La discriminazione è la prima e più sottile forma di violenza contro il sesso femminile. E si tratta di uno schema che tende a riprodursi da una generazione all'altra.
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La violenza contro le donne può avere molte facce. Da quelle fisiche estreme e purtroppo molto frequenti che costellano la cronaca, ad altre più sottili, che vanno dal mobbing di genere sul posto di lavoro, alla disparità delle retribuzioni e alla maggior difficoltà per una donna nel fare carriera rispetto ai colleghi maschi. Una curiosa indagine realizzata negli Stati Uniti dimostra che il gap retributivo comincia in età molto precoce e in seno alla famiglia: le bambine sono coinvolte più dei loro fratellini nelle faccende domestiche e ricevono mance più basse. Lo schema della disparità di genere tende dunque a passare incessantemente da una generazione all’altra e nasce nell’intimità della casa fin dall’infanzia.
Un recente studio, intitolato "Reflections on the Future of the Second Half of the Gender Revolution" riportato dal New York Times, ha preso in esame un campione di adolescenti, maschi e femmine, tra i 15 e i 19 anni. Tra i dati dello studio è emerso tra l’altro che i maschi dedicano in media mezz’ora al giorno ai lavori domestici, mentre le ragazze 45 minuti. Il dato per le femmine è di poco inferiore a quello registrato dieci anni fa, mentre quello relativo ai maschi è rimasto invariato. In pratica: è cambiato leggermente (in meglio) l’atteggiamento dei genitori nei confronti delle figlie femmine, mentre è rimasto invariato nei confronti dei maschi. Un altro studio, l’American Time Use Survey, che analizza l’uso del tempo da parte degli americani, rivela che le bambine figlie di genitori laureati dedicano alle faccende domestiche 11 minuti al giorno più dei figli maschi, ma ricevono mance più basse per la loro collaborazione. Un altro dato curioso rivela che i maschietti ricevono spesso una mancia per la loro igiene personale, mentre le bambine no.
Quando si arriva all’età adulta la situazione è quella che tutti conosciamo. La cura della casa e dei familiari continua a gravare soprattutto sulle donne, le quali, secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “The Journal of Brain & Behavior”, hanno un rischio doppio rispetto agli uomini di soffrire di stress grave e di ansia. La poca considerazione del lavoro domestico sembra risiedere nel fatto che si tratta di un’attività non retribuita: questo fa pensare che non sia un vero e proprio lavoro. Le donne, da parte loro, lo considerano come un’attività indispensabile, capace di generare lo stesso stress e ansia da prestazione del lavoro d’ufficio, che è loro dovere svolgere, ma il cui buon risultato passa inosservato o quasi, generando uno stato di profonda frustrazione.
Il fatto che le attività familiari non siano retribuite e che gravino soprattutto sulle spalle delle donne è anche, secondo i ricercatori, una delle ragioni per cui gli stipendi femminili sono inferiori sul posto di lavoro. Gli esperti suggeriscono perciò che, per raggiungere la parità tra i generi, occorre formare meglio le ragazze nei confronti delle attività retribuite, ma anche abituare i ragazzi a svolgere una quota di lavoro non pagato.
Questa e altre realtà sono ancora iscritte negli strati profondi dell’identità di molte persone: donne che considerano normale il fatto di dover conciliare l’attività professionale con il ruolo di “angelo del focolare”, e di uomini che ritengono altrettanto normale, anzi un diritto, il fatto di poter circoscrivere l’intero mondo psicologico e affettivo della loro compagna. Le campagne femministe degli ultimi decenni ci hanno fatto fare molta strada, ma quella da percorrere è indubbiamente ancora lunga.