Come accade nel caso di molte festività, anche la domenica culmine della primavera è protagonista di numerosi detti con cui si esprime la saggezza popolare
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Pasqua e il tempo che farà, Pasqua e la buona sorte e come giornata da cui trarre auspici per il futuro; tutto questo e molto altro si legge nei proverbi e nei detti popolari dedicati alla giornata in cui si celebra la Resurrezione di Cristo. Da un’occasione di festa dalla quale trarre auspici per la stagione primaverile appena iniziata, ai modi per prevedere le condizioni meteorologiche che caratterizzeranno la giornata: molti di questi detti discendono dalla cultura contadina e quindi riguardano i lavori dei campi e le condizioni che la campagna riserverà nei mesi a venire. Alcuni di questi modi di dire sono entrati nell’uso comune, altri ci sono meno familiari: vediamo i più conosciuti e i più curiosi.
La festa non ricorre ogni anno nello stesso giorno, avviene nel caso del Natale, celebrato sempre il 25 dicembre, senza considerare il giorno infrasettimanale. Il concilio di Nicea dell’anno 325 ha fissato la Pasqua cristiana in un giorno domenicale, perché i Vangeli riferiscono che il Cristo è risorto il primo giorno dopo il sabato (e quindi di domenica). La data prescelta è dunque la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera, con oscillazioni che dipendono dunque dal calendario lunare. Dato che il giorno di riferimento per l’equinozio di primavera, secondo le conoscenze del tempo, era il 21 marzo, la Pasqua cade necessariamente in un giorno compreso tra il 22 marzo e il 25 aprile compresi. Per questo si dice: "Non si può veder Pasqua, né dopo San Marco, né prima di San Benedetto". Si parlerà poi di Pasqua Bassa quando la festa cade all’inizio di questo periodo, e di Pasqua Alta quando è posizionata nella seconda metà di esso.
Data l’estrema variabilità del clima primaverile, le condizioni meteorologiche del giorno festivo hanno sempre rivestito un certo interesse, per pianificare sia le celebrazioni sia le attività ricreative della giornata da svolgere all’aperto. Per questo ancora oggi si traggono auspici per la giornata di festa da segnali poco scientifici, ma a volte abbastanza calzanti: il più celebre di tutti è “Se c’è sole sulle Palme, piove sulle uova”: significa che una giornata soleggiata nella Domenica delle Palme, quella che precede la Pasqua, comporta un elevata probabilità di una Pasqua piovosa o per lo meno bagnata da qualche acquazzone. Un inverno molto mite espone al rischio di una primavera con qualche colpo di freddo, come evoca il detto: “A Natale sul balcone, a Pasqua col tizzone”. In ogni caso, anche se qualche piovasco è molto probabile (“Non è bella la Pasqua se non gocciola la frasca”), la natura è in pieno risveglio primaverile, per la gioia e il conforto dei cuori: i detti “Pasqua voglia o non voglia, non fu mai senza foglia”, oppure “Pasqua venga alta o venga bassa vien con la foglia e con la frasca”, o ancora “Non vien Pasqua senza frasca” si riferiscono proprio al risveglio della natura, con le piante in pieno risveglio primaverile.
La festività pasquale arriva dopo la Quaresima, considerata fino a pochi decenni fa come un periodo di penitenza e di mortificazione. I sacrifici e i fioretti di cui era costellata rendevano questi quaranta giorni di mortificazione particolarmente lunghi e impegnativi, ragion per cui si suole definire una prova pesante e protratta nel tempo, o semplicemente molto noiosa ”lunga come una quaresima”. Il comportamento di chi ha sperperato molto denaro, finendo per trovarsi in ristrettezze, era stigmatizzato con il detto: “Ha sciupato tutto e adesso fa Quaresima”. Si dice anche, di un obiettivo molto gratificante che richiede però impegno e sacrificio: “Chi vuol far Pasqua deve far Quaresima”. Non a caso l’uomo saggio sa che “A Natale mezzo pane, a Pasqua mezzo vino”, ossia che occorre ricordarsi di non scialacquare e di fare scorte anche in occasione delle feste, mettendo da parte metà del vino e metà del pane. E dato che non può esserci Pasqua di Resurrezione senza aver celebrato i giorni della Passione e morte di Gesù, val la pena ricordare anche i detti: “A ciascuno la sua croce”, nel senso che a ciascuno toccano dolore e difficoltà, e “Gettare la croce addosso a qualcuno”, per indicare la persona a cui vengono addossate tutte le colpe e responsabilità, anche quelle non sue.
Dopo la mortificazione e la penitenza della Quaresima, però, ecco finalmente arrivare la festa di Pasqua, giorno di felicità e di ricompensa dei sacrifici sopportati. Non a caso si dice “Essere felice come una Pasqua”. Ma non solo: “Venire la Pasqua in domenica” significa cadere proprio al momento opportuno. Sarà per la maggiore libertà che si gode nello scegliersi la compagnia (“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”), o perché l’abbiamo attesa molto (“Tanto si parla della Pasqua che alla fine arriva”), e finalmente ci possiamo anche godere la casa bella pulita dopo aver fatto le pulizie di Pasqua (come dice il proverbio marchigiano “Pasqua venedetta vô la casa netta (la Pasqua benedetta vuole la casa pulita), la festa con tutte le cose belle passa in un battibaleno: “Pasqua tanto desiderata, in un giorno è passata”. Per fortuna, le cose belle che abbiamo tanto atteso non si esauriscono in un solo giorno di festa: alla massima un po’ amara “Coi soldi in tasca è sempre Natale e Pasqua” si contrappone la più ottimistica consapevolezza che “L’agnello è buono anche dopo Pasqua”. L’importante è che nessuno ci auguri mai la “Mala Pasqua”: significa rovinare un momento di felicità portando brutte notizie.