C’è grande confusione tra gli adolescenti italiani su alcuni concetti fondamentali come il consenso consapevole e sul suo limite con la sopraffazione
© Ansa
I dati sulla violenza contro le donne, relativamente al periodo 1 gennaio – 17 novembre 2024, fanno registrare, su un totale di 269 omicidi, 98 vittime donne, 84 delle quali uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 51 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Un bilancio, secondo i dati divulgati dal Ministero dell'Interno, appena meno tragico di quello registrato nello stesso intervallo di tempo lo scorso anno, quando il numero complessivo degli omicidi era stato di 305 (con un calo del 12%), di cui 108 donne (il 9% in meno), 89 delle quali uccise in ambito familiare (-6%). La sostanza però non cambia: la violenza contro le donne è una piaga ancora ben lontana dalla guarigione. Per questo, la Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne, che come ogni anno si celebra oggi, 25 novembre, continua a essere un momento importante di denuncia e un grido di dolore per le discriminazioni di genere che generano sopraffazione e morte in un numero così elevato di casi.
LA VIOLENZA DI GENERE NELLA PERCEZIONE DEGLI ADOLESCENTI - I ragazzi tra i 14 e i 18 anni, che saranno gli adulti di domani, sono il terreno su cui occorre lavorare per creare una nuova consapevolezza più rispettosa delle donne e, in genere, dell'altro. Purtroppo, in questo campo, la strada da percorrere sembra ancora molto lunga. Ce lo rivela la Survey Teen 2024 "Senza Confine - Le relazioni e la violenza tra adolescenti", effettuata da Fondazione Libellula, l’impresa sociale nata con lo scopo di agire sul piano culturale per prevenire la violenza e la discriminazione di genere. L’indagine costituisce una fotografia sulla comprensione e l’esperienza della violenza di genere tra adolescenti dai 14 ai 19 anni, una fascia di età che rappresenta circa il 7% della popolazione italiana. Dall'indagine è risultato che i ragazzi spesso non hanno ben chiaro il significato di alcuni concetti chiave, tra cui quello di consenso come volontà esplicita e revocabile di due o più persone, nel pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e mentali, e del suo confine con la violenza in campo amoroso e sessuale. Ad esempio, un adolescente su cinque non considera violenza una serie di atti, tra cui toccare una persona senza il suo consenso, o addirittura baciarla senza il suo consenso; per uno su quattro non è atto di violenza raccontare ad amici e amiche dettagli intimi del o della partner senza il suo consenso. Inoltre, circa un terzo del campione non riconosce come violenza il fatto di dire alla partner (o al partner) quali vestiti può indossare e quali no, impedire di accettare nuove amicizie online senza averne parlato prima, chiedere di geolocalizzarsi quando si è fuori e voler sapere sempre con chi l'altro si trova. Insomma, la gelosia è considerata come segno imprescindibile dell’amore Secondo il 40% degli adolescenti (maschi e femmine) telefonare o inviare insistentemente messaggi a una persona non è una forma di violenza.
Tra gli altri atteggiamenti spiccano le affermazioni per cui "perdere la testa dopo un tradimento e reagire con violenza o aggressività" è comprensibile per 1 adolescente su 4, e "vedere diffuse pubblicamente le foto intime che hai inviato al o alla partner è anche colpa tua" per quasi un adolescente su 3. Di questo fatto sono più convinti i ragazzi (40%) che le ragazze (19%).
Il rapporto si sofferma, poi, sulle differenze di consapevolezza in materia di violenza di genere tra maschi e femmine, più alto in queste ultime anche in seguito a programmi di sensibilizzazione ed empowerment riservati alle ragazze, e sul problema della cosiddetta "romanticizzazione" di certi comportamenti di controllo e violenza, spacciati per atti di amore. Chi volesse leggere per intero il rapporto della Fondazione Libellula può scaricarlo gratuitamente online sul sito della Fondazione www.fondazionelibellula.com/it/.
CHE COS'È LA GIORNATA PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO DONNE - La gravità e la dimensione di questo doloroso fenomeno, diffuso in tutti i Paesi del mondo, ha spinto l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a istituire una Giornata, il 25 novembre appunto, per commemorare a livello internazionale tutte le donne vittime di violenza di genere e per sensibilizzare l’opinione pubblica su una serie di manifestazioni di sopraffazione che culminano nel femminicidio, ma che comprendono ogni forma di violenza di genere, fisica e psicologica. Le prime iniziative risalgono al 1998: qualche tempo dopo, il 17 dicembre 1999, è stata promulgata la risoluzione 54/134 che istituisce formalmente la Giornata. La data è stata scelta in memoria del brutale assassinio delle tre sorelle Patria Mercedes, Maria Argentina Minerva e Antonia María Teresa Mirabal, nate a Salcedo, in Repubblica Dominicana, e brutalmente assassinate proprio in questa data. Le tre donne, attiviste nell’opposizione al regime del dittatore Rafael Leónidas Trujillo, furono intercettate da un gruppo di agenti del Servizio di informazione militare a La Cumbre, lungo la strada che percorrevano per recarsi a far visita in prigione ai loro mariti, incarcerati per le loro attività contro il regime trujillista. Le tre donne furono seviziate, uccise e infine lanciate da un dirupo con la loro auto per simulare un incidente. L’omicidio de “Le farfalle” (questo era il nome in codice delle tre sorelle) scatenò una grande e commossa reazione popolare che sfociò nel 1961 nell’uccisione di Trujillo e quindi nella fine di una dittatura che teneva da trent'anni il Paese in uno stato di caos e di arretratezza.
IL SIMBOLO DELLE SCARPE ROSSE - Le calzature rosse, indossate o esposte in segno di memoria, sono uno dei simboli per eccellenza di questa Giornata: La consuetudine nasce da un progetto di arte pubblica, creato nel 2009 dall'artista messicana Elina Chauvet e intitolata “Zapatos Rojos”, che significa appunto scarpe rosse. L’installazione costituisce un progetto di arte itinerante e si compone di centinaia di paia di scarpe femminili di ogni tipo e foggia, dagli zoccoletti al decolleté a tacco alto, sempre e rigorosamente di quel colore, esposte ordinatamente lungo un percorso urbano per simboleggiare la marcia silenziosa di donne che non ci sono più o che non possono comunque esprimere a viva voce la loro sofferenza. Le calzature, raccolte per passaparola o attraverso appelli sui social media, vengono esposte in luoghi pubblici in installazioni scenografiche e commuoventi. In Italia, le 56 Città della Ceramica Artistica hanno fatto di questo intenso simbolo una variante in ceramica, riproponendo "Scarpette rosse in ceramica", in una nuova edizione dell'installazione artistica "Belle da morire", opera dell’artista di Montelupo Serena Tani. Scarpe, sandali, zoccoli, stivali sono modellati, cotti al forno, dipinti, smaltati, sempre a mano, e colorati di rosso, simbolo per eccellenza della violenza e della vita negata. Questi oggetti sono collocati ovunque ed esposti, nei luoghi della quotidianità, della cultura, del divertimento, del culto, della politica, lungo le strade, sui marciapiedi, sulle panchine, nelle piazze, ma anche sui balconi, sulla spiaggia, su un prato. Si tratta di un'iniziativa importante che sta dimostrando un impatto importante sull'opinione pubblica e che riesce a coinvolgere istituzioni, scuole, associazioni, cittadini.