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"Non bisogna mai perdersi d’animo, ma seguire sempre la propria passione"

Una grande generosità, l'amore per la cucina e un perenne entusiasmo: è Lucia Tagliaferri, Direttore Commerciale di Essity

di Carlotta Tenneriello
24 Apr 2020 - 09:31

Ha sempre lavorato con passione, la sua porta è sempre aperta e le piace lavorare in team: è Lucia Tagliaferri, che racconta a Tgcom24 la sua storia.

Lucia Tagliaferri, Direttore Commerciale di Essity

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© Ufficio stampa
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Ciao Lucia, grazie per aver trovato del tempo in una giornata così caotica. Milano quando piove è impraticabile.
In verità, in questo momento mi trovo a Parigi, sono partita stamattina e sono venuta qui per una serie di riunioni importanti. Il mio capo è francese e attualmente il mio ruolo è sull’area FBI, che non ha nulla di inquietante, sia chiaro: è solo l’acronimo di Francia, Belgio e Italia ed io ho la responsabilità commerciale di quest’ultima per i prodotti consumer, dei brand Tempo, Tena, Nuvenia e Demak’Up.

Questa nostra chiacchierata si sta svolgendo alla sera e immagino che tu sia stanchissima.
Se devo essere sincera, non mi sento stanca. Io sono perennemente entusiasta, mi sveglio sempre di buonumore e vado in ufficio col sorriso. Non mi è mai pesato dover andare a lavorare e cerco di trovare il tempo per tutti. La mia porta è costantemente aperta affinché io possa parlare con le persone, perché mi piace dare. Io ho ricevuto tanto e ritengo sia doveroso restituire tanto, anche se temo di aver ricevuto più di quanto sia riuscita a dare.

Una grande responsabilità.
Il senso del dovere mi è stato insegnato dai miei genitori, che mi hanno educato e formato. Mi piace dare un senso al mio agire, al tempo che scorre: il tempo è limitato e bisogna spenderlo bene. Fare cose che lasciano il segno è la più grande soddisfazione che si possa avere. D’altra parte, la mia responsabilità riguarda anche l’educazione dei miei figli, che imparano da quel che vedono fare piuttosto che da quello che si sentono dire.

Sono curiosa: come sei arrivata in Essity?
Durante gli studi universitari e subito dopo la laurea, ho lavorato presso il Consolato USA a Milano. Conobbi per caso una persona che lavorava per una società di selezione del personale, la quale mi propose la partecipazione ad un Master in Marketing, la cui frequenza era gratuita perché le spese venivano sostenute dalle aziende sponsor. Superai le selezioni e fui presa e quando feci un colloquio con Essity fu un colpo di fulmine, credo per entrambi. Per me significava entrare in contatto con un’azienda che operava in un settore che mi stava molto a cuore, per la delicatezza ed il significato sociale: prodotti per l’incontinenza e forniture per case di riposo per anziani. Iniziai con uno stage, alternando tre settimane di lavoro e una di studio, ma mi fu consentito anche di continuare a lavorare in Università dove ero assistente. Insomma, grande disponibilità fin dall’inizio.

Una disponibilità che ha segnato tutto il tuo percorso professionale.
Lavoro in Essity da sempre e la condivisione dei valori di coraggio, passione, rispetto è sempre stata determinante. Non ho mai avuto difficoltà nel gestire gli impegni familiari con i miei bambini, perché in azienda la maternità non è mai stata vista come un ostacolo, ma come una ricchezza. Per esempio, quando ho vissuto in Svezia ho potuto assentarmi per dodici mesi per la maternità e non ho mai sentito la pressione per il rientro al lavoro. Pensa che è previsto il congedo parentale anche per i padri, che non solo è benvisto, ma addirittura obbligatorio. Per Essity la famiglia ha un enorme valore. 

So che sei stata in Svezia diverso tempo. Com’è andata?
Ho trascorso quattro in Svezia ed è stata un’esperienza bellissima. Dopo un primo periodo di lavoro in Italia, con ruoli via via crescenti per responsabilità, mi trasferii nella sede centrale dell’azienda. Ero incinta di otto mesi e mio figlio è nato lì. Al mio rientro in ufficio mi occupai di un prodotto importante, gli assorbenti Tena, che impatta su un tema tabù, quello dell’incontinenza senile e che è trasversale a tutte le culture e a tutti i Paesi del mondo. In Svezia ho imparato cosa significa davvero lavorare in team, condividere un progetto e massimizzare i risultati per poi affrontare insieme nuove sfide. Inoltre, devo aggiungere che in Svezia si sta benissimo: il freddo lo si combatte con l’abbigliamento giusto e la qualità della vita non ha paragoni. Niente caos, niente code, tanto verde e natura e un contesto di grandissima serenità e sicurezza: i miei bambini uscivano e scorrazzavano per strada senza problemi e non hanno mai preso neppure un raffreddore.

