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Isabella Collalto de Croÿ: "È fondamentale conservare il patrimonio morale e materiale che mi è stato trasmesso per poterlo trasmettere a mia volta"

La principessa Isabella Collalto de Croÿ racconta la sua storia ai lettori di Tgcom24

di Carlotta Tenneriello
28 Apr 2025 - 05:00

Isabella Collalto de Croÿ, proprietaria della Cantina Conte Collalto

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© Ufficio stampa
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Principessa, lei appartiene a una delle famiglie di più antica nobiltà del nostro Paese. Un onore e un onere.
È indubbiamente un grande onore per me appartenere a una famiglia che ha avuto un ruolo importante a livello politico, culturale e sociale e che ha lasciato segni tangibili del suo potere, della sua abilità diplomatica, dei legami con i Grandi del tempo in accadimenti e vicende che hanno fatto la Storia della Marca Trevigiana e non solo, per un periodo di mille anni, una longevità straordinaria per la stessa famiglia nello stesso territorio. Un onore che da parte mia implica rispetto e ammirazione per quanto realizzato dai miei antenati nel corso dei secoli in quel naturale alternarsi di vicende gloriose ma anche di momenti dolorosi o di scelte difficilissime. Questo onore è accompagnato da una punta di orgoglio, è innegabile, per il fatto di essere l’erede di una tale tradizione e avere la responsabilità di perpetuare il prestigio della famiglia. A ben pensarci, al giorno d’oggi l’onere non viene tanto dal mondo esterno o dalla società. Non godendo attualmente la nobiltà di alcun privilegio particolare, non vi sono oneri particolari imposti dalla società. L’onere è piuttosto a livello personale, un onere che fa parte di me, è innato e consiste nel rispettare spontaneamente una certa tradizione famigliare, con un comportamento sempre corretto, rispettoso e ineccepibile nei confronti di chiunque, agendo per il bene della comunità di cui faccio parte, a livello sociale, professionale, nei confronti del territorio, con la volontà di conservare il patrimonio morale e materiale che mi è stato trasmesso per poterlo trasmettere a mia volta, mantenendo sempre alto l’onore della famiglia. In realtà tutto questo è talmente insito in me che difficilmente posso considerarlo un onere. Non è neppure un dovere morale, quanto un modus operandi et vivendi che sento mio, e che se non rispettassi mi farebbe sentire profondamente a disagio con me stessa.

Crescere in una famiglia così importante può condizionare desideri e progetti: lei cosa sognava per sé quando era piccola?
Non posso veramente dire di essere stata condizionata nei miei desideri e progetti. Alla fine, è la vita che decide per te. È tuttavia innegabile che il fatto di essere cresciuta in una famiglia come la mia, molto internazionale, con famiglia in Spagna, mia madre è spagnola, e in Austria e Germania, mi ha dato l’opportunità di imparare le lingue, fare viaggi studio, confrontarmi con altre realtà che hanno poi dato una piega determinante alla mia vita. Poiché sono nata in una famiglia stabile e serena, con l'esempio di genitori meravigliosi e di tante sorelle, da piccola pensavo alla famiglia nel senso più tradizionale come massima aspirazione. Poi tra studi, università, il lavoro appassionante di interprete all’Unione Europea a Bruxelles, il mio matrimonio e la nascita dei miei figli in Belgio, ho realizzato quanto fosse valorizzante e gratificante riuscire ad abbinare un’attività professionale di grande soddisfazione con il calore di una vita famigliare vissuta pienamente. La realtà ha superato qualsiasi sogno potessi avere da piccola.

Quando e come ha preso in mano le redini dell’azienda Conte Collalto?
La scomparsa di mio padre, per il quale avevo una profonda ammirazione, mi ha aperto gli occhi a una nuova realtà: finché mi fossi fermata a Bruxelles non avrei potuto conoscere né gestire l’azienda, né il Castello di San Salvatore che mio padre mi aveva lasciato. E che se non avessi conosciuto e gestito personalmente questo patrimonio famigliare, difficilmente sarei stata in grado di trasmetterlo ai miei figli a mia volta, né loro avrebbero potuto amarlo e voluto riprenderlo un giorno. Da lì la scelta obbligata di iniziare un pendolarismo Venezia-Bruxelles-Venezia ogni settimana, da 18 anni ormai.

