Che lo si intenda come agenda zeppa di impegni, o in senso più esistenziale, è un flusso inesorabile che può creare ansia
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La cronofobia secondo gli psicologi è la paura del tempo che scorre. Che la si intenda come il timore esistenziale che proviamo all’idea di invecchiare inesorabilmente ogni giorno che passa o, più semplicemente, dell’ansia che ci suscita un’agenda quotidiana zeppa di impegni che forse non riusciremo a rispettare, la paura del tempo che passa è legata a un flusso costante di eventi che corre sempre in una sola direzione, senza la possibilità di arrestarlo e di intuire che cosa ci riserverà il futuro. Ma in entrambi i casi l’unico modo per affrontare il problema e tenerlo almeno in parte sotto controllo sta nel concentrarsi sul presente, cercando di viverlo con consapevolezza e, se possibile, traendone il massimo della soddisfazione.
Il termine è formato dalle due parole greche, kronos (tempo) e phobos (paura). La cronofobia è dunque il timore che tempo che sfugge e che non torna più, e nello stesso tempo, del tempo che non basta fare tutto quello che ci proponiamo. Si tratta di un’ansia molto comune, ma nello stesso ancora poco studiata dalla scienza; al trascorrere esistenziale del tempo i filosofi di tutte le epoche hanno invece dedicato una riflessione e un dibattito costanti, nel loro impegno per dare risposta alle grandi domande che caratterizzano la realtà umana. Le risposte sono state, naturalmente, molto diverse a seconda delle epoche storiche e delle convinzioni dei singoli pensatori. La mancanza cronica di tempo, che ci fa vivere affannosamente le giornate e ci carica di ansia, è al contrario un problema caratteristico degli ultimi decenni, quando la necessità di fronteggiare una mole crescente di impegni ci ha costretti ad accelerare a dismisura il ritmo delle nostre giornate, con il continuo timore di non riuscire a fare tutto.
RIUSCIRE A FARE TUTTO – Il logorio della vita moderna, dal quale è imperativo prendersi una pausa ogni tanto, è tipico della società industriale. L’ansia da prestazione, la necessità di mantenere un cronoprogramma e di svolgere certi compiti entro un tempo limite sono delle caratteristiche più logoranti della vita lavorativa. Per evitare di cadere in una spirale troppo vorticosa di impegni sono stati messi a punto diversi metodi per ottimizzare l’utilizzo del tempo, per imperare a concentrarsi evitando di disperdere tempo ed energie, e non ultimo per non cadere vittime di stati eccessivi di ansia. Eppure, il nostro rapporto con il tempo che passa non sta solo nel riempirlo con cura come se fosse un contenitore: per essere soddisfatti e felici della nostra vita occorre che il tempo nel quale ci dedichiamo ai diversi compiti sia “di qualità”. Ovvero, dobbiamo imparare a trarne la massima soddisfazione possibile, anche se non tutte gli aspetti del nostro lavoro ci sono ugualmente graditi. Anche per far fronte a queste situazioni sono stati messi a punto diversi metodi, dal sistema chiamato “Eat that frog” a modi differenti per ottimizzare l’uso del tempo. Un altro aspetto importante è non dare eccessivo peso alle aspettative e ai giudizi altrui: la nostra autostima deve venirci in soccorso nell’essere buoni giudici del nostro operato e delle nostre scelte.
IL TEMPO VOLA QUANDO CI SI DIVERTE – Anche se le lancette dell’orologio corrono sempre nella stessa direzione, la percezione che abbiamo dello scorrere del tempo è molto diverso a seconda della soddisfazione che proviamo nelle diverse situazioni. Un recente studio portoghese ha dimostrato che la percezione dello scorrere del tempo è regolata dalla dopamina, un neurotrasmettitore rilasciato dal cervello nei momenti di benessere e di soddisfazione. Secondo un altro studio la percezione del tempo che passa è condizionata dal livello di attenzione che si presta al proprio ambiente circostante e agli stimoli provenienti da esso. Per questo, quando siamo immersi in un’attività interessante e piacevole il tempo sembra volare via, mentre le lancette dell’orologio si muovono a passo di lumaca quando ci annoiamo o siamo a disagio.
L’IMPORTANZA DEL PRESENTE – Il passare del tempo diventa nostro nemico anche se siamo facili vittime dei rimpianti. Si dice spesso che è meglio avere qualche rimorso che sperimentare il dispiacere per essersi lasciati sfuggire un’occasione di qualcosa di bello e piacevole che non ritornerà. Impariamo dunque a riconoscere e a cogliere le opportunità che si presentano, decidendo via via i comportamenti più adatti a ogni situazione. Il presente, insomma, è ancora una volta la dimensione alla quale dedicare la massima attenzione e da godere fino in fondo, il più possibile. Il presente, inoltre, è l’unica dimensione nella quale possiamo agire: il passato è ormai alle nostre spalle e quindi immodificabile, mentre il futuro è ancora imponderabile. È giusto preoccuparsene, facendo tutto il possibile per renderlo il più sereno e meno rischioso che si può; è sbagliato però lasciarsene spaventare al punto da condizionare il nostro presente.