Come è stato dunque il tuo rientro in Italia?
Sono onesta: difficile. Non da un punto di vista professionale, sia chiaro: Essity aveva pianificato benissimo il rientro e quindi mi fu offerto un ruolo importante che mi piaceva e che soddisfaceva le mie aspettative. Quello che mi è pesato è stato soprattutto il riadattarsi a vivere in un Paese dove non sempre le persone hanno il rispetto che si meritano e dove non tutto funziona come dovrebbe. Per esempio, una cosa inaccettabile è la fuga di talenti, che si potrebbe evitare puntando non tanto, o non solo, sulla retribuzione, ma piuttosto su un sistema valoriale importante, fatto di rispetto, generosità, sostegno.

La tua attività come Direttore Commerciale è una bella sfida. 
Si tratta di un ruolo che ho fortemente voluto e che rappresenta sicuramente una sfida importante e anche coraggiosa. D’altra parte, in azienda ho sempre dato tanto, in termini di disponibilità e flessibilità – tra viaggi, trasferte, spostamenti – e mi è sempre stata riconosciuta la grande passione con cui ho lavorato: insomma, un ulteriore attestazione di stima e fiducia. 

I tuoi figli sono al primo posto nell’elenco delle priorità: me ne parli?
Ho due splendidi ragazzi: Andrea è il maggiore, 21 anni, ha traghettato con serenità la sua adolescenza e ormai è un adulto a tutti gli effetti. E’ molto bravo nello studio e sta frequentando il terzo anno della facoltà di Economia all’Università Bocconi e poi segue i ragazzi di terza liceo come educatore nella parrocchia del paese dove abitiamo. Francesco è il mio secondogenito, ha 17 anni, è creativo e determinato e attualmente si trova in Canada per fare il quarto anno di scuola superiore all’estero. Era una cosa a cui teneva tantissimo e che lo sta formando: si è perfettamente inserito nella famiglia che lo ospita e va d’accordissimo coi suoi “fratelli” acquisiti, due bimbi di 9 e 6 anni, di cui uno autistico; io lo seguo a distanza, cercando di lasciargli il suo spazio senza essere invadente, anche se naturalmente mi manca molto.

Mi sbaglio o sei anche un’ottima cuoca?
Adoro cucinare e le marmellate e i dolci sono il mio cavallo di battaglia. Ogni sabato mattina faccio la spesa alla mia bancarella di fiducia al mercato, che mi tiene da parte la frutta più adatta: fragole, pesche, prugne, a seconda della stagione, e poi anche mele cotogne e zenzero per accompagnare i formaggi. Confeziono crostate che poi porto in ufficio per i colleghi e il mio team. Mi piace fare cose con le mani, mi rilassa ma mi serve anche per vedere tutta la filiera di produzione, dalle materie prime al prodotto finito. Tra i miei piatti preferiti, anche la zuppa di cipolle e poi il pesce, che sto imparando a cucinare, in padella o al forno.

Credo però che anche la birra artigianale sia tra i tuoi interessi.
E’ vero. Ho incontrato due ragazzi che hanno messo a punto un paio di ricette e abbiamo aperto un birrificio sociale nella provincia di Varese, dove vivo. Tra poco faremo anche un’assunzione - la prima! -, una persona disabile. Abbiamo uno spaccio, aperto solo il venerdì pomeriggio e il sabato, che utilizziamo come progetto educativo e poi svolgiamo attività di volontariato nelle occasioni speciali, quali il pranzo di Natale per esempio.

Mi piacerebbe un tuo suggerimento alle altre donne.
Non bisogna mai perdersi d’animo, ma seguire sempre la propria passione: non bisogna mollare, mai scoraggiarsi. Occorre essere determinate e crederci, ma crederci fino in fondo. Non dobbiamo essere trattate da uomo, ma da donne, con le opportunità che meritiamo, perché il nostro essere femminili ha un valore aggiunto straordinario: noi riusciamo a creare legami, relazioni e collaborazioni che sono determinanti per vincere qualsiasi sfida.

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