Lasciare il bozzolo emotivo nel quale ci sentiamo al sicuro può aiutarci a migliorare, ma non sempre
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Si parla tanto di comfort zone, soprattutto per invitare a lasciarsela alle spalle e come sollecitazione a uscire dai propri confini per crescere e migliorarsi. Ma è davvero sempre una buona cosa lasciare lo spazio entro il quale ci muoviamo con facilità e senza ansia per affrontare l’ignoto? Come al solito, non esiste una sola risposta, ma tante diverse opzioni, da valutare caso per caso.
CHE COS’È LA COMFORT ZONE – Mettiamo a fuoco la questione chiarendo alcuni concetti. Quando si parla di comfort zone si intende una “zona” interiore di benessere in cui tutto è per noi familiare e conosciuto, nella quale riusciamo a operare senza stress, generando un livello di rendimento costante. Quindi, ciascuno di noi possiede una zona di conforto propria e specifica, in cui ci sentiamo sicuri e a nostro agio proprio perché la conosciamo bene. Attenzione però: uscire dalla zona di conforto non significa lanciarsi in un’avventura una tantum, come un’esperienza sportiva vacanziera o affrontare una cosa di cui abbiamo paura in una singola situazione: vuol dire, piuttosto, introdurre nelle nostre abitudini in modo sistematico qualcosa che di per sé ci richiede un certo sforzo emotivo, per intraprendere qualcosa che non abbiamo mai sperimentato prima: significa, ad esempio, dedicarsi a nuove attività in settori che non ci sono noti e che forse non consideriamo a noi congeniali, nei quali saremo valutati e giudicati, con il rischio di perdere quello che già possediamo e di trovarci soli.
È UTILE LASCIARLA? – Molti studi effettuati nel Novecento hanno dimostrato che un po’ di ansia può migliorare la prestazione, anche se troppa tensione influisce negativamente sul rendimento: uscire dalla propria area protetta fa bene alla nostra produttività e qualche cambiamento è da incoraggiare. I fautori dell’abbandono della nostra zattera di sicurezza interiore sottolineano il fatto che senza un pizzico di rischio non c’è crescita: una cosa nuova può spaventare, ma se non sperimentiamo mai, resteremo sempre nel recinto delle nostre piccole abitudini. Una “zona pericolo” va affrontata, però, quando in fondo al percorso c’è un obiettivo, come una crescita professionale ed economica, la possibilità di fare quello che abbiamo sempre desiderato o un altro progetto di questo genere, anche a lungo termine. Se non abbiamo ancora raggiunto una valida motivazione o la consapevolezza che è venuto il momento di cambiare, non c’è nulla di male nel restare tranquilli dove ci sentiamo più a nostro agio.
CHI LASCIA LA VECCHIA STRADA PER LA NUOVA… - sa quel che lascia e non quel che trova, dice il proverbio. Se lo sforzo e la fatica di lasciare il nostro caldo e confortevole nido ci appare come uno sforzo eccessivo, se immaginiamo di avere l’ansia per compagna quotidiana e questo ci sembra uno scotto insopportabile da pagare, non occorre atteggiarci super-eroi a tutti i costi. Anche ai margini della nostra comfort zone esistono dei piccoli spazi che possiamo gestire tutti i giorni, conquistando e ampliando la nostra area sicura poco per volta. Perché lo scopo è proprio questo: ingrandire la zona in cui ci sentiamo sereni a piccoli passi, spostando il nostro limite un po’ più in là ogni giorno, senza fare un solo grande balzo. In questo modo ci sentiremo a nostro agio in un numero sempre maggiore di situazioni e diventeremo capaci di padroneggiarle con sicurezza.
UN VENTAGLIO DI NUOVE POSSIBILITÀ – Abbandonare, sia pure con le dovute cautele, la nostra zona di sicurezza, significa innanzi tutto scoprire che intorno a noi esistono molte più soluzioni e possibilità di quanto non avremmo immaginato. Restare appiattiti sulle nostre consuetudini, alla lunga, ci spinge invece a essere più compiacenti con il nostro rendimento e ad accontentarci di quello che già possiamo fare: quando abbiamo scoperto che una soluzione funziona, preferiamo ripeterla ancora e ancora, piuttosto che prenderci il rischio di aprire una strada nuova che non sappiamo dove porterà. Occorre dire che questa naturale “pigrizia” ha radici profonde e addirittura ancestrali: il nostro cervello in condoni di stress consuma molta più energia di quanto non accada in uno stato di riposo: l’evoluzione ha insegnato a risparmiare risorse quando questo è possibile e quindi ci spinge a ripetere uno schema collaudato piuttosto che inventarne sempre uno nuovo.
COME ABBANDONARE LA COMFORT ZONE (SENZA SOFFRIRE TROPPO) – Insomma, uscire dal nostro bozzolo confortevole, a meno che la cosa non ci procuri stress eccessivo, può essere utile e persino doveroso, almeno di tanto in tanto. Per farcela, anche se dentro di noi odiamo i cambiamenti, possiamo procedere così:
- un passo alla volta: accettiamo piccoli cambiamenti come provare un itinerario nuovo per andare al lavoro, un ristorante diverso o una lezione di prova in uno sport o in un’attività hobbistica;
- procediamo per gradi: senza improvvisarci super-eroi: non ci costringe nessuno, le motivazioni sono solo nostre;
- prendiamoci il tempo per ragionare: istintivamente seguiremmo sempre la solita strada, ma pensandoci su potremmo scoprire tanti buoni motivi per cambiare;
- meglio in compagnia: il fatto di affrontare una novità potenzialmente stressante con un amico o un compagno può rendere più accettabile il margine di rischio che ci crea ansia;
- guardiamo dentro di noi: prendiamo atto delle “astuzie” che cerchiamo di mettere in atto per sottrarci al cambiamento. Alla fine, ne guadagnerà anche la nostra autostima.