C’è chi invita con generosità e chi preferisce dividere: le regole per non sbagliare e per non avere brutte sorprese
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Una bella cena al ristorante tra amici può essere rovinata dal momento in cui si deve affrontare il conto, specie se gli accordi non stati presi con chiarezza prima di sedersi a tavola. Un membro della compagnia festeggia il suo compleanno e ha lanciato l’idea di trovarsi per festeggiare: dobbiamo aspettarci che sarà lui a pagare per tutti? Se poi qualcuno propone di pagare all’olandese, che cosa dobbiamo spettarci? Se invece siamo noi a organizzare ‘incontro, come dobbiamo comportarci per seguire i canoni del bon ton e non tramortire la carta di credito? Proviamo a rispondere a queste domande, con un occhio alle regole della buona educazione.
IL BON TON INTORNO AL CONTO – In linea di principio, la regola generale è semplice: la persona che invita paga il conto. In questi anni, però, l’osservanza di questa norma è diventata molto più elastica: se un gruppo di amici si incontra a cena, è scontato che il conto venga diviso. Se invece si tratta di una romantica serata a due, è di solito l’uomo a pagare per entrambi, ma anche in questo caso non esiste una norma fissa: spesso la coppia decide di dividere a metà, soprattutto se si tratta di due partner molto giovani o se il rapporto è di fresca data. Se intorno al tavolo sono riunite persone di età diversa, può essere un gesto gentile che i giovani invitino i più maturi in segno di rispetto, ad esempio se si tratta di un gruppo di studenti con un professore, o di una coppia di fidanzati nei confronti dei genitori di uno dei due. In questo secondo caso, però, se i genitori insistono nell’invitare i figli, questi faranno bene ad accettare: il galateo suggerisce di non opporre eccessiva resistenza. Che fare invece se ci si riunisce in numerosa compagnia e qualcuno ordina pietanze particolarmente care (ad esempio un pesce pregiato o un’aragosta) o vino costoso mentre altri mangiano pizza e non bevono? In questo caso, la buona educazione imporrebbe che queste voci di spesa venissero addebitati solo a chi li ha ordinati, mentre gli altri dividono tra loro il resto. Se questo non avviene e non sono stati presi accordi prima di cena, non c’è un modo cortese per richiamare il commensale “tirchio” al proprio dovere: non resta che imporsi con energia oppure fare buon viso a cattivo gioco e ricordarsene per la prossima volta. Se l’evento da celebrare, invece, è un compleanno le regole cambiano a seconda delle consuetudini locali: nell’Italia settentrionale, di solito il festeggiato organizza la cena ma sono poi gli amici a pagare il conto e di solito portano anche la torta con le candeline e un regalo. Nell’Italia del sud, invece, succede il contrario: il festeggiato invita e paga per tutti.
PAGARE ALLA ROMANA, ALL’OLANDESE O ALLA GENOVESE – Qualunque sia la regola che si decide di osservare, è opportuno chiarire come verrà pagato il conto prima di sedersi a tavola.
- Se uno dei commensali dichiara che “la cena è on me” significa che si accolla il conto per intero. In tutti gli altri casi, il conto verrà suddiviso tra i partecipanti. E qui le cose si fanno un po’ più complicate: si può pagare “alla romana” o “all’olandese”, ma le denominazioni possono diverse: esiste anche la suddivisione “alla genovese”.
- Pagare alla romana o all’olandese significa suddividere in parti uguali il conto totale, indipendentemente da quanto ciascun commensale abbia mangiato. La denominazione è nata probabilmente dalle consuetudini attuate per praticità nelle trattorie romane, o ancora precedentemente, in occasione delle scampagnate in cui ciascuno portava qualcosa di buono da mangiare e si condivideva tra tutti i partecipanti. Se la comitiva è affiatata e tutti hanno mangiato più o meno le stesse cose (ad esempio pizza e birra), è senz’altro il modo più semplice e pratico per dividere la spesa. Pagare alla romana o all’olandese sono sostanzialmente sinonimi.
- Pagare alla genovese significa invece pagare solo quello che si è effettivamente consumato. La denominazione è collegata alla proverbiale avarizia dei genovesi, i quali non accettano di buon grado l’idea di pagare per qualcosa che è stato un altro a consumare. Dato che questo tipo di suddivisione non coincide con il chiedere conti separati, il calcolo della quota dovuta da ciascuno deve essere fatta dai commensali e alla cassa si deve presentare il totale complessivo, raccolto tra loro. In questo caso, una certa approssimazione è inevitabile, ma può essere una buona idea se qualcuno ha scelto portate o bevande particolarmente costose che poi non sono state condivise con gli altri.
COMPORTAMENTI DA EVITARE – Qualunque sia la formula di suddivisione prescelta, ci sono alcuni comportamenti da evitare nel modo più assoluto. Non si possono chiedere conti separati, specie se la compagnia è numerosa: il conteggio richiederebbe troppo tempo e metterebbe in difficoltà il personale del ristorante. Se si sceglie di pagare in contanti, è bene munirsi di banconote di piccolo taglio e di monete a sufficienza perché ciascuno possa versare la propria quota senza complicare troppo i conteggi dei resti. Meglio sarebbe evitare anche di lasciar sul tavolo un mucchietto di monete da un euro, ma di limitare il tutto alle banconote, compreso un arrotondamento che costituisca la mancia. Se si paga con la carta di credito, la buona educazione impone di fermarsi al massimo a due operazioni distinte: impensabile immaginare di presentarsi in cassa in dieci e di pagare ogni quota singolarmente: In questi casi, un commensale paga per tutti con la carta di credito e gli altri lo rimborsano con quanto dovuto. Ultimo, ma non meno importante, la trattativa per conteggi e resti deve avvenire con discrezione, senza alzare la voce e senza disturbare i commensali dei tavoli vicini, e senza coinvolgere camerieri e cassieri nella ricerca di cambi e resti. Soprattutto sono vietate le discussioni su come ripartire i singoli contributi: i patti si fanno prima di cena e le questioni si risolvono fuori dal locale e possibilmente ben lontano da esso.