La collezione per il prossimo autunno inverno in un ambiente che invita tutti a sentirsi un po’ dr. Frankestein di se stessi
Più che in atelier di moda pare di essere in una sala operatoria, con tanto di lettini da intervento chirurgico e di luci livide, come si conviene a questo luogo. La collezione autunno-inverno 2018-2019 di Gucci sfila in questa atmosfera inconsueta, come per ricordare a tutti che siamo un po’ i Dottor Frankestein delle nostre vite. In fondo siamo tutti cyborg, identità ibride che vanno al di là delle identità di maschile e femminile.
Come spiega Alessandro Michele, che ha firmato la collezione, la rappresentazione di noi stessi "passa attraverso la sala operatoria del nostro cervello". Il fatto che, dunque, le modelle portino in mano la loro stessa testa ricostruita con impressionante somiglianza vuole rappresentare "la grande fatica che si fa per accudire la propria testa in modo profondo". Lo stesso lavoro che fanno mente e anima con sofferta consapevolezza è svolto dalla moda e dagli abiti “in modo poetico”.
E la collezione per il prossimo inverno assolve a questa funzione assemblando codici diversi, dal borghese al pop, dall'etnico al tribale, in un'"allegoria del dover divenire" che per Michele rappresenta la nostra "era post umana". Ci sono il copricapo sikh del tassista newyorchese e quello innuit, ma anche i cappelli tribali e i copricapo borghesi, Ci sono immagini hollywoodiane, felpe con il titolo del film cult di Russ Meyer o con il logo della Paramount; ai piedi le scarpe da montagna oppure i sandali da tedesco con gli strass; e ancora i completi di pizzo con la G del marchio, veli, ricami accostati a elementi grafici.