigevano, Brescia e Campobasso vincono il premio per le peggiori prassi, le rette tra le più alte d'Italia, nessuna esenzione anche per famiglie in difficoltà ed esclusione immediata del bambino dalla mensa in caso di morosità dei genitori.
C'è da specificare che quasi dappertutto esistono delle commissioni ad hoc composte da nutrizionisti, dietisti, pediatri, igienisti e medici sportivi, che organizzano i menu e la rotazione ottimale degli alimenti. Il problema è che anche se teoricamente può sembrare tutto ok, ci sono ancora enormi problemi da gestire e risolvere. Nella maggior parte delle mense scolastiche, per esempio, vige ancora un'impostazione non al passo con i tempi e basata sulla situazione degli anni Venti in cui, causa la diffusa povertà, le mense scolastiche (o refettori come venivano definiti qualche decennio fa) erano chiamate a coprire il 50% del fabbisogno nutrizionale quotidiano dei bambini.
Attualmente molte commissioni hanno ridotto le quantità, ma in tante altre i piatti per i bambini continuano a essere eccessivi e portano psicologicamente il bambino a sentirsi sazio solo guardando l'enorme piatto che si ritrova davanti. Il problema della porzionatura genera quindi nel bambino anche molta confusione. Le porzioni infatti non possono e non devono essere uguali per tutti, ma andrebbero proporzionate almeno rispetto all'età. In questo modo si comuinca che tutti possano mangiare le stesse quantità e i bambini acquisiscono un modello che poi vogliono applicare anche a casa, chiedendo lo stesso piatto del papà o del fratello più grande.
Ma superando lo scoglio delle quantità, il problema più serio resta quello dell'equilibrio nutrizionale, che non sempre viene rispettato. Ad esempio nei menu settimanali vengono previsti piatti unici che prevedono l'accostamento di legumi e cereali, come pasta e fagioli o riso con le lenticchie. Sono piatti unici, ma nella consapevolezza che non tutti i bambini li mangiano, si preparano anche dei secondi.
In questi casi c'è il bambino che mangia solo il secondo e un altro, invece, che oltre alla pasta e fagioli prende pure la carne. Questo genera una diseducazione alimentare che scoraggia i bambini ad apprezzare nuovi piatti, e non insegna che alcune pietanze sono piatti unici e non hanno bisogno di altro. In questo modo si diseducano i bambini e i genitori ai quali viene passato il messaggio che va bene tutto purché il bambino mangi. La soluzione è molto semplice: se la mensa scolastica fosse vista dagli insegnanti, dai bambini e dai genitori come un momento educativo al pari delle ore di lezione il problema sarebbe risolto alla radice.