Anna Tavano, Head of Global Banking di HSBC
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Coraggiosa e determinata, Anna Tavano, Head of Global Banking di HSBC, si racconta a Tgcom24
di Carlotta TennerielloAnna Tavano, Head of Global Banking di HSBC: una carriera importante con un obiettivo ben chiaro, essere sempre se stessa.
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Ciao Anna, non abbiamo avuto modo di fare questa chiacchierata di persona, ma la facciamo al telefono: va bene?
Benissimo! Mi sono organizzata: mi trovo in una sala riunioni dove usiamo un sistema di videoconferenza. Provo a farlo funzionare anche se non sono una persona super tecnologica: ammetto che mia figlia, che ha 12 anni, è decisamente più smart e veloce di me con la tecnologia digitale e mi fa sentire “out”! Per fortuna ho dalla mia conoscenze che sanno rimettere a posto gli equilibri, almeno per il momento.
La tua carriera parte da lontano. Mi racconti un po’ di te?
Volentieri. Nasco in una famiglia di imprenditori, e fin bambina pensavo che avrei voluto fare quello che io definivo, “il dottore delle aziende” per risolvere i loro problemi o aiutarle a crescere occupandomi di consulenza strategica o di finanza. Così, dopo la maturità, mi trasferii a Roma per studiare Economia. Dopo la laurea, feci un breve periodo di lavoro presso uno studio di commercialisti, ma non era per me. Volevo occuparmi di finanza, ma avevo un problema: conoscevo bene il francese, che avevo studiato a scuola, ma quasi per niente l’inglese. Decisi quindi di andare a Londra e lo feci.
Una scelta coraggiosa.
In effetti partii da sola, senza neppure sapere bene cosa fare una volta arrivata là. Come prima cosa mi iscrissi a un corso di lingua. Un giorno rividi alcuni vecchi amici dell’università che lavoravano lì; uno di loro, chiacchierando, mi suggerì di inviare un mio cv a una banca d’affari che cercava giovani da inserire al proprio interno. Non sapevo neppure come scrivere un curriculum in inglese, ma mi feci aiutare e lo mandai. Fui convocata per un colloquio e con mia grande sorpresa mi assunsero. Quanto alla lingua, fui agevolata dal fatto di far parte di un team di italiani e come ultima arrivata di lavorare prevalentemente alla preparazione di presentazioni e di modelli finanziari, attività che si è rivelata utilissima anche più avanti nella mia carriera.
E' stato difficile farsi accettare in un contesto decisamente molto maschile?
Direi di sì, lo è stato e lo è tutt'ora. Molti dei miei clienti erano uomini, talvolta anche con i capelli già bianchi: mi è capitato che all’inizio di un incontro non mi dessero nemmeno il loro biglietto da visita, altri magari lo facevano a metà riunione, qualcuno mi stringeva la mano solo quando si arrivava al termine. Ma il pregiudizio era tale che un cliente è arrivato a dirmi che non solo ero giovane, ma anche meridionale! Vuoi sapere come è finita? Quella persona si è rivelata poi nel tempo uno dei miei migliori clienti. Grandi risultati per una giovanissima donna del sud.
Essere un banchiere donna non deve essere facile, comunque.
Ho fatto molti sacrifici. Per anni ho lavorato molto duramente, con orari che non mi consentivano di avere alcuna vita sociale e nessuno spazio personale. Tuttavia, sono stata fortunata perché a Londra il sistema è meritocratico e da questo punto di vista non conta né l’età, né il sesso: sono stata premiata per i risultati e ho fatto in otto anni la carriera che in Italia probabilmente avrei fatto dopo venti. Piuttosto, quello che mi è stato di grande aiuto è l’aver avuto sempre molto chiaro cosa mi interessasse fare: dopo un primo periodo in banca, diedi le dimissioni per provare nuove sfide. Le respinsero e mi assegnarono ad un team internazionale composto da tre persone che facevano consulenza, tutte donne, compreso il capo, una signora irlandese.
Anna, come è stato avere come capo una donna?
Molto utile e istruttivo, perché ho capito come non avrei mai voluto essere. Una donna non deve somigliare a un uomo per essere leader e in azienda deve portare le sue qualità senza mai rinunciare alla propria femminilità. Credo fermamente che all’interno di un’azienda ci debba essere un buon equilibrio tra uomini e donne, perché porta a risultati migliori e ad organizzazioni più forti e competenti. Valorizzare le qualità e le capacità femminili migliora le prestazioni dell’azienda.
Famiglia e carriera: una bella sfida.
Per anni mi sono dedicata totalmente all’attività professionale con nuovi stimoli e nuove responsabilità, ma ad un certo punto ho avuto voglia di tornare in Italia sperando anche in ritmi meno frenetici, ma mi sbagliavo. Tuttavia, la scelta è stata premiata perché ho rivisto dopo quasi vent’anni l’uomo che sarebbe diventato poi mio marito. È stato amore a prima vista e nel giro di un anno ci siamo sposati. Dopo è arrivata mia figlia Maria Teresa e a quel punto ho deciso di dedicarmi soltanto a lei. Dopo tanto correre e affannarmi avevo bisogno di regalare del tempo a me stessa e sentivo di volermi dedicare alla mia bambina. Matrimonio e maternità rappresentano la mia assoluta priorità e mi hanno anche consentito di crescere professionalmente oltre che emotivamente.
Non hai fatto la mamma a tempo pieno a lungo, però.
In effetti, a qualche mese di distanza dalla maternità mi fu offerto un ruolo importante all’interno della Pubblica Amministrazione, che accettai. Dopo aver ricevuto tanto, ho reputato fosse giusto restituire con il mio contributo qualcosa al mio Paese: è stata un’esperienza sfidante e difficile. L’obiettivo inizialmente era di dedicare al massimo tre anni della mia vita professionale e in effetti, all’inizio del quarto anno, la banca per la quale avevo sempre lavorato mi richiamò. Fu un po’ un ritorno a casa fino a quando non è arrivata la proposta di HSBC. Mi sono piaciuti molto il progetto, la cultura ed i valori della banca quindi ho accettato la nuova sfida con grande entusiasmo.
Oggi come ti senti nel ruolo di mamma e manager?
Ho imparato a concedermi del tempo, a prendermi cura di me stessa senza sensi di colpa. Lavoro per passione perché sento di avere il fuoco dentro, ma trovare l’equilibrio tra la mia vita familiare e quella lavorativa è stata una vera conquista.
Tempo libero: che mi dici?
Adoro cucinare: sono brava, lo dico senza falsa modestia. Il mio cavallo di battaglia sono i dolci, ma me la cavo bene anche con i primi e i secondi; il mio piatto forte è il ragù. Anche mio marito condivide questa passione, ma predilige piatti più elaborati da vero chef. Poi ammetto di essere "shopping addicted": adoro andare per negozi con mia figlia e stare in giro insieme tutto il giorno durante i fine settimana. Mi piacciono le borse e le scarpe, ne ho tantissime, coi tacchi e sneakers, anche coloratissime.
Ultimo, ma non meno importante: un suggerimento alle donne.
E' importante fare network e supportare sempre le altre donne. Occorre essere sempre se stesse e non rinunciare mai ai propri sogni. Le conquiste si basano sempre su qualche rinuncia, ma non bisogna mai abbandonare l'idea di realizzare i propri obiettivi: un giorno ci si potrebbe pentire di averlo fatto.