© Istockphoto | Neppure il lockdown da coronavirus ci fa apprezzare i vicini di casa.
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Come il coronavirus cambia le nostre abitudini nei confronti dei compagni di pianerottolo o di balcone. Una bella storia arriva da Roma
© Istockphoto | Neppure il lockdown da coronavirus ci fa apprezzare i vicini di casa.
© Istockphoto | Neppure il lockdown da coronavirus ci fa apprezzare i vicini di casa.
Abitano a pochi passi da noi, ma spesso non li conosciamo se non per cognome. A meno che non abbiano abitudini rumorose che ci infastidiscono, i vicini di casa sono personaggi estranei, con i quali scambiamo a stento un saluto se ci si incontra in ascensore o nell’androne di casa. Eppure, in tempi di lockdown da coronavirus, sono tra i pochi interlocutori con i quali potremmo avere l’occasione di interagire, dal balcone, nell’androne dei box auto o in qualche piccola occasione in cui abbiamo facoltà di mettere il naso fuori casa. Dato che la pandemia ci ha portati a rivedere alcuni rapporti e a sperimentare nuove forme di interazione sociale, vediamo come il Covid19 ha cambiato le nostre abitudini nei confronti dei vicini di casa.
A questo proposito, il portale Casa.it ha condotto un sondaggio sui propri canali social per analizzare se il rapporto con le persone che vivono alla porta accanto è cambiato e in che modo. I risultati sono abbastanza sorprendenti: se ci immaginiamo che, in una situazione difficile come quella attuale la solidarietà e la collaborazione dovrebbero prevalere su tutte le altre considerazioni, siamo destinati a una vera delusione: i vicini di casa non sono affatto vicini nel nostro pensiero. Il 34% dei partecipanti all’indagine ha ammesso che prima dell’emergenza non conosceva neppure il nome del proprio dirimpettaio, e il 45% di costoro continua a non conoscerlo a tutt’oggi. In molti ammettono che va benissimo così.
Un’altra domanda che ha generato risposte sulle quali interrogarsi è stata: “In questi giorni hai rivalutato i tuoi vicini di casa?” Al quesito, ben l’81% delle risposte è stata un no. Quali sono i rimproveri che rivolgiamo ai nostri compagni di condominio e che ci rendono così difficile entrare in relazione con loro? La maggioranza (per l’esattezza circa 8 su 10) dichiara di non sopportare i rumori provenienti dagli appartamenti circostanti. La prima fonte di fastidio è la musica, seguita dal volume eccessivo della tv e da rumori vari come tacchi della scarpe, mobili spostati, oggetti fatti cadere o rotolare sul pavimento. Pollice verso anche nei confronti dei flash mob, che pure hanno unito e intrattenuto gli italiani nei primi giorni di quarantena. Unico dato rassicurante, almeno sulla carta, è la professata disponibilità a dare una mano al proprio vicino di casa in caso di necessità, dichiarata dalla quasi totalità dei partecipanti al sondaggio.
Eppure, da più parti arrivano anche storie di buon vicinato. Non si tratta solo di esperienze legate alla vita nelle comunità meno numerose, ad esempio nei piccoli centri in cui tutti si conoscono: Roma è una grande città nella quale però la popolazione è da sempre abituata a fare fronte comune per supplire alle mancanze di una organizzazione pubblica che notoriamente presenta molte criticità. Il carattere aperto ed esuberante dei romani gioca un ruolo importante rispetto alla riservatezza e all’introversione dei cittadini del Nord Italia, proverbialmente più inclini a pensare solo per sé. Roma, in tempi di lockdown, ha rispolverato la vecchia abitudine di godere dei terrazzi condominiali, spazi comuni in cima alle case, accessibili a tutti gli inquilini e spesso baciati da viste suggestive sulle bellezze della Città Eterna.
Non stiamo parlando dei meravigliosi salotti open air con vista sui monumenti del centro storico delle residenze più signorili, ma degli spazi comuni ricavati sui tetti dei condomini civili delle zone semicentrali. In questi tempi di lockdown, questi terrazzi, spesso di grandi dimensioni ed esposti al sole tiepido della primavera, si stanno popolando di persone che, nel pieno rispetto delle regole di distanziamento, salgono fin lassù per prendere una boccata d’aria, per fare ginnastica, per godersi un po’ di primavera. E da un balcone all’altro, parlano con i dirimpettai, magari distanti una cinquantina di metri in linea d’aria, fanno amicizia, condividono passioni e interessi musicali, rompendo l’isolamento e facendo anche rete tra loro.
Ci racconta Sofia (il nome è di fantasia), 30 anni, milanese di nascita ma romana di fresca adozione, un mini appartamento al sesto piano di uno di questi palazzi, piccino ma dotato di un grande spazio terrazzato: “Vivo qui solo da due mesi, non conoscevo nessuno. Dopo il decreto di chiusura, tutto è cominciato condividendo la musica sparata dallo stereo di un ragazzo dal balcone di una casa di fronte, all’ora del tramonto, quando in molti ci affacciamo per vedere i colori del cielo e delle case. Ora, da un palazzo all’altro chiediamo a gran voce le nostre canzoni preferite, qualcuno le suona anche con la chitarra elettrica e facciamo un brindisi con una birra e un sacchetto di patatine all’ora dell’aperitivo. Nella casa di fronte c’è una personal trainer che fa fare ginnastica a tutti insieme, ciascuno a casa propria. Stiamo festeggiando i compleanni, per Pasqua pranzeremo ciascuno sul proprio balcone ma con lo stesso menù, chiacchierando in chat. Siamo gente di tutte le età, non solo ragazzi: abbiamo anche creato una nostra pagina Facebook con una ventina di iscritti. E’ ovvio, non vediamo l’ora di poterci incontrare più da vicino e di cenare insieme per davvero, magari qui sotto in strada, ma anche così è bellissimo. Ve lo immaginate tutto questo a Milano? Io proprio no.”