Essere donna e imprenditrice è spesso una sfida impegnativa: la sua esperienza?
Gli inizi in azienda non sono stati facili, avevo tutto da imparare, passavo solo le vacanze con i figli dai nonni a Susegana, ma non conoscevo la mia azienda e neppure il personale aziendale. Una nuova avventura per me, che ero riuscita già a crearmi una nuova vita in Belgio. Ricominciavo da capo, realizzando velocemente fino a che punto il mondo rurale, persino nel nostro evolutissimo Nord Est, avesse un atteggiamento conservatore nei confronti della donna. Esperienza interessantissima la mia in azienda: venivo dai corridoi ovattati delle istituzioni europee, quante sfide nel mondo nuovo per me del vino, direi su ogni fronte, con la consapevolezza di non essere agronoma, né sommelier, né enologa, né avvocato (ne occorre purtroppo sempre uno in azienda, le questioni si fanno spesso molto complicate), ma capendo che la cosa importante era sapermi circondare dalle persone giuste, con la necessaria competenza. Sono così riuscita a creare un rapporto di fiducia con i responsabili dei singoli reparti, guadagnando sul campo credibilità e rispetto. Non mi piace vincere facile, era una sfida e l’ho vinta.

Il mondo del vino è affascinante: quali gli aspetti che più le piacciono?
È un mondo dal fascino irresistibile dove radici storiche, tradizione, cultura, creatività, autenticità sperimentazione, tecnologia si intrecciano con la responsabilità di rispettare il territorio, la ricchezza dei vitigni, le loro caratteristiche per avere una gamma di prodotti che rispecchi le differenze bandendo l’omologazione. In estrema sintesi, apprezzo moltissimo la varietà di vini che il nostro territorio è in grado di esprimere e per questo, oltre al Prosecco DOCG che è il prodotto tipico della nostra denominazione, mi dà molta soddisfazione salvaguardare vitigni destinati alla produzione di vini più di nicchia. Sono veri e propri tesori i vini autoctoni che la mia azienda produce, dal Wildbacher, vitigno originario dalla Stiria, ai celebri Incrocio Manzoni di cui l’azienda produce ben quattro tipologie diverse, al Verdiso, alla Bianchetta, alla Perera per citarne solo alcuni.

Quali invece quelli che vorrebbe poter migliorare?
Se i vini prodotti sono il fiore all’occhiello dell’azienda, quello che mi piacerebbe poter migliorare è lo spirito che regna fra i produttori. È necessario fare squadra, presentarsi uniti e compatti, soprattutto in momenti di difficoltà quali quelli che stiamo vivendo, tra diminuzione dei consumi,  potenziali guerre commerciali, concorrenza sleale, problematiche legate alla contraffazione di prodotti e all’Italian sounding. Procedere in ordine sparso non è mai vincente, il vecchio adagio l’unione fa la forza è sempre valido!

Conte Collalto è una delle cantine più importanti del nostro territorio: il segreto del vostro successo?
La storicità della nostra cantina è innegabile, una pergamena attesta sui nostri possedimenti la presenza di vigneti già nel 958, più di mille anni fa. Innegabile è pure la sostenibilità che posso senza esitare definire ante litteram. Prova ne sia la moltitudine di camminatori, joggers, ciclisti, sportivi che in settimana, e nel fine settimana, viene a godersi la varietà di flora e fauna presente nei nostri boschi, pascoli e vigneti, oltre alla bellezza di un paesaggio preservato dalla cementificazione, immutato nel tempo e a dispetto della storia. Avvalendoci della consulenza di importanti agronomi ed enologi, oltre ai nostri interni, abbiamo avviato un qualificante processo di zonazione per identificare, in base alle caratteristiche di suolo, esposizione al sole, altitudine, pendenza di ogni singolo appezzamento, quale fosse la tipologia di uva più consono a produrre la migliore tipologia di vino. Grazie alla cura e professionalità dei nostri operatori durante le singole operazioni di campagna fino a quelle di cantina, con vini prodotti da uve provenienti solo da vigneti di proprietà, produciamo vini di grande qualità e autenticità, riconosciuta come tale dal territorio e dalla nostra affezionata clientela sia italiana che estera. Essere radicati nella storia del territorio, nel cuore di una comunità dove il legame con la nostra famiglia si è a lungo tramandato di generazione in generazione, sono ulteriori fattori di successo, come pure il fatto di credere nei giovani e di lasciare loro spazio. Sono loro il nostro futuro, ci consentiranno di perpetuare il nostro successo.

