La giornalista veronese Maria Teresa Ferrari ha creato una linea di copricapi oncologici per tutte le donne che, come lei, sono in terapia
di Alessandra ParlaUn basco maculato. Un copricapo con le paillettes. Una fascia di raso colorata. Il tavolo dell'atelier dove incontriamo Maria Teresa Ferrari, giornalista veronese, brilla della stessa luce riflessa nei suoi occhi. Quel giorno Terry, così la chiamano gli amici, è a Milano per presentare i suoi "copripensieri", cappelli fatti ad arte per donne speciali.
Le ha conosciute nei corridoi dello Ieo, l'istituto europeo di oncologia, negli anni più faticosi della sua vita: quelli persi a rincorrere il cancro, nella speranza di non rivederlo mai più. Con loro ha condiviso le lunghe attese dietro alla saletta della chemioterapia, le preghiere di conforto prima di ogni seduta, le paure di chi si ritrova a dover fare i conti con una nuova sé.
Ma anche la rinascita. Dal letto dell'ospedale, Terry ha deciso di sfidare la malattia nascondendola sotto a un "contenitore di valori", di buoni pensieri. Ha creato una linea di estrosi cappelli oncologici per ricordare a tutte le donne in terapia che, la cura più efficace contro il nemico, è volersi bene.
Terry, sul tuo blog scrivi: "Un caldo giorno di giugno ha bussato alla mia porta un ospite inatteso: il cancro. Da allora il mio quotidiano ha assunto nuove tonalità". Leggo un velato ottimismo nelle tue parole, è così?
Assolutamente sì. Sono piombata sulla strada della malattia nel 2015, ma non ho mai perso né il sorriso, né la gioia di vivere. Il giorno in cui attendevo di essere operata di un complesso carcinoma mammario all’Istituto oncologico europeo di Milano, sul letto dell’ospedale ho deciso che la “cura” sarebbe stata la mia parola d’ordine. La cura, dentro e fuori. Ho pensato che sarei proprio partita “dalla testa”, perché è lì che prende vita la volontà di volersi bene, ancora di più quando vivi la tua improvvisa nudità, causata dalla chemioterapia.
Come hai vissuto quel periodo?
Sono stati mesi di attese, paure, diagnosi. Non soffriva solo il corpo, ma anche l’anima. In quei momenti si corre facilmente il rischio di lasciarsi andare, soprattutto quando ti guardi allo specchio e non ti riconosci più. Quando i capelli sono cominciati a cadere, mi sono trovata davanti a un bivio: acquistare un copricapo o una parrucca, peraltro molto costosa. Sono andata allora a fare un giro nei negozi specializzati per i pazienti in terapia, ma mi sono rifiutata di comprare i turbanti oncologici: mi mettevano tristezza solo a guardarli.
E quindi hai deciso di darti da fare mistificando il cancro con l’arte.
Mi sono detta: perché non creare dei foulard nuovi, magari anche colorati, che possano coprire la mia testa senza avvilire la mia femminilità? Ed è così che, grazie all’aiuto della mia sarta, sono nati i “copripensieri”, “cappelli ad arte” pensati per tutte le donne che, come me, si trovano a dover affrontare il faticoso percorso della chemio. Abbiamo realizzato baschetti, fasce e turbanti “fashion” che, con o senza paillettes, sono riusciti a portare luce e speranza anche nelle grigie corsie dell’ospedale.
Cos’hanno di diverso rispetto ai normali cappelli?
Solamente il materiale: sono fatti con fibre naturali, cotone e bambù per non irritare la pelle. Per il resto vestono in modo pratico ma ricercato tutte le donne, non sono quelle colpite dalla malattia. Quando sono andata in ospedale con il mio primo cappello, un basco grigio e con le paillettes (il mio preferito) tutte mi dicevano: “Terry è bellissimo, lo vogliamo anche noi”. Ho capito allora che dovevo darmi da fare per “illuminare” anche tutte le altre donne che, come me, cercavano di reagire a tutti i costi alla prepotenza del cancro. Anche i medici erano fieri di me, mi dicevano che non dovevo mollare perché ero un esempio per tutti quelli che si lasciano vincere dalla malattia.
Hai, e continui ad avere, una grande forza. C’è stato qualcuno che ti ha aiutato ad affrontare questa battaglia? Come fai a essere sempre così sorridente?
Per vivere bene occorre ripartire da se stessi. Potrà sembrare una banalità, ma io mi sono sempre vestita e truccata di tutto punto anche durante i giorni delle cure. Non mi sono mai trascurata. Poi sono stata anche fortunata perché, all’istituto europeo oncologico di Milano fondato da Veronesi, ho potuto contare sull’aiuto delle esperte di Apeo (associazione professionale di estetica oncologica, ndr). Loro mi hanno spiegato cosa sarebbe successo al mio corpo, quando mi sarebbero caduti i capelli, quando mi si sarebbero annerite le unghie, quali smalti e creme avrei dovuto usare. Per una donna questi piccoli accorgimenti sono fondamentali: ti preparano al peggio e ti salvano.
Nonostante la malattia, hai comunque portato avanti tanti progetti.
Il mio trentennale lavoro svolto nel campo della comunicazione ha dato vita non solo al progetto battezzato La cura sono io, che sarà presto raccontato in un libro, ma anche a diverse iniziative, come Un pensiero per Te. Tramite varie raccolte fondi, realizzo dei copricapi che verranno donati nei reparti di oncologia per le donne in chemioterapia che non possono permettersi di acquistarlo. I primi verranno regalati per San Valentino nel reparto di oncologia degli ospedali riuniti di Verona attraverso il Progetto Convivio. Li ho realizzati con i fondi raccolti al mio compleanno: niente regali ma un contributo per un #copripensiero da donare. L'obiettivo è anche quello di portare il progetto a Milano, grazie alla collaborazione in atto con la Onlus Salute Donna.
A proposito di San Valentino: i tuoi cappelli sono sbarcati anche a Verona.
Sono entusiasta. "Verona in Love" quest'anno ha lanciato "Love Me!", il cappello del cuore, disegnato dallo stilista Giampaolo Malesani. Un "copripensieri" ricco di valori, simbolo dell'amore a tutto tondo. Verrà donato alla coppia che vincerà per aver scritto il pensiero più bello, e sarà anche venduto per raccogliere fondi per l'associazione culturale "La Cura sono Io".
Qual è l'obiettivo della tua associazione?
"La Cura sono Io" persegue finalità di utilità e solidarietà sociale attraverso attività promozionali, di sensibilizzazione, e tramite la realizzazione di eventi e programmi specifici. L'associazione vuole essere uno strumento per risvegliare e sostenere l'amore della persona verso se stessa e la propria vita, facendo sì che possa affrontare i momenti difficili con positività. Per questo l'approccio è alla persona nella sua completezza e interezza fisica, psicologica, relazionale e spirituale. In questo momento si concentra di più sull'aiuto oncologico, vista la mia storia, ma l'obiettivo è quello di allargare gli orizzonti. A breve saranno pronti il sito e l'e commerce così i cappelli saranno acquistabili online da tutti.
Sui tuoi cappelli c'è sempre un messaggio attaccato. È per questo che li hai chiamati "copripensieri"?
Quando ho capito che per curare il mio cancro occorreva partire dalla testa illuminandola con pensieri nuovi, positivi, ho pensato anche che i cappelli dovevano rispecchiare tutto questo. Ecco perché ho deciso di attaccare un messaggio positivo a ogni cappello, come ad esempio: "Sono il copricapo dell'amore in azione", "dei pensieri positivi", "che porta gioia", "che ama il sorriso".
Qual è invece il messaggio che vorresti mandare a tutte le donne che, come te, continuano a combattere contro il cancro?
Che non bisogna fare la guerra, ma la vita. Che bisogna avere tenacia e sorriso "da vendere". Ecco perché continuo a scrivere, ad ammirare la natura e l'arte, a onorare la vita vivendola a tutto tondo. Sono sorpresa dai messaggi di solidarietà che ricevo ogni giorno sui social da persone malate che mi seguono. L'ultimo è stato quello di una collega giornalista che mi ha scritto: "Mi prenderai per pazza, ma so di non essere tanto normale. Volevo dirti che questa notte ti ho sognata. Ti abbracciavo per tutta la gioia di vivere che trasmetti."