Progetti e obiettivi per il prossimo futuro?
Stiamo lavorando da tempo a un progetto di accoglienza allargata in azienda. Tra il castello e la sala del vino in castello i visitatori, chi vuole organizzare un evento, chi vuole saperne di più sul piccolo grande mondo Collalto l’offerta attuale è senz’altro interessante. Al castello e alla cantina si aggiungerà presto un’altra opportunità per i nostri visitatori: Casa Vigneti. È una delle nostre tipiche case coloniche Collalto, riconoscibili nel paesaggio per il colore giallo vaniglia e le due inconfondibili fasce rosse, in cui una volta vivevano tante famiglie e tante generazioni insieme. La casa è circondata di vigneti aziendali, una vista mozzafiato che si estende lontana all’orizzonte su un dolce paesaggio collinare e il castello a fare da guardia. Sarà destinata all’accoglienza, una terza offerta che si va ad aggiungere alle due precedenti, per l’organizzazione di degustazioni, meta di passeggiate, visita dell’orto, eventi in un contesto rurale e conviviale in cui il tempo sembra non essere mai passato. Un modo di esaltare anche i nostri vini più tipici e genuini.

E a livello più personale?
In questo caso, vorrei fare un viaggio studio con mia figlia, che vive da due anni a Auckland, per cantine neozelandesi. Degustazioni, visite, vini diversi dai nostri, modus operandi alternativi, marketing e commercializzazione altri, forme di accoglienza varia… Ogni visita costituisce sempre un arricchimento personale, fornisce nuovi spunti e fa nascere idee nuove. Il confronto è sempre costruttivo, aiuta a crescere, guai a essere autoreferenziali. Questo è un obiettivo che mi sono prefissata e spero di poter realizzare a breve, ben inteso in compagnia di mia figlia, che lavora già nel mondo del vino, per una compagnia neozelandese. Lo sguardo dei giovani è decisamente diverso dal nostro, e questo confronto è fondamentale.

Una bottiglia di vino che nella sua cantina non può mai mancare.
L’Incrocio Manzoni Moscato Violette è un must nella mia cantina. Quando sono entrata in azienda, ormai nel lontano 2007, i miei enologi e lo staff commerciale stava lavorando a un progetto di Incrocio Manzoni. Trovatami per la prima volta coinvolta in una commissione interna di degustazione-marketing- studio etichetta del nuovo prodotto rimasi impressionatissima da questo spumante Extra Dry, dalle note ribelli del padre, un vivace Raboso Piave, e le note aromatiche floreali della madre, il Moscato d’Amburgo! Che allegria, che freschezza questo straordinario Incrocio Manzoni. E il colore…unico! Mi faceva pensare a mia figlia che si chiama proprio Violette. Da lì il passo è stato breve: quell’Incrocio Manzoni si sarebbe chiamato Violette! E porta benissimo il suo nome... Per me rappresenta davvero molto, è carico di ricordi e di emozioni, di novità: è il primo vino rosato prodotto in azienda sotto la mia gestione, la prima donna dopo secoli di gestione rigorosamente maschile dei miei antenati, dedicato a mia figlia. Cosa dire di più? Facile capire quanto significhi questo spumante per me.

Un suo suggerimento alle ragazze che si affacciano al mondo dell’enologia.
Ormai si è sulla via dello sdoganamento dell’idea che ci siano ancora lavori per uomini o per donne. Ci sono donne abilissime sommelier, imprenditrici agricole, distillatrici: oggi si guarda alla qualità, vero discrimine delle cose, non al genere. Detto questo, sappiamo tutti quanto pesi il gender gap, le donne vengono pagate molto meno degli uomini. Il mondo del vino è stato per tanto tempo un mondo maschile ma siamo dalla parte giusta della storia che ci sta dimostrando come sia assolutamente retrogrado e obsoleto continuare a insistere su differenze che professionalmente non esistono. Piuttosto, che si lavori sui servizi in aiuto alle madri che hanno tutto il diritto di prendersi cura dei loro figli senza rinunciare alla loro professionalità e alla carriera. Il mio suggerimento? Ragazze, siete in gamba, siete motivate, non vi manca nulla per una carriera di successo: andate avanti senza farvi scoraggiare. E vivete una vita ricca di emozioni e appagante.

In ultimo, e spero di non osare troppo: qualcosa su di lei solo per i nostri lettori.
Posso confidarvi una mia grandissima fonte di gioia e di orgoglio: si chiama Athena, ha 20 mesi ed è mia nipote. Solare, comunicativa, la gioia di vivere! Non avrei mai immaginato quanto potesse essere bello essere nonna. Nonna attiva ben inteso, non solo imprenditrice alla testa di un’azienda di successo, con un bilancio fantastico, un matrimonio felice, due super figli e una nipotina per la quale tutto passa in secondo piano al suo primo sguardo o quando, tenera, mi tende le braccia per essere presa in braccio. Irresistibile